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Thyssenkrupp di Terni: 550 “esuberi”

Deindustrializzazione totale. ThyssenKrupp ha confermato ieri che “nell’ambito del nuovo piano industriale per Ast” è prevista una riduzione di costi in tutte le aree – dall’operativo agli uffici vendita – per  oltre 100 milioni di euro l’anno. Di conseguenza, il personale “docrà” essere ridotto di circa 550 dipendenti nell’arco dei prossimi cinque anni. In pratica, il 20% della forza lavoro totale. Peggio ancora, per le prospettive dell’impiano, è prevista anche la chiusura del secondo forno, sui due esistenti, entro i prossimi due anni. Di fatto, un passo avanti verso lo smantellamentodella storica acciaieria (ex Italsider, quando c’er al’industria pubblica nel sistema a “economia mista” che ha fatto la fortuna dell’Italia del dopoguerra).

I vertici di ThyssenKrupp Business  e Acciai Speciali Terni (Ast) «hanno incontrato le istituzioni e le organizzazioni sindacali per un confronto in merito al piano industriale di Acciai Speciali Terni (Ast), che mira a un rilancio dell’azienda ternana come player sostenibile nell’industria dell’acciaio inossidabile».

Alte, come sempre, le lamentazioni imprenditoriali sulle “difficoltà” incontrate sui mercati globali da quando la crisi si è manifestata con tutta la sua evidenza: Ast «ha attraversato un periodo difficile, che ha comportato delle perdite significative attribuibili alle avverse condizioni di mercato e a inefficienze strutturali comprendenti il mix di prodotto e il contenimento del raggio di commercializzazione a livello territoriale».

L’azienda ha dunque deciso di intraprendere un «piano di azione strategico globale, in grado di ristabilire la profittabilità sostenibile dell’azienda, nonostante il difficile quadro del mercato caratterizzato da un’esistente sovraccapacità».

Sul piano produttivo, l’obiettivo è quello di concentrarsi soprattutto «sui laminati a freddo e un incremento delle vendite rivolte agli utenti finali. Questo nuovo approccio strettamente legato all’andamento del mercato presuppone un cambiamento nella produzione che deve limitare i propri volumi in base alle vendite redditizie. Ciò comporta l’incremento delle capacità nella produzione dei laminati a freddo affiancata da un’ottimizzazione dell’efficienza nella fase liquida e una contemporanea chiusura del secondo forno entro il 2015/2016. La chiusura del secondo forno potrebbe essere riconsiderata solo se le condizioni di mercato miglioreranno notevolmente e tutti gli obiettivi saranno stati raggiunti».

Nel testo si fa esplicitamente riferimento alla “missione” dell’industria, che è di “creare valore per gli azionisti”, e a culo tutto il resto…

Non l’hanno ovviamente presa bene né gli enti locali, che si trovano ora una nuova crisi industriale da gestire, in un territorio che non offre alternative occupazionali valide per così tante persone, né i sindacati “ufficiali”, che fin qui avevano fatto della assenza di ostilità verso l’azienda uno stile di comportamento. Anche la Fiom, che in Ast era rappresentata dall’ala “camussiana”. Tutti, però, sono stati questa volta obbligati a dire che come tale il “piano industriale” è “irricevibile”.

Anche per la presidente della Regione Umbria, Catiuscia Marini, il piano industriale proposto da Thyssen per Ast «è irricevibile, ha bisogno di sostanziali modifiche, il costo sociale che si chiede ai lavoratori è irricevibile». In una nota congiunta firmata insieme al presidente della Provincia e al sindacao di Terni, gli enti locali hanno affermato che si tratta di un «piano che di industriale ha davvero poco, perché prevede esclusivamente un taglio drastico sia in termini di dipendenti che di salario, scaricando così tutto il costo sociale soltanto sui lavoratori delle acciaierie, in un territorio già duramente colpito in passato da piani di ridimensionamento delle acciaierie e su tutto il sistema delle imprese dell’indotto. Peraltro, ciò a fronte di un peso del costo complessivo del lavoro all’interno del bilancio di Tk che è assai marginale, attestandosi attorno al quattro per cento. Una sproporzione che è indice di un’assoluta mancanza di strategia industriale da parte di Tk per ciò che riguarda il sito di Terni».

