L’Italia resta in fondo alla classifica Ocse sui salari, scivolando dal ventiduesimo al ventitresimo posto sui 34 Paesi membri dell’organizzazione che riunisce i paesi a capitalismo avanzato e le maggiori economie emergenti. I lavoratori italiani dunque non solo restano nella parte bassa della classifica dei salari medi netti nell’area Ocse, dietro alla Spagna e a tutti i grandi paesi dell’Unione europea, ma scendono ancora.
Il salario medio netto di un lavoratore italiano, secondo i calcoli dell’Ocse, l’anno scorso è stato di 25.160 dollari, collocando il nostro Paese al 23/o posto tra i 43 Stati membri. Davanti alla Grecia (17.708 dollari) e al Portogallo (21.013), ma dietro a Spagna (27.741) e Irlanda (31.810), oltre che agli altri tre apesi europeiappartenenti al G8: Francia (29.798), Germania (33.019) e Gran Bretagna (38.952). Su questo risultato influisce molto l’elevato peso del prelievo fiscale e contributivo sulle buste paga .
Nel nostro Paese, sempre secondo il rapporto dell’ Ocse, il cuneo fiscale nel 2011 per un lavoratore o lavoratrice single, senza figli a carico con un salario in linea con la media, è stato del 47,6%, cioè 0,7 punti percentuali in più rispetto al 2010. Un livello di imposizione che colloca il nostro Paese al di sopra della media Ocse (35,3%) e di quella dell’Eurozona (41,5%).
L’Italia registra il sorpasso dell’Ungheria, balzata al secondo posto con un cuneo fiscale al 49,4%, come la Francia e dietro al solo Belgio (55,5%).
Per alcune categorie, però, la pressione fiscale in Italia nel 2011 è stata ancora più alta. I lavoratori single con un salario elevato e le coppie di lavoratori con uno o due salari e figli a carico, hanno sopportato il terzo cuneo fiscale più elevato dell’area Ocse, rispettivamente al 53% e tra il 38,6% e il 43,1%. In generale, scrive ancora l’Ocse, tra il 2010 e il 2011 il peso complessivo delle tasse è cresciuto per tutti i tipi di famiglia analizzati, con “aumenti più significativi per le coppie con figli”.
“Il rigore porterà gradualmente a una crescita sostenibile e al lavoro” ha affermato oggi il premier Mario Monti nel suo intervento al museo della Liberazione di via Tasso, dove ha sottolineato che per uscire dalla crisi “non esistono facili vie o scorciatoie”. Eppure parlando in Asia ad una platea di investitori, finanziari, dirigenti aveva detto cose ben diverse. Se parla ai lavoratori dice “stringete la cinghia”, se parla ai banchieri e ai trader dice “la crisi è passata investite con fiducia”. La divaricazione tra salari, condizioni di vita dei settori popolari e sacrifici sull’altare dei “mercati”, è una contraddizione che non appare sopportabile ancora a lungo.
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