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Milano. Scoperchiato il verminaio delle “cooperative”

L’operazione “Wild Catering” (catering selvaggio) realizzata oggi dalla GdF a Milano, ha scoperchiato un vero e proprio verminaio nel settore delle cooperative attive nei settori del catering e della logistica.
Ci sono centinaia di lavoratori (più di duemila) in condizioni di sfruttamento, circa 1,5 milioni di ritenute non versate dai loro datori di lavoro, oltre 56 milioni di basi imponibili ai fini delle imposte dirette ed 11 milioni di Iva sottratti al fisco. L’operazione ha interessato nove societa’ cooperative della zona di Milano ed attive nei settori del catering e del facchinaggio. Le società indagate hanno tutte sede a Milano.
Le societa’, formalmente figurano intestate a dei soggetti prestanome, in realtà sono gestite da note figure leader del settore, soprattutto nei servizi per eventi tra cui manifestazioni sportive importanti, concerti, sfilate di notissime e prestigiose case di moda, fiere in tutto il nord Italia ed anche all’estero, fornitura di personale per i piu’ famosi ristoranti della Lombardia, montaggio-smontaggio di palchi, scenografie, impianti luci e suoni, servizio ai tavoli per i ricevimenti allestiti da chef rinomati.

I padroni agivano nei fatti come un network di servizi integrati, con figure di riferimento attive ognuna in un’area specifica. Per il reclutamento del personale venivano contattati direttamente persone in difficili condizioni economiche e li si mettevano di volta in volta, a seconda della necessita’, a disposizione delle cooperative trattenendo parte del compenso loro corrisposto in contanti per l’illecita attivita’ di reclutamento. I vertici delle società prestatrici della manodopera trattenevano due euro all’ora come «diritto di intermediazione» e altri 5 euro sulla cifra complessiva per un non meglio precisato “diritto di chiamata”. Le stesse societa’ cooperative, inoltre, provvedevano sistematicamente ad omettere la presentazione di tutte le dichiarazioni fiscali ed il versamento delle relative ritenute e contributi. I lavoratori venivano pagati in nero dalla società di catering circa 12 euro l’ora, di questi 2 euro all’ora andavano al caporale oltre ad una sorta di pizzo di 5 euro giornaliere per quello che nel sistema veniva definito “diritto di chiamata”. Un lavoratore che lavorava 10 ore, quindi, incassava 120 euro e ne girava 25 allo sfruttatore.

Le indagini della GdF sono durate piu’ di un anno, coordinate inizialmente dalla Procura di Busto Arsizio e successivamente da quella di Milano. L’indagine – riferisce Varesenews – è partita da un articolo che raccontava l’esperienza di un lavoratore di una delle cooperative di facchinaggio: «In quell’articolo il lavoratore denunciava l’esistenza di un’organizzazione di caporali che sfruttava il lavoro di persone bisognose nella zona del Basso Varesotto – ha spiegato il comandante  della GdF Morelli – da lì abbiamo avviato l’indagine condotta dagli agenti di Gallarate in maniera impeccabile». Da quella denuncia si è scoperto che i caporali in provincia di Varese erano tre e attorno a loro gravitavano almeno un centinaio di persone che venivano chiamate per lavorare in queste occasioni mondane tra la provincia di Varese e quella di Milano.
Sono state denunciate 14 persone, tra cui tutti i rappresentati indicati delle societa’ cooperative e gli amministratori di fatto delle stesse per reati fiscali, nonche’ i soggetti deputati al reclutamento del personale per la nuova ipotesi di reato prevista dall’603-bis del codice penale oltre che per l’ipotesi di riciclaggio. Agli amministratori di fatto, sono stati sequestrati immobili lussuosi a Milano, autovetture, gioielli, denaro contante e quote societarie per un ammontare complessivo pari a circa 3,5 milioni di euro.
Da anni i lavoratori delle cooperative e della logistica denunciano le condizioni allucinanti di questo mondo parallelo che fornisce servizi agli eventi e ai lustrini fondato sullo sfruttamento di chi vi lavora e sull’evasione fiscale e contributiva.
Un sistema ben collegato e centralizzato che ha reso ricchissimi alcuni “imprenditori” che hanno usato lo schermo e le agevolazioni previste dalle cooperative per agire in modo selvaggio sul lavoro e le retribuzioni.

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2 Commenti


  • Barbara

    è la stessa tipologia contrattuale della cooperativa in sé a permettere questi abusi. In qualsiasi settore essa operi.


  • Barbara

    non solo nel ricco nord, ma anche in Toscana ed Emilia che di questa forma “societaria” ha fatto ragion di vita

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