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Aci Informatica. Una lunga vertenza, autorganizzata

COMUNICATO 8 maggio 2013 – VERTENZA AUTORGANIZZATA ACI INFORMATICA

Il quadro:

·         Il 6/7/2012 il governo Monti vara il decreto legge 95 noto come spending review; all’interno di questo provvedimento è inserito l’articolo 4 con il quale si stabilisce che le società in house della Pubblica Amministrazione debbono essere cedute a privati entro il 30/6/2013 o chiuse entro il 31/12/2013: ACI Informatica è una società in house dell’ACI.

In risposta a questo provvedimento inizia da subito la mobilitazione di lavoratrici e lavoratori che avrà il suo momento di apice nel presidio permanente durato 6 giorni a Piazza delle 5 Lune, sotto la sede del Senato della Repubblica. Insieme alla mobilitazione le lavoratrici ed i lavoratori avviano una campagna di sensibilizzazione che investe varie altre società in house della Pubblica Amministrazione a Roma, in questo modo il presidio, tenuto vivo dalla costante presenza di centinaia di lavoratori di ACI Informatica, diventa momento di incontro con altre realtà di lavoratori tenute all’oscuro dalle Organizzazioni Sindacali di quanto stava accadendo.

La mobilitazione produce come primo risultato la modifica del provvedimento che perde “l’automatismo” di chiusura o privatizzazione e rinvia ai vari enti pubblici proprietari la decisione al riguardo. Rimane tuttavia il problema di uno strumento nelle mani delle Amministrazioni Pubbliche per colpire lavoratrici e lavoratori

A seguito della mobilitazione si costituisce un coordinamento di varie realtà in house della Pubblica Amministrazione che fondandosi sul metodo dell’autorganizzazione costruiscono varie mobilitazioni, tutt’ora in corso, di cui la manifestazione sotto il Ministero dell’Economia del 14/11/2012 rappresenta il momento più alto.

·         In questi ultimi anni il bilancio ACI ha chiuso più volte con pesanti perdite, da ultimo il bilancio 2012 segna una perdita di oltre 25 milioni di euro. Incalzati dal rischio di commissariamento i vertici dell’Ente decidono una serie di misure per riportare il bilancio in pareggio nel 2013. Fra queste misure va annoverato il taglio di circa 9 milioni di euro degli stanziamenti per le attività di ACI Informatica, che essendo società in house dell’ACI dipende per oltre il 90% dei propri ricavi dai servizi svolti per ACI. Il taglio è pesantissimo per ACI Informatica che già opera a prezzi significativamente inferiori a quelli di mercato. Le lavoratrici ed i lavoratori di ACI Informatica dimostreranno, attraverso puntuali dossier ancora in corso di pubblicazione, che le difficoltà del bilancio ACI non derivano da reali problemi di produzione ma dal combinato di tariffe ferme ai valori del 1994 e di una cattiva amministrazione che da una parte produce notevoli sperperi ed e dall’altra investe in “affari” disastrosi.

La cronaca

In questo contesto il 19/10/2012 l’azienda consegna alla RSU, ed invia alle OO.SS., la disdetta di tutti gli accordi integrativi aziendali in scadenza il 28/2/2013.

La storia degli accordi sindacali in ACI Informatica parte dal lontano 1976, accordi che contengono miglioramenti molto avanzati delle condizioni di vita e del lavoro. Per dare un’idea, la disdetta significherebbe per i lavoratori e le lavoratrici: la perdita di circa il 40% del salario annuale; l’allungamento da 36 a 40 ore settimanali dell’orario di lavoro; la cancellazione dell’inquadramento unico dei lavoratori; la riduzione dei giorni di ferie; la riduzione dei permessi retribuiti; la perdita di numerosi strumenti di welfare aziendale (navetta, mensa, rimborso parziale dell’abbonamento ai mezzi pubblici, rimborso parziale delle spese per l’asilo nido, ecc.); la perdita di numerosi strumenti per il sostegno alla maternità/paternità (integrazione salariale delle aspettative facoltative, permessi per l’inserimento dei figli a scuola, migliori condizioni per la fruizione delle assenze per malattia figlio, ecc.); la perdita di numerosi strumenti di tutela della salute (postazioni di lavoro, affollamento delle stanze, ecc.) e varie altre norme migliorative rispetto al CCNL.

