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“L’impossibilità di vivere”. Una giornata di lotta contro il lavoro nei giorni festivi

Cosa hanno in comune una commessa della Coop e una studentessa universitaria? Molto di più di quanto si possa immaginare. La connessione l’hanno cercata ed evidenziata nel pomeriggio di ieri in una assemblea alla Sapienza dedicata alla giornata nazionale di lotta del prossimo 8 dicembre contro l’obbligo di lavoro nei giorni festivi nella grande distribuzione e nel commercio. Per almeno un paio d’ore si sono confrontati lavoratrici e lavoratori dell’Usb del commercio e logistica , studenti universitari, soggetti delle molteplici forme della precarietà lavorativa e di “esistenza”.

“L’Otto io lotto” è il tema della giornata nazionale che vedrà manifestazioni e iniziative di lotta nei centri commerciali a Roma, Milano. Firenze, Bari, Schio, Catanzaro ed altre contro l’obbligo a lavorare anche nei giorni festivi introdotto con le “liberalizzazioni” del governo Monti e che sta diventando un inferno per migliaia di lavoratrici e lavoratori dell’universo della precarietà, una condizione lavorativa precaria anche quando è a full time e contrattualizzata.

Emiliano, un delegato della Usb della catena Leroy Merlins ci ha parlato ampiamente di questa realtà (vedi l’intervista più avanti). La grande distribuzione ma anche la rete commerciale dei piccoli esercenti, sono stati assunti come “volani” dell’incentivazione ai consumi a fronte di una depressione della domanda interna. La liberalizzazione degli orari di apertura ha fatto così saltare ogni regolamentazione sia lavorativa che esistenziale costringendo i lavoratori – in particolare le donne – ad “una vita impossibile” come denuncia Stefania, una dipendente della Coop al centro di una durissima vertenza.

La studentessa che apre l’assemblea sottolinea come molti studenti universitari facciano i contratti week end dentro i centri commerciali o lavorino a chiamata proprio nei giorni festivi. In molti casi si trovano in una condizione “di debito” perchè finiscono fuori corso, cosa che li costringe a lavorare, finendo così in una sorta di porta girevole che li portà a studiare male e a lavorare poco, male e malpagati. Nasce anche da questa condizione la rivendicazione del reddito come elemento per liberarsi dai molteplici ricatti.

Francesco Jacovone, coordinatore della Usb per il commercio e la logistica, riprende i tre concetti indicati nell’introduzione: ricatto, precarietà, reddito sono tre questioni che pesano enormemente sulla condizione dei lavoratori del commercio. “Nel commercio si sperimentano tutti i contratti atipici prima ancora che in altri settori. I contratti a termine sono serviti via via a destrutturare anche il lavoro full time”. “Gli studenti cominciano come weekendisti e arrivano in questa condizione fino a quaranta anni”. Qualche testa della platea annuisce perchè riconosce nella parole di Jacovone la realtà che vive concretamente. Jacovone cita uno studio della Cgia di Mestre secondo cui un posto di lavoro (con le caratteristiche di precarietà e bassi salari indicate) creato nella grande distribuzione, ne distrugge ben sei nel piccolo commercio e nell’indotto, non solo ma il boom dei grandi centri commerciali contribuisce notevolmente alla devastazione e alla cementificazione del territorio (come dimostrano le recenti alluvioni in Abruzzo e Calabria).

Stefania, delegata Usb della Coop, mobbizzata ripetutamente,denuncia come per le donne che lavorano nella grande distribuzione e nel commercio sia ormai impossibile organizzare il proprio tempo. Stefania parla dei “salti mortali da fare tutti i giorni” e del fatto che “I nostri capi in gran parte tutti uomini”. Racconta poi la storia della lettera delle lavoratrici a Luciana Littizzetto, testimonial della Coop, per denunciare tutto questo ma che dopo un anno ancora non ha avuto risposta, ma che comunque ha avuto l’effetto di togliere il velo e di aprire una breccia.

Marzia invece è una studentessa-lavoratrice, una weekendista appunto. Denuncia come gli studenti-lavoratori abbiano di fronte due problemi enormi: quello delle alternative e quello dell’inclusione. Spesso anche i docenti ostacolano la possibilità di conciliare i tempi del lavoro con quelli dello studio, con il risultato che non si studia più e su lavora male e per dipiù pagati una miseria: “Si vive in uno stato di stress correlato continuo” afferma Marzia.

