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Ast di Terni. Incontro al Mise, ma ThyssenKrupp ripresenta lo stesso “piano”

Mentre a Roma è appena inizato, alle 10, il confronto sul futuro dell’Ast di Terni – tra ThyssenKrupp, governo e sindacati – la società tedesca, da Monaco, ha già fatto sapere che la sua posizione non è affatto mutata:

Il capo del personale, Bistram, ha ripetuto che comunque vada il piano industriale rimarrà sostanzialmente quello iniziale e che la Morselli ha piena fiducia della dirigenza tedesca per trattare col Governo italiano. La nota stampa della multinazionale non lascia infatti spazi interpretativi differenti:

“Riteniamo che debba trovarsi un accordo per il bene di Ast, da trovare in Italia con Lucia Morselli che ha piena fiducia e mandato a farlo. Ast ha perso molti milioni di euro negli ultimi anni per questo non ci sono stati più compratori in quanto Ast oggi cosi non vale molto, motivo per il quale è inevitabile una ristrutturazione non temporanea, ma strutturale. Il forno a verifica fa parte di questo piano perché c è una sopra capacità di acciaio in Europa che non può essere ignorata. La quantità che si fa non sempre è utile, bisogna puntare sulla qualità e sul guadagno. Tk non vuole chiudere Ast, ma rilanciarla, motivo per il quale è stata inserita nel settore Materials che è un grande centro di vendita di acciaio e avendo solo Ast non c’è la concorrenza in casa Tk. Ribadiamo che vogliamo investire su Terni compresa la linea 5 e tutto il resto detto dall’ad. Abbiamo bisogno di soluzioni strutturali non temporanee ecco perché alcuni aiuti statali non sono sufficienti perché traguardano a breve distanza. Per il personale applichiamo quanto previsto dall’Italia così come fatto per la Germania, ma non le possiamo paragonare, sono situazioni diverse. Lo sciopero che si sta facendo mette a rischio la stabilità dell’azienda e dei lavoratori. Non possiamo dire di essere sempre allo stesso piano perché lo abbiamo modificato in alcuni punti raccogliendo anche proposte sindacali, per questo crediamo che bisogna cercare di trovare un dialogo più disteso per poter trovare un accordo che soddisfa le parti”.

I dirigenti Thyssen quindi stanno trattando sulla base del proprio “piano” presentato lo scorso luglio.I rappresentanti del governo, ministro Guidi in testa, fanno mostra di essere “molto impegnati” per risolverela vertenza, ma fin qui hanno spalleggiato l’azienda. I sindacati confederali, invece, vanno in ordine sparso, tra chi – come Cisl e Uil – è sostanzialmente pronto a firmare qualsiasi accordo purché consenta loro di presentarsi davanti ai dipendenti senza rischi eccessivi; e chi, come la Fiom, anche oggi guidata direttamente da Maurizio Landini, deve muoverso tra diffidenza operaia, chiusura aziendale e servilismo del governo. Lo stesso che ha preso a manganellate anche lui.

Sul piano aziendale l’ottimismo è scarso: “Le condizioni sono difficili, siamo qui per verificare se ci sono le basi per aprire la trattativa. Per noi questa condizione è togliere il limite dei due anni per il secondo forno. Oggi ci aspettiamo che ci sia la possibilità di acquisire certezze che ora non abbiamo sul piano industriale: possibilità concreta di investimenti futuri, mantenimento dei due forni e una prospettiva temporale sono le condizioni per aprire il confronto. Ci auguriamo di partire da un piano industriale concreto”.

Sul piano politico, è forse anche peggio: “E’ il governo che ha deciso di aprire un conflitto in questo Paese – ha detto – il governo sta rifiutando il confronto con i lavoratori che non hanno altri strumenti democratici per esprimere il loro dissenso”. Quanto all’accusa di “fomentare lo scontro sociale”, Landini risponde che “la benzina sul fuoco la getta chi accetta le proposte di Confindustria, chi nega i diritti, chi si incaponisce a non parlare con i sindacati”.

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