A fronte di questo gravissimo attacco le lavoratrici ed i lavoratori decidono che non ci si può limitare ad una lotta difensiva e pertanto si avvia una fase di confronto e dibattito (intervallata da iniziative di lotta interne e mobilitazioni verso la proprietà ACI) per definire una piattaforma rivendicativa.

Tale fase si conclude con l’approvazione da parte dell’assemblea, il 20/11/2012, della piattaforma per il rinnovo del contratto integrativo aziendale.

La piattaforma viene presentata alla Direzione aziendale il 5/12/2013: la Direzione rifiuta di parlarne e continua a perseguire la strada della disdetta degli accordi. La risposta delle lavoratrici e dei lavoratori è immediata. Lo stesso giorno la Direzione, guidata dal Presidente De Vita (su cui torneremo), organizza una riunione con tutti i dirigenti ed i responsabili aziendali. Le lavoratrici ed i lavoratori fanno irruzione nella sala predisposta per la riunione distribuendo un volantino nel quale viene denunciato il ruolo di potere dello stesso De Vita (ottantaquattrenne “cresciuto” all’ombra della DC e presidente dell’unione petrolifera italiana, membro della giunta di Confindustria, uomo di comando all’ACI ecc.) ed impedendo fisicamente lo svolgimento della riunione.

E’ l’avvio di una fase durissima di scontro, con scioperi di reparto ad oltranza, cortei interni e per il quartiere, irruzioni nelle stanze di quei dirigenti che provano a sostituire i lavoratori in sciopero ecc.

L’articolazione delle mobilitazioni messe in campo merita un approfondimento.

È chiaro fin da subito che la vertenza sarà dura e di lunga durata, sia per la dura posizione aziendale sia perché  la disdetta produrrà i suoi effetti dal 1° marzo, cioè oltre quattro mesi dopo la comunicazione aziendale. Come affrontare una vertenza dai tempi così lunghi senza sfiancare i lavoratori? Si decide di intervenire su tre linee distinte.

Innanzi tutto viene indetto lo sciopero a tempo indeterminato delle lavorazioni straordinarie (sciopero degli straordinari, sciopero delle trasferte, sciopero della reperibilità).

In secondo luogo viene deciso di effettuare scioperi di singoli reparti a tempo indeterminato, finalizzati a bloccare specifiche linee produttive e che coinvolgono solo parte dei lavoratori. Il costo dello sciopero viene poi suddiviso fra tutti in modo da pesare il meno possibile su ogni singolo lavoratore. Cioè il massimo risultato con il minimo sforzo.

In terzo luogo vengono indette di volta in volta specifiche iniziative in azienda (corte, presidi, volantinaggi, assemblee informative, etc..).

L’articolato programma di mobilitazione è tenuto insieme dall’idea di fondo di rendere ingestibile l’azienda, attraverso iniziative di lotta proclamate a sorpresa (anche lo sciopero a tempo indeterminato viene indetto giorno per giorno), senza mai dare ai vertici aziendali la possibilità di sapere quello che sarebbe successo.

Il 18/12/2012 questa fase della vertenza si conclude con un accordo che sospende la disdetta degli accordi sindacali per il periodo necessario ad un confronto sulle problematiche economiche dell’azienda e sulla piattaforma rivendicativa presentata dalle lavoratrici e dai lavoratori.

Il 7 gennaio inizia questa nuova fase con un incontro nel quale la Direzione aziendale dichiara che, per far fronte alle difficoltà economiche, è necessario tagliare il costo del lavoro di 3 milioni di euro nel 2013 ed altrettanti nel 2014 (6 milioni di euro totali pari a oltre 9mila euro di salario in meno medio) e propone di realizzare tali tagli o con la cancellazione di alcuni istituti salariali derivanti dalla contrattazione aziendale o, in alternativa, dichiarando 67 esuberi e ricorrendo ai Contratti di Solidarietà. Inoltre chiede di rivedere alcuni istituti contrattuali in particolare: allungamento dell’orario di lavoro, cancellazione dell’inquadramento unico, eliminazione di alcune norme migliorative della legge 104.

