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Parma. La UE e Renzi dispongono, Pizzarotti provvede! Tagli agli educatori scolastici

Giusta e sacrosanta la protesta dei lavoratori e delle lavoratrici, dei familiari e di chi ha a cuore il problema del welfare locale e nazionale, oggetto di un attacco senza precedenti, attacco alle garanzie e ai diritti acquisiti dopo dure lotte e confronti serrati. Privatizzazioni, liberalizzazioni del settore assistenziale che segue una precisa ottica, dettata dal governo su indicazione e direttiva dell’Unione Europea.

Parma è uno dei tanti esempi che si stanno succedendo un po’ dappertutto. Oggi sono i tagli destinati alla disabilità, ieri l’aumento delle rette degli asili, domani potrebbe essere la decurtazione di risorse per altri settori dell’assistenza.

Tocca capire, al di là delle giunte che si susseguono (per inciso chi scrive non è mai stato vicino all’attuale giunta e ne critica fortemente i contenuti e determinati provvedimenti) che modello di welfare locale abbiamo innanzi, quale vogliamo difendere, quale ci auguriamo di avere.

Innanzitutto il dato è che abbiamo le cooperative sociali (poi sarebbe lecito domandarsi ed indagare cosa vuole dire veramente il termine cooperazione, mutualità, condivisione e cercare di capire se tali elementi si possono ancora riscontrare in molte società cooperative che gestiscono il welfare esternalizzato nella regione e non solo) che hanno appaltati i lavoro di assistenza che un tempo erano gestiti in house dall’ente pubblico. Basta chiedere a chi lavora nelle coop, gli stipendi che percepisce un lavoratore o una lavoratrice, la flessibilità oraria, l’incertezza del futuro benché in possesso di un contratto a tempo indeterminato (senza articolo 18 perché il settore della cooperazione da tempo ha anticipato Renzi ed il Jobs Act).

Comodo e di risparmio per il Comune o in generale per l’Ente committente che scarica costi e responsabilità su un settore che a parere di chi scrive andrebbe reinternalizzato. Il costo del lavoro di un buon 20% in meno per i lavoratori delle cooperative rispetto a stesso lavoro e mansione di un dipendente comunale che lavora al suo fianco.

Meno tutele, meno diritti, e non privilegi come qualcuno banalmente afferma, e tutto ciò nel pieno rispetto della legge e del CCNL delle coop sociali che da ultimo rinnovo hanno anche inaugurato forme di assistenza sanitaria integrativa (leggi privata) per i dipendenti in probabile vista della progressiva destabilizzazione del SSN.

Fondi sanitari e pensionistici integrativi sono già pronti a surrogare o integrare le previdenze e assistenze pubbliche. Tra questi sono noti i fondi cogestiti dai maggiori sindacati di categoria in linea col pensiero americano.

Andando a scoperchiare la cd cooperazione si potrebbero scoprire tante cose nuove ed una lente d’ingrandimento su tale settore potrebbe mettere in luce anche il ruolo di tante strutture sindacali nella (co?) gestione dell’impresa cooperativa. Non è una scoperta recente la linea morbida di gran parte dei confederali verso le cooperative e facendo un giro tra i lavoratori e le lavoratrici della via Emilia le proteste, le vertenze, il malumore è tanto.

Pizzarotti e la sua giunta stanno amministrando da meri contabili che devono far quadrare il bilancio e assistenza e sociale sono meri costi da inserire nel profitti e perdite del bilancio del Comune trasformato in una sorta di bilancio aziendale.

Pizzarotti ha ben poco di politico, loro non sono di destra e ne di sinistra. Se fossero stati di sinistra (per chi scrive queste parole hanno un profondo significato storico, economico, politico e valoriale) non avrebbero trattato da mero costo un diritto. Perché storicamente questa città ha sempre avuto standard alti sull’assistenza. Se fossero stati di sinistra avrebbero fatto altre scelte ma non sta a chi scrive fare la morale a nessuno. Si tratta sempre di scelte politiche e così dovrebbero essere valutate dal popolo suddito.

La giunta ha la colpa di non avere linea politica. Lo Stato centrale taglia con la legge di Stabilità 20 milioni di euro e i ragionieri dicono: “bene, allora noi tagliamo la spesa sociale”.

La legge di stabilità ha tagliato ai Comuni cifre ragguardevoli, si parla di 3,7 miliardi di euro (in precedenza 16,4 miliardi di euro dal 2007 al 2014, di cui 8 miliardi e 700 milioni in termini di Patto di Stabilità interno e 7 miliardi e 700 milioni di euro in termini di riduzione di trasferimenti, ci avverte lo stesso PD Pietro Fassino presidente ANCI, l’associazione dei comuni italiani, cifre rintracciabili dal sito ANCI).

