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Iglesias. 37 donne occupano la miniera

37 donne, in Sardegna, hanno indossato passamontagna, casco e sciarpe e sono scese in miniera per occuparla. Lanciando così il grido di un’isola che sta affondando nella disoccupazione e che quindi vede con rabbia un presidente del consiglio irridente che parla a vanvera di “posti di lavoro creati”.

Le lavoratrici che dall’alba di ieri hanno chiuso alle proprie spalle il cancello della miniera di Monteponi, protestano perché – da dipendeti Igea – non hanno visto arrivare gli stipendi di ottobre e novembre. Ma è innanzitutto il futuro produttivi dell’azienda – che, ricordiamo, è di proprietà della Regione Sardegna e si occupa di manutenzione e bonifiche di siti come le ex miniere o la cava di Furtei, nel Medio Campidano – a preoccupare di più.

La stessa forma di lotta era stata adottata qualche settimana fa a Lula, in provincia di Nuoro, dagli operai della stessa Igea, che non avevano ricevuto lo stipendio neppure dopo aver raggiunto l’ennesimo “accordo” alla Regione.

La miniera di Villamarina, occupata dalle donne ieri, è stata più volte teatro di clamorose proteste negli ultimi quindici anni. Ed un altro gruppo ha occupato il “pozzo T” della miniera di Campo Pisano, da cui si controllano le pompe per l’acqua destinata ad Iglesias. Di conseguenza, il gestore dell’acqua ha chiuso le fornitura fino alle cinque di stamattina; ma da stasera alle 22 dovrebbe essere di nuovo sospesa.

“L’iniziativa da parte delle donne – spiegano le lavoratrici – nasce dalla volontà di voler far emergere le difficoltà che quotidianamente si trovano ad affrontare come madri, compagne, mogli e lavoratrici sfatando il luogo comune secondo cui alle donne tradizionalmente era precluso l’accesso al sottosuolo”. Sotto accusa è la Regione (che naturalmente rinvia tutto al taglio dei trasferimenti deciso dal governo nazionale), responsabile “dell’ennesimo venir meno degli impegni assunti”.

Se la situazione non verrà sbloccata rapidamente le donne si dicono pronte all’occupazione a oltranza: “Noi non abbiamo paura”. L’assessore all’Industria, Maria Grazia Piras, ha convocato i sindacati per martedì. Ma ha anche premesso che l’impegno della giunta Pigliaru, attualmente alla guida della Regione, è “trasformare Igea in una società con costi e ricavi in equilibrio. Questa Giunta, che ha ereditato una situazione disastrosa, ha fatto una scelta ben precisa: tenere in vita l’azienda e ridarle un ruolo”.

In queste ore fioccano naturalmente le rassicurazione verbali, ma le lavoratrici e i loro colleghi vogliono vedere impegni chiari, scritti nero su bianco. La Regione si dice impegnata a garantire risorse adeguate nel bilancio 2015. Ma la gestione è in mano a un commissario liquidatore, peraltro non ancora pienamente operativo, incaricato di stendere un piano per portare l’azienda l’azienda a un equilibrio finanziario.

Insomma: tra “rassicurazioni” e azioni concrete della Regione c’è un baratro enorme, da cui emana un forte odore di presa per i fondelli, finalizzata a ridurre la conflittualità, prendere tempo e creare una situazione di fatto irreversibile.

 

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