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I gerarchi dello sperpero. Una denuncia dell’Usb

Una delegazione di lavoratori dell’Usb ha consegnato nelle mani del ministro Fornero le 5.706 firme di cittadini utenti, raccolte davanti a 40 sedi dell’INPS in tutta Italia, apposte alla petizione popolare per una norma di legge che vieti ai manager pubblici di cumulare più incarichi, anche in società partecipate, e ponga un immediato limite alle loro retribuzioni. Figura emblematica di questa campagna, è il Presidente dell’INPS, Antonio Mastrapasqua, contemporaneamente Vice Presidente di Equitalia, Direttore Amministrativo dell’Ospedale Israelitico di Roma e Sindaco in diverse società private per un totale di venticinque incarichi e un reddito annuo complessivo di circa 1,2 milioni di Euro. “E’ una questione di sensibilità personale”, ha dichiarato il Ministro Fornero nell’incontro lavoratori dell’USB sotto la sede del Ministero. Prendendo in carico le firme dei cittadini, il Ministro ha inoltre affermato che avrebbe voluto modificare la governance dell’INPS, ma che le è stato impedito. Almeno fino alla nomina del nuovo parlamento e del nuovo governo del Paese, Mastrapasqua continuerà quindi ad essere il monarca assoluto  dell’INPS, mantenendo per di più i suoi molteplici incarichi. L’USB proseguirà nella mobilitazione per impedire che i manager utilizzino la pubblica amministrazione a fini personali, per accumulare incarichi e redditi spropositati, ancor più inaccettabili in un momento in cui si tagliano i servizi pubblici, si riducono gli organici e si bloccano gli stipendi nel pubblico impiego.

Con l’articolo 3 del Dpcm del 23 marzo 2012 il governo ha individuato un tetto massimo di 293.658 euro annui per gli emolumenti nella Pubblica amministrazione, cifra pari alla retribuzione 2011 del Primo Presidente della Corte di Cassazione. Tuttavia, il governo, in primo luogo, ha permesso che si mantenessero doppi incarichi e doppie retribuzioni, sebbene la retribuzione percepita dall’amministrazione di provenienza venga limitata al 25% dell’importo. Ma per il governo: “possono essere previste deroghe motivate per le posizioni apicali delle rispettive amministrazioni”. Si tratta di deroghe importanti visto che il limite di 294mila euro viene sforato di parecchio da non pochi dirigenti statali “apicali”.

Tra chi occupa doppi incarichi ci sono circa 300 magistrati. Spesso di tratta di magistrati che hanno incarichi presso il Tar, la Corte dei Conti, o il Consiglio di Stato, e che vengono impiegati temporaneamente presso una commissione parlamentare, un ministero, un’autorithy, o un organismo internazionale. Questi non solo conservano il vecchio stipendio, ma possono anche continuare a fare carriera nell’amministrazione dove non sono più presenti operativamente.

Un altro esempio è Antonio Catricalà, che è da lungo tempo fuori ruolo dal Consiglio di Stato, ed è stato capo gabinetto di vari ministri di governi di opposto orientamento, poi all’Agcom, alla segreteria di Berlusconi fino al 2005, e infine nominato presidente dell’antitrust. Con il governo Monti, è stato sottosegretario, incarico per il quale ha percepito anche 200mila euro, mentre nel 2010 aveva dichiarato complessivamente 740mila euro.

Un altro caso eclatante di doppia carriera è stato Franco Frattini, nominato presidente di sezione del Consiglio di Stato il 7 ottobre del 2009, proprio mentre era ministro della Repubblica. Anche nel governo Monti, accanto a ministri, come Clini e Profumo, che si sono messi in aspettativa senza retribuzione, ci sono stati casi di doppio impiego e retribuzione, come quello di Paolo Peluffo, che riceveva 53.639 euro come sottosegretario più 130mila euro dalla Corte dei Conti. E casi in cui si riceve un lauto stipendio, continuando a percepire una pensione d’oro. Ad esempio, Antonio Malaschini, sottosegretario per i rapporti col Parlamento che, tra retribuzione odierna e pensione da segretario generale del senato, arriva a 708mila euro e Giampaolo Di Paola, che somma 199mila euro come ministro della Difesa a 314mila euro di pensione provvisoria da Capo di stato maggiore della Difesa.
E’ ormai evidente come ci sia una gerarchia nella spending review. Si taglia in basso, tra i lavoratori e i servizi sociali, si sperpera in alto, tra i dirigenti, i manager e gli alti funzionari dell’apparato di comando.


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