Chi vuole i tagli, chi vuole che i Comuni e gli enti periferici taglino servizi e privatizzino il poco restante servizio pubblico? Indiziato numero uno: la UE assieme ai suo economisti e politici rigoristi che stanno imponendo misure da dittatura monetaria alle classi svantaggiate dei paesi dell’Unione.

In Grecia, mentre non ci sono farmaci antitumorali, la Troika (Bce, Fmi, UE) ha imposto in 600 pagine di protocollo la dieta abolendo tutti i bonus extra per pensionati e dipendenti statali, introducendo nuovi tagli sino al 25% alle pensioni, mentre ha spianato la strada per il licenziamento di 2.000 statali e l’abolizione della previdenza sociale fornita dallo Stato che sarà sostituita da indennità collegate al reddito. E questo è solo l’inizio.

Politologo, sociologo, saggista, Luciano Gallino spiega bene. «Lo scopo perseguito dalle istituzioni Ue è quello di assoggettare gli Stati membri alla “disciplina” dei mercati. Oltre che, più in dettaglio, convogliare verso banche e compagnie di assicurazione il flusso dei versamenti pensionistici; privatizzare il più possibile la sanità; ridurre i lavoratori a servi obbedienti dinanzi alla prospettiva di perdere il posto, o di non averlo». Il vero nemico delle istituzioni Ue? «E’ lo stato sociale e l’idea di democrazia su cui si regge: è questo che esse sono volte a distruggere». 

Dietro il progetto Ue c’è la linea politica ed economica chiamata Ordoliberalismo ideata e teorizzata dalla scuola di Friburgo tra le due guerre sotto l’influenza del pensiero di Von Hayek, un fenomeno su cui tedeschi e americani hanno ben focalizzato con studi molto interessanti, mentre in Italia non si sa nulla. In Europa, il liberismo “Ordo” è alla conquista delle istituzioni democratiche consolidatesi attraverso le Costituzioni sociali.  Troppo rigide, troppo garantiste, troppo antifasciste, troppo sbilanciate sui diritti e garanzie per i lavoratori e lavoratrici. Orientamento non dissimile dall’ultima relazione della banca d’affari statunitense J.P. Morgan ha diffuso tempo fa un report che critica aspramente “i sistemi politici dei paesi europei del Sud e in particolare le loro costituzioni” che tendono a mostrare una forte influenza socialista, che riflette la forza politica che i partiti di sinistra hanno guadagnato dopo la sconfitta del fascismo. I sistemi politici nell’Europa meridionale hanno di solito le seguenti caratteristiche: leadership debole, stati centrali deboli rispetto alle regioni, la tutela costituzionale dei lavoratori (…) il diritto di protestare se i cambiamenti sono sgraditi. (…) Vi è una crescente consapevolezza della portata di questo problema, sia nel centro che nella periferia dell’Europa”.

La teoria ordoliberista ritiene che se si lasciasse fare ai mercati, ingabbiando democrazia e leggi elettorali troppo rappresentative, l’ordine finirebbe col regnare nel mondo. Mettere tutto a concorrenza in ottica mercantilista: scuola, assistenza, pensioni, sanità, relegando allo stato non un ruolo passivo (tipico delle teorie neoclassiche) ma uno attivo di controllo e gestore magari di contrasto alla formazioni di trust e monopoli che impedirebbero al capitalismo ordoliberale di funzionare ottimamente. Cioè l’ordine concorrenziale come “bene pubblico”.

Concorrenza che si realizza facendo entrare privati, società e capitali speculativi in quei settori fino ad ora “protetti”, gli stessi settori che hanno garantito un minimo di progresso sociale e dignità tutelando soprattutto le classi meno abbienti. Obiettivo della Troika è sdoganare tali settori mettendoli a mercato.

Da Parma a Roma e da Roma a Bruxelles il problema non può essere ridotto ad una mera ma certamente condivisibile protesta locale. La giunta di Parma deve rispondere in maniera adeguata alle sacrosante proteste di chi chiede servizi e tutela del lavoro ma bisogna che si prenda consapevolezza della tavola imbastita dai poteri forti. Sarebbe anche da chiedersi perché localmente gli amministratori e altolocati rappresentanti del Pd, principale sponsor della Ue e sostenitore di politiche di austerity e di flessibilità sul lavoro (vedi da ultimo il Jobs Act), si lamentano e poi votano, appoggiano o pianificano le politiche volute dalla Troika.

 

 

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