Dev’essere proprio dura, per un cronista, lavorare per il giornale di Confindustria. Sempre lì a non dare l’impressione che i padroni hanno sempre ragione (sono quelli che ti pagano, del resto), anche quando la realtà ti picchia infaccia con immagini e concetti semplici.
L’ignoto cronista de IlSole24Ore, però, stavolta ha dovuto superare se stesso. Incaricato di stendere in pochissime righe quanto è accaduto all’Ikea di Piacenza, due giorni fa, è riuscito nella straordinaria impresa di dar ragione ai padroni e alla polizia che mena, ma anche a scrivere che la ragione “strutturale” – purtroppo – è prprio forte.ò
Leggiamolo: “E’ un’altra immagine che non fa onore all’Italia quella che si è consumata ieri a Piacenza, dove una multinazionale come Ikea è stata costretta a chiudere i magazzini che riforniscono tutto il paese (e parte dell’Europa) per le proteste violente di poche decine di facchini”.
Fin qui nessun problema di “coerenza”. Ci si indigna perché un “multinazionale perbene” – casualmente fondata e amministrata per decenni da un collaborazionista dei nazisti – è stata costretta a interrompere la distribuzione dei mobili. Si potrebbe obiettare che i mobili non sono un bene irrinunciabile nell’arco di pochi giorni (li compri oggi o tra una settimana non cambia granché). E nemmeno serve ricordare che le “proteste violente” sono consistite nel sedersi per terra e prendersi un sacco di manganellate dalla polizia che stava in piedi (ci sono un sacco di video, tra cui questo). Del resto, persino il Tg3 “democratico” parlava di “scontri” mentre volavano le mazzate su facchini indifesi.
Il cronista continua dando sinteticamente la versione dell’impresa (che non è Ikea, anche se quei facchini lavorano dentro Ikea e lì di fa solo “logistica” – ossia carico e scarico dei mobili da montare – senza alcuna “produzione”).
“La cooperativa che ha in appalto la movimentazione merci del colosso svedese sostiene che i picchetti messi in scena dai 33 soci lavoratori, sospesi dopo aver parallizzato un intero reparto, sia solo un pretesto”.
Purtroppo non ci dice quale. Per quale motivo 33 “soci lavoratori” – definizione che nasconde quasi ovunque una condizione di subordinazione e precarietà totale – dovrebbe aver inscenato “pretestuosamente” una protesta da cui sapevano – era già accaduto – che avrebbero guadagnato soprattutto botte? Mistero…
Qui il povero cronista perde però il filo e la fedeltà all’azienda madre (Confindustria):
“Ma è una miccia che riaccende il fuoco latente da anni, perché le condizioni di lavoro nella logistica sono un nodo irrisolto che non può essere lasciato alla emrcè dei Cobas, che a intermittenza bloccano i cancelli di Granarolo, Amazo, Tnt, Ikea”.
C’è un “nodo irrisolto”, che è costituito dalle condizioni di lavoro in questo settore. Ed è in mano “ai Cobas” (definizione che comprende – secondo i giornalisti – l’intera galassia dei sindacati di base). Mentre sarebbe meglio se il rappresentante dei lavoratori fosse un bel “sindacato responsabile”; o, come declinava Maurizio Sacconi, “complice”. Purtroppo in questo paese i lavoratori possono ancora scegliere da che sindacato farsi rappresentare (tranquilli, padroni! ci stanno pensando Cgil-Cisl-Uil con l'”accordo sulla rappresentanza” del 10 gennaio). E allora?
“Il fatto che solo il 25% dei contratti nella logistica sia a tempo indeterminato e che tre facchini su quattro siano stranieri la dice lunga sulla precarietà del settore”.
Scivola sulla buccia di banana dei numeri: un contratto su quattro è stabile, e un dipendente su quattro è italiano. Tre quarti dei contratti sono precari e anche i migranti sono il 75% dei dipendenti. Forse non tutti gli italiani sono “stabilizzati” e forse non tutti i migranti sono precari (i padroni, si sa, non son razzisti per convinzione; solo per calcolo…). Ma sta di fatto che i tre quarti della forza lavoro ha salari da fame, vive sotto ricatto e qualche volta prova a liberarsi (un po’) scioperando. A quel punto si capisce – anche da parte padronale – che in questo settore lo sciopero fa ancora male al padrone; perché nell’epoca del just in time è solo nella logistica che la fermata del tempo incide direttamente anche sui profitti. specie in tempi di crisi…
Ma chi sono i padroni della logistica a Piacenza? Qui il povero cronista di Confindustria si suicida dicendo la verità:
“E sono passati pochi mesi da quando, proprio a Piacenza, le Fiamme Gialle hanno scoperto una maxievasione da 18 milioni di euro a danno di 700 addetti in subappalto, sfruttati e sottopagati”.
Che vitaccia dura ti sei scelto, caro I. Ve…
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