Intervengono poi altre realtà impegnate contro il precariato come Tilt o le Clap (Camere del Lavoro Autonomo e Precario) sorte in alcuni quartieri della Capitale nel tentativo di connettere le mille forme della precarietà, incluse quelle del cosiddetto lavoro autonomo.

Domenica 8 dicembre tutte queste figure si mobiliteranno insieme, Alle 10.00 si sono dati appuntamenti all’enorme centro commerciale “Roma Est” per dare vita ad una iniziativa comune tra lavoratori, studenti, precari. Merito indubbio della Usb è quello di essere andata oltre le vertenze sindacali, spesso durissime in questo settore, e di aver ampliato il dialogo e le connessioni con altre figure sociali coinvolte dentro un settore diventato decisivo nell’economia capitalista nei paesi più avanzati. La “sfera della circolazione delle merci” diventata preponderante nel momento in cui la produzione delle merci si è estesa e diffusa socialmente e internazionalmente attraverso le filiere produttive.

Abbiamo poi approfondito le questioni alla base della giornata nazionale di lotta dell’8 dicembre e della condizione dei lavoratori nella distribuzione e logistica con Emiliano, un delegato sindacale della Usb del gruppo Leroy Merlin.

Qual’è l’obiettivo della giornata nazionale “L’Otto io lotto”?

L’obiettivo è continuare la campagna nazionale contro l’obbligo di lavoro nei giorni festivi che abbiamo iniziato ormai da tempo. La ricattabilità contro i lavoratori ormai è molto pesante. Tra l’altro l’indennità per il lavoro festivo varia da azienda ad azienda e poi ci sono situazioni di precarietà in cui questa non è proprio prevista. E poi ci sono le condizioni di lavoro che per le donne nella grande distribuzione rendono impossibile gestire una famiglia.

Tu parlavi dell’impatto negativo della grande distribuzione a cosa ti riferisci?

C’è l’impatto sul territorio, sia dal punto di vista urbanistico che occupazionale. Ad esempio un posto di lavoro nei grandi centri commerciali ne distrugge sei nel territorio circostante. Per i piccoli esercenti c’è la chiusura e per quelli che accettano di stare nei centri commerciali ci sono degli obblighi. Ad esempio se non volessero aprire nei giorni festivi dovrebbero pagare una penale alla proprietà del centro commerciale.

Dal punto di vista contrattuale come stanno le cose nel settore del commercio?

Il 31 dicembre scade il contratto collettivo nazionale del commercio. Sono in corso operazioni che ci appaiono molto sospette. Molti grandi marchi sono usciti da Confcommercio e sono entrati in Federdistribuzione. Il rischio è di fare come Marchionne con la Fiat. Ripudiare la contrattazione nazionale e procedere con i contratti azienda per azienda eliminando anche quel minimo di parametri comuni previsti dal contratto collettivo. Già oggi il contratto del commercio è il peggiore. Ad esempio dopo la terza volta che ti ammali, il terzo giorno ti viene ridotta la retribuzione al 60%, poi al 50% e alla fine non vieni pagato. Tieni conto che stiamo parlando di buste paga contrattualizzate di 800/900 euro come media tra part time e full time. Molte aziende quando esternalizzano passano al contratto del commercio proprio perchè è il peggiore per i lavoratori e più vantaggiosi per le aziende.

Nel vostro settore c’è un modello di lavoro standardizzato sui tempi come ad esempio alla Mc Donald?

Sì anche nella grande distribuzione si va configurando un modello di lavoro standardizzato. Ad esempio per il controllo degli ordini hai tre minuti di tempo e se non li rispetti arriva il capo e ti richiama. Poi c’è la situazione ad esempio delle cassiere, spesso in sei ore non possono neanche andare al bagno o una sola cassiera deve controllare 12 casse automatiche.

Come mai la Usb sta crescendo molto in un settore così difficile sia per i lavoratori che per l’attività sindacale?

La gente non sopporta più questa situazione. Molti lavoratori sono giovani e diventa impossibile vivere. Nel commercio o nella logistica ci sono direttamente di fronte i lavoratori e l’azienda e spesso non c’è neanche il sindacato. E se c’è un sindacato che lotta la gente ti viene dietro.

 

 

 

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