Prima l’avvertimento “siamo pronti a tutto, anche a fare i matti”. E con qualche centinaio di chili di esplosivo a disposizione non si tratta di una vanteria.
Poi l’autoferimento di uno del dirigenti della protesta in piena conferenza stampa, a conferma se non altro dlela “serietà” della protesta, del superamento dei confini della “normale” vertenza sindacale in difesa dei posti di lavoro.
A quel punto anche a Roma hanno capito di dover almeno far finta di fare qualcosa. Napolitano ha speso le parole che vanno dette in questi casi da un capo dello stato (“sono con i minatori”). E loro hanno giustamente risposto “e allora vieni qui a vedere”, intuendo che si trattava solo di una secchiata d’acqua sulla brace dell’incazzatura.
Stamattina s’è scosso dal torpore anche un sottosegretario, ovviamente con la solita dichiarazione e nessun impegno concreto.
Basta guardare come la presenta il quotidiano più governativo che ci sia in questa fase:
Dopo la solidarietà del presidente della Repubblica 1, inizia con un’altra buona notizia il quinto giorno di protesta dei minatori barricati a 373 metri di profondità nella miniera di Nuraxi Figus.
Secondo il sottosegretario allo Sviluppo economico Claudio De Vincenti, infatti, “non sta scritto da nessuna parte che la miniera debba chiudere il 31 dicembre”. Il sottosegretario De Vincenti, a Radio Anch’io su Radio Uno Rai ha poi precisato che la miniera della Carbosulcis è al 100% della Regione Sardegna e che quindi è la regione che deve deciderne la chiusura, ma che per il governo “sono possibili soluzioni alternative”.
In ogni caso, ha sottolineato il sottosegretario, i progetti di riconversione della miniera del Sulcis devono essere “economicamente sostenibili”. Bocciata, dunque, l’ipotesi di riconversione presentata dalla Regione Sardegna (proprietaria della miniera) “con costi per gli italiani di 250 milioni” l’anno. Domani, ha detto, la regione dovrà chiarire le sue intenzioni, ma “il futuro del Sulcis passa per attività economiche che sappiano stare sul mercato”.
Intanto i minatori hanno trascorso la quarta notte nei pozzi occupati a 373 metri di profondità in vista di una nuova giornata di protesta Tra i lavoratori c’è forte preoccupazione in vista del vertice di domani a Roma, ma anche tanta determinazione nel proseguire l’azione di lotta. “Noi chiediamo di avere risposte su cosa devono fare – spiega Sandro Mereu, della Rsu Cgil – e chiediamo che al tavolo tecnico ci sia anche il sindacato”.
Roba da chiamare la neuro.
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