La RSU per nome e per conto di lavoratrici e lavoratori risponde chiedendo di aprire il confronto anche sulla piattaforma integrativa, afferma di non accettare interventi peggiorativi sugli accordi sindacali in vigore e dichiara la volontà di presentare proposte di intervento sul bilancio di previsione 2013 dell’azienda alternative al taglio del costo del lavoro.

Se la fase di dicembre era stata caratterizzata dalle iniziative di lotta, nel periodo di gennaio e febbraio emerge la capacità di lavoratrici e lavoratori di conoscere perfettamente il processo produttivo e finanziario dell’azienda tanto da mettere la Direzione in un angolo (come si può evincere dai verbali degli incontri reperibili sul sito www.autorganizzati.org) incapace di rispondere alle proposte ed alle richieste presentate dalla RSU.

Questa incapacità porta la Direzione a cercare di forzare la vertenza con una serie di iniziative provocatorie: la dichiarazione di chiusura collettiva dell’azienda per 2 settimane ad agosto ed una a natale con conseguente obbligo di fruizione delle ferie senza riguardo per le necessità dei lavoratori, la dichiarazione che entro la fine di marzo dovevano essere chiuse le trattative (naturalmente accettando la richiesta aziendale di taglio del costo del lavoro per 3 milioni di euro nel 2013 ed altrettanti nel 2014 ed il resto degli interventi sugli istituti contrattuali) minacciando altrimenti di dare attuazione alla disdetta degli accordi sindacali.

Di fronte alle iniziative di lotta che iniziano a crescere e all’attenta conduzione del confronto da parte dei lavoratori, la Direzione si trova però in difficoltà e tenta di far saltare l’accordo del 18/12/2012.

Il primo tentativo è quello di spostare il confronto in sede di unione industriali con il fine di trovare OO.SS. territoriali compiacenti (l’invito è indirizzato a FIM/CISL e UILM/UIL addirittura non presenti in azienda e alla FIOM/CGIL) o quantomeno di dichiarare il mancato accordo e procedere alla disdetta.

Inizia così la fase conclusiva della vertenza.

A queste provocazioni si risponde ancora una volta coniugando la lotta con una gestione attenta sia della trattativa sindacale che delle relazioni istituzionali.

Iniziano ad essere messi in sciopero a tempo indeterminato gruppi di lavoratori che rivestono un ruolo chiave nella produzione, si da vita a cortei interni (per esempio per andare nelle stanze di tutti i dirigenti a consegnare una lettera in cui si invitano a non assumere iniziative contro i lavoratori), ci si mobilita in presidio davanti l’unione industriali per impedire porcherie (all’incontro si presenta un omuncolo della FIM/CISL che però è “caldamente” invitato ad andarsene cosa che fa rapidamente vista la mala parata).

Fallito il tentativo all’unione industriali l’azienda alza ulteriormente la posta sollecitando l’intervento del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. In risposta si ampia il fronte dei gruppi in sciopero a tempo indeterminato. Il 4 aprile si svolge il primo incontro al Ministero, ancora una volta la Direzione mantiene inalterate le sue richieste e cerca di far dichiarare dai funzionari ministeriali la chiusura delle trattative e la conseguente disdetta degli accordi sindacali; anche questa volta però la mobilitazione delle lavoratrici e dei lavoratori (in oltre 300 sotto al ministero) unita ad una intelligente gestione del tavolo istituzionale vanificano il tentativo della Direzione: il ministero decide di riconvocare le parti e intanto si inaspriscono ulteriormente le iniziative di lotta.

Dopo altri 2 incontri al ministero la Direzione inizia a cedere ed il 19 aprile si apre una nuova fase di trattativa in azienda; contemporaneamente si iniziano a ridurre i gruppi in sciopero a tempo indeterminato.