«A fronte di una impostazione del piano tutta basata su tagli, riduzioni e ridimensionamenti non vi è poi alcuna significativa voce relativa a investimenti che possano, anche in minima parte, supportare le supposte strategie di rilancio di Ast che il management ha in maniera troppo sommaria riferito di voler perseguire. Va ricordato a tale proposito come l’approvazione della Commissione Europea dell’operazione di retrocessione di Ast da Outokumpu a Tk fosse anche il frutto di rassicurazioni in ordine alla conservazione della potenzialità produttiva del sito, alla realizzazione di investimenti e del necessario sostegno finanziario».

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La nota del sindacato Usb:

Al termine dell’incontro di ieri tra OO.SS., Enti locali e vertici dell’Azienda Thyssen Krupp, il commento del vice-ministro dello Sviluppo Economico De Vincenti è stato:”il piano non è chiaro nelle prospettive”: nulla di più falso.

Il piano è chiarissimo, è quello di porre fine all’esistenza di AST, al suo impianto a ciclo integrato per la produzione dell’acciaio. Cosa c’è di  nebuloso nella imposizione di chiusura di un forno a caldo e nella dichiarazione di esuberi per 550 unità? Cosa c’è di così incomprensibile  nelle parole “cambiamento nella produzione  CHE DEVE LIMITARE I PROPRI VOLUMI IN BASE ALLE VENDITE REDDITIZIE?”

Le cifre che emergono tra le (poche) righe  di quello che appare perfino ridicolo definire “piano industriale”, sono gonfiate o minimizzate in base alla convenienza, inoltre non si parla che di riduzioni dei costi e del personale, quando si dovrebbe puntare sul miglioramento complessivo conseguito attraverso consistenti investimenti, dei quali invece non c’è traccia.

E’  evidente quale sia il reale obiettivo, fino ad oggi da tutti, Governi e OO.SS. complici,  ampiamente sottovalutato, cioè il declassamento dell’AST, seguito a stretto giro dalla chiusura definitiva..

“La mobilitazione contro questo “piano d’azione globale” non può  però essere a totalmente  ed esclusivamente scaricato sui lavoratori – dichiara Paolo Sabatini dell’esecutivo nazionale USB -deve coinvolgere tutta la città, perché RIGUARDA TUTTA LA CITTÀ!

Occorre soprattutto richiamare gli amministratori locali e nazionali al loro DOVERE, perché AST, così come l’ILVA di Taranto, deve tornare ad essere PUBBLICA, dev’essere l’ultima delle aziende del territorio a subire un tale ricatto e la prima, di una lunga serie, a riacquistare un futuro senza “passare sul cadavere” di una intera città.”

L’Unione Sindacale di Base esprime la più totale solidarietà ed il proprio sostegno ai lavoratori dell’AST, alle loro famiglie e a quanti stanno subendo il peso di una crisi che i mercati finanziari, e uno sviluppo capitalistico distorto e diretto al massimo profitto, calpestando diritti, ambiente sicurezza e salute di tutti e tutte, vogliono far pagare ai ‘soliti noti!

Non ci stiamo!

A Terni come a Taranto sosteniamo le mobilitazioni in difesa dei diritti dei lavoratori dell’AST, primo fra tutti il diritto ad un lavoro sicuro e ad un giusto salario!

Roma, 18 luglio 2014

Per contatti

Tel. 06.59640004

Unione Sindacale di Base

00185 Roma, V.le Castro Pretorio 116 –  Tel. 0659640004 – web: http://www.usb.it  e-mail: usb@usb.it

 

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