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Dopo la rivolta degli insegnanti salta l’aumento dell’orario frontale


Non si sa ancora quando si voterà per rinnovare un Parlamento – ha avvertito la massima carica dello Stato – che comunque dovrà applicare ciò che l’Unione Europea ordina.

Ma per fortuna la campagna elettorale è già cominciata, e i partiti che sostengono il governo di Mario Monti e dei suoi ‘tecnici’ ora cominciano ad aver paura che la Legge di Stabilità in via di approvazione faccia perdere loro voti e consensi, e faccia arrabbiare alcuni pezzi del mondo del lavoro già ampiamente – e inutilmente – tartassati.

E così negli ultimi giorni stanno saltando, almeno apparentemente, alcune delle norme più inique e nefande. Tra queste l’annunciata tassazione delle pensioni di guerra e il contestatissimo aumento dell’orario di lavoro frontale per gli insegnanti. E pare anche che verrà sospesa o rimandata anche la prevista tassazione sui Tfr dei lavoratori.

Verrà quindi annullato l’aumento dell’orario di presenza in classe da 18 a 24 ore per gli insegnanti della scuola secondaria di primo e secondo grado, che aveva scatenato le ire dei docenti già alle prese con buchi negli organici e classi pollaio. E contro il quale numerose sigle sindacali avevano già indetto mobilitazioni e scioperi per le prossime settimane. Per ora confermate, vista la scarsa fiducia che almeno le sigle di base nutrono per il governo Monti e la sua maggioranza. “L’aumento d’orario a 24 ore per i docenti è inaccettabile, perché il Governo invade un campo destinato alla contrattazione, perché non solo produce un aumento generale dei carichi di lavoro senza alcuna contropartita economica, bensì snatura proprio lo specifico della funzione docente al livello impiegatizio. Inaccettabile, inoltre, perché a 24 ore d docenza si aggiungono almeno altre 4 ore di lavoro extra-cattedra (un terzo in più del già ampio orario sommerso per preparazione lezioni, correzione compiti, valutazione individuale, riunioni di scrutinio, programmazioni, riunioni consigli di classe, collegi dei docenti), per un totale di circa 40 ore settimanali” denunciavano in un comunicato Usb scuola, Cub scuola, Usi scuola e Orsa scuola. Che mantengono lo sciopero già indetto per il 16 novembre. Rimangono infatti gli altri motivi: in particolare il no al ddl Aprea che “introdurrebbe la chiamata diretta (e discrezionale) del personale da parte del dirigente scolastico, l’ingresso del privato come committenza nei consigli di istituto, la valutazione discrezionale del personale da parte del dirigente medesimo e l’annullamento di fatto degli organi collegiali”.

Dal PD in particolare si annuncia a gran voce lo scampato pericolo, dopo la ‘mobilitazione’ del partito di Bersani, ma anche di PDL e UDC, che allarmati da proteste e denunce hanno presentato un bel pacchetto di emendamenti alla manovra economica mascherata presentata dal loro stesso governo.

Ora ministri e sottosegretari dovranno trovare il modo di sottrarre a qualcun altro quei 183 milioni di euro che pensavano di risparmiare sulle spalle dei professori. Sotto a chi tocca…

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