Il 29 aprile sembra che si stia per giungere alla conclusione della vertenza quando improvvisamente la Direzione pone nuove condizioni al tavolo delle trattative, il 30 aprile le trattative sono rotte ed i lavoratori in assemblea decidono che dal 2 maggio avrebbero fatto fare un nuovo salto di qualità alle iniziative di lotta.

Il 2 maggio dalle 9 di mattina le lavoratrici ed i lavoratori occupano in assemblea permanente il cuore produttivo dell’azienda cacciando i dirigenti ed i pochi crumiri.

Inizia una giornata entusiasmante in cui si manifesta pienamente la forza dell’autorganizzazione: i delegati fanno la spola fra gli incontri con la Direzione e l’assemblea permanente per confrontarsi su tutti i passaggi della trattativa, i lavoratori mantengono l’occupazione e bloccano ogni attività produttiva ed i tentativi di crumiri e dirigenti di intervenire, verso le 17 l’azienda accetta le proposte della RSU, alle 18 viene interrotta l’assemblea permanente. Il giorno dopo 3 maggio si formalizza l’accordo che viene sottoposto al confronto ed al voto dell’assemblea lunedì 6 maggio.

Le lavoratrici ed i lavoratori approvano all’unanimità l’accordo: taglio del costo del lavoro ridotto al solo 2013 per 1,3 milioni di euro; conferma di tutti gli accordi sindacali presenti e passati; rinnovo della piattaforma integrativa aziendale con un aumento mensile di 80 euro al mese a partire dal 2015; pagamento di un una tantum complessiva di 200 mila euro; vari miglioramenti sul piano normativo e dell’informazione ai lavoratori; revoca delle chiusure collettive e dunque la fruizione delle ferie secondo le esigenze di ognuno. Inoltre, per evitare di trovarsi come in Telecom, dove vengono firmati i contratti di solidarietà e il management si spartisce gli utili, vengono previste limitazioni nelle elargizioni premiali per il periodo di taglio al salario dei lavoratori.

Il grande risultato di questa vertenza è stato reso possibile da un lungo lavoro di costruzione di autorganizzazione che in azienda si sviluppa da moltissimi anni, un lavoro che ha reso ogni lavoratrice ed ogni lavoratore consapevole della propria condizione, informato su tutto ciò che riguarda il lavoro, attento a mantenere la conoscenza ed il controllo del processo produttivo, determinato a non delegare nessuno a rappresentarlo, convinto che l’organizzazione autonoma dei propri bisogni sia l’unica strada percorribile per tutelare i propri interessi.

Diciamo questo perché in questa vicenda abbiamo potuto utilizzare un po’ tutti gli strumenti a disposizione delle lavoratrici e dei lavoratori: in primo luogo il confronto continuo fra lavoratrici e lavoratori in assemblee anche spontanee; la solidarietà che ha permesso di suddividere fra tutte le lavoratrici ed i lavoratori il costo degli scioperi a oltranza dei gruppi strategici; lo sciopero come strumento principe della lotta dei lavoratori; i cortei interni ed esterni; mobilitazioni improvvise; la lotta ai crumiri ed ai dirigenti; il presidio tutti i sabato e domenica per 5 mesi consecutivi per evitare che si facessero straordinari; le manifestazioni sotto ministeri, sedi padronali e sede dell’ACI.

Consapevoli che la nostra situazione è parte di un più generale attacco alle condizioni di vita abbiamo prodotto iniziative di comunicazione verso altri lavoratori e proletari (dall’assemblea sull’accordo sulla produttività di CISL-UIL-UGL-Confindustria, alla consegna di pacchi alimentari agli occupanti di case del Laurentino); studio attento ed approfondito di bilanci, norme e procedure utili sia a produrre dossier di controinformazione e denuncia che per gestire i tavoli di trattativa e le sedi istituzionali. Ed in tutto questo non sono neppure mancati i momenti ludici e di socialità fondamentali per l’unità di lavoratrici e lavoratori.

Insomma ci sentiamo di poter affermare con forza che con l’autorganizzazione si vince ed il risultato si radica nelle coscienze di ognuno!!

 

Lavoratrici e Lavoratori Autorganizzati Aci Informatica

www.autorganizzati.org info@autorganizzati.org1

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