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La storia delle operaie Omsa finisce con 58 licenziamenti

 “Licenziata!“. Alla fine, due anni dopo la chiusura di un accordo sindacale che tutti salutarono come una vittoria, per le ex operaie Omsa quell’urlo che portarono nelle piazze di tutta Italia, “licenziata!”, si è sentito almeno 58 volte. Come il numero delle operaie che hanno perso definitivamente la speranza di ottenere un lavoro. Dal primo aprile per loro è scattata la messa in mobilità. Il che vuol dire accompagnamento verso la disoccupazione, senza nessun progetto per il reinserimento nel mercato lavorativo.

Non è bastata la lotta sindacale, che si era anche trasformata in un boicottaggio e in uno spettacolo teatrale, Licenziata! appunto, e che aveva portato le operaie nelle strade e nelle piazze della penisola per denunciare la chiusura dello stabilimento Golden Lady di Faenza e la delocalizzazione in Serbia. Alla fine Golden Lady se ne è andata e 140 di loro sono state ricollocate in un divanificio, l’Atl. Ma per le altre non c’è stato nulla da fare. Nonostante la cassa integrazione rinnovata più volte e l’ottimismo dispensato dalla politica locale, l’apertura del centro commerciale Le Perle, che avrebbe dovuto assorbirle tutte, è rimasta un miraggio. Se si poteva fare di più? “Forse sì – dice Samuela Meci, sindacalista Cgil che ha seguito tutta la vertenza per la Cgil – Di certo questa è stata anche una brutta pagina per la storia del sindacato”.

Le 58 ex operaie Omsa avranno diritto all’assegno di mobilità (si tratta di circa 750 euro destinati gradualmente a diminuire) per un periodo tra i 12 e i 36 mesi. “Quei soldi non bastano per vivere, già ora alcune di loro sono costrette a lavorare in nero. Ma un conto è farlo aspettando un nuovo lavoro, un altro è farlo sapendo che una nuova ricollocazione, con la crisi che c’è, è molto molto difficile da ottenere”.

* da Radio Città del Capo – Bologna

 

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