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Roma e Milano nel mirino delle multinazionali


Il Campidoglio ospita, ieri e oggi la quarta edizione del Business Advisory Council di Roma (Ibac), dal titolo “Italia, verso il 2015”. Nella Capitale sono arrivati 40 top manager, presidenti e amministratori delegati di varie grandi aziende italiane e multinazionali per discutere come “mettere a valore” le due principali aree metropolitane nel nostro paese. La novità infatti è la presenza al meeting di Giuseppe Saja, l’amministratore delegato dell’Expo 2015 a Milano. Nel mirino delle multinazionali dunque non c’è solo Roma Capitale ma anche il grande evento del business previsto a Milano tra tre anni. Nell’edizione del 2013 è stato previsto infatti anche il coinvolgimento di Expo Milano 2015, “per una maggiore internazionalizzazione dell’Italia grazie anche all’esperienza maturata con Ibac Roma” annuncia il breve comunicato di convocazione del meeeting – annunciato come al solito con enorme riservatezza.

A denunciare questa operazione è la Rete dei Comunisti di Roma che da tempo monitora e denuncia i meeting dell’Ibac ed a questo ha dedicato un forum nel giugno scorso. “Attraverso operazioni come i meeting annuali dell’IBAC (International Business Advisory Council) – che si è riunito per la quarta volta a Roma proprio in questi giorni, il 15 e 16 gennaio 2013 e al quale partecipano decine di amministratori delegati delle più grandi multinazionali – sono stati regalati dalla Giunta Capitolina, quest’anno come nei tre anni passati, i più grandi affari sulla nostra città (dal Masterplan di Tor Bella Monaca alla ristrutturazione della Tiburtina Valley ed altre)” scrive in un comunicato la Rete dei Comunisti nel quale annuncia anche la partecipazione alla manifestazione di sabato prossimo “Roma non è in vendita” convocata da una vasta alleanza di movimenti sociali e sindacali.

La formula dell’Ibac nasce nel 1988, quando numerosi dirigenti di varie multinazionali istituirono un consiglio consultivo permanente con il sindaco di Shanghai. Nel 2008, con l’elezione di Boris Johnson l’Ibac si è insediato a Londra ma dal 2010, si riunisce anche a Roma. Il modello di intrusioni sugli affari resi appetibili nelle grandi aree metropolitane, sta portando l’Ibac a candidarsi come modello a livello nazionale. “La trasformazione di Ibac Roma in Ibac Italia rappresenta un livello di crescita e consolidamento, nonché punto di riferimento per i grandi investimenti nazionali come Expo 2015 e le maggiori realtà multinazionali già aderenti all’ Ibac” scrive il comunicato che annuncia il meeting di questi due giorni a Roma.
Fra i membri del Board dell’Ibac 2013, figurano gli amministratori delegati di Expo 2015, Giuseppe Sala, di Enel, Fulvio Conti, di Mediaset, Giuliano Adreani, di Trussardi, Beatrice Trussardi, di Formula E Holdings Alejandro Agag; il presidente di BNL, Luigi Abete; il presidente del cda di Eni, Giuseppe Recchi, oltre ai banchieri del Grupo Santander Private Banking Italy, UBIS Unicredit Business Integrated solutions, IADB Inter-American Development Bank e ING Bank e ai top manager di Sky Italia, Ford, General Electric, Volkswagen, Renault, Philips, Jaguar Land Rover, Bain & Co, Burberry, SAS, Prada, IBM, Colgate-Palmolive, Prada, Telecom Italia, Wella, Procter & Gamble, e Google, oltreché i presidenti dei giovani imprenditori della Cna, Confcommercio e Confagricoltura.

Il target di questa operazione su Roma sono indicati nei progetti DigitRoma, Assetto Roma Tiburtina e completamento della Nuova Circonvallazione Interna, Il Masterplan di Tor Bella Monaca. Per Milano l’Expo 2015 rappresenterà una gigantesca occasione di business a tutti i livelli. Oggi ci sarà la riunione del board nell’aula Giulio Cesare e poi una conferenza stampa alla sala delle Bandiere che ne illustrerà i risultati.

I vertici e gli obiettivi dell’Ibac rendono esplicito un salto di qualità nella strategia del capitale sulle metropoli. Da un lato con un nesso sempre più stretto tra finanziarizzazione e speculazione edilizia (si costruisce in ogni spazio vuoto non per usarlo ma solo per ottenere nuovi finanziamenti dalle banche) dall’altro la privatizzazione degli spazi e dei servizi consente alle multinazionali di “mettere a valore” secondo i loro criteri aspetti crescenti della vita sociale. Un esempio viene da Bologna dove si vuole addirittura privatizzare i parchi pubblici e i giochi per bambini e far pagare un ticket per frequentarli. Colpisce il cambiamento di soggetti attivati in questa corsa a mettere le mani sulle città. Se prima erano solo e soprattutto i costruttori, isignori del cemento, oggi sono le multinazionali, cioè soggetti con mentalità e interessi sicuramente più ampi e complessi (e pericolosi) dei palazzinari. Un cambiamento del quale le forze sociali che si battono per il diritto alla città devono cominciare a tenere conto se vogliono avere una visione adeguata della realtà metropolitana.
 

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