E’ evidente che al buon Mauro Moretti è stato assegnato il compito di tagliatore di teste nella vicenda, pomposamente definita, di “risanamento e riqualificazione di Finmeccanica”.
Basta sfogliare il progetto di Moretti e salta subito agli occhi che siamo di fronte ad una nuova operazione antisociale che sarà scaricata completamente sui lavoratori, sulle condizioni di lavoro e sul complesso delle relazioni politiche e sindacali che si configureranno in Finmeccanica.
Un progetto che – esplicitamente – punta ad imporre una pesante logica/comando d’impresa ad un gruppo che, ad oggi, con 36000 addetti ed oltre 100000 di indotto, rappresenta un comparto di punta del capitalismo tricolore.
Tra i siti produttivi a maggiore rischio c’è quello di Napoli il quale, come è noto, produce l’ATR. Però a causa delle diverse scelte strategiche che sta assumendo la componente francese del progetto Alenia/Airbus sembra che questa produzione possa subire un ridimensionamento consistente che colpirebbe il sito napoletano.
Inoltre lo stesso settore dell’aereo spaziale napoletano, su cui formalmente Finmeccanica dichiara di voler continuare a puntare, risulta colpito a causa delle voci che attribuirebbero all’azienda la decisione di chiudere la sede di Napoli di Telespazio.
Scorrendo il progetto di Moretti si coglie come tutta una serie di provvedimenti annunciati (l’accorpamento di alcuni impianti, la presunta razionalizzazione di alcune modalità del ciclo di lavorazione, l’aumento delle esternalizzazioni) mirano non all’eliminazione di sprechi ed irrazionalità ma a colpire la base produttiva dell’azienda. Non a caso Mauro Moretti inizia – anche in qualche intervista pubblica – a paventare la possibilità di esuberi anche se accompagna queste dichiarazioni dalla demagogica promessa di eliminare i fenomeni di grassazione e di corruzione che, spesso, hanno investito la vita del gruppo Finmeccanica.
Rispetto a questo preoccupante scenario che segna un salto di qualità dell’offensiva padronale contro i lavoratori occorre che anche da parte degli operai ci sia un nuovo livello di consapevolezza circa la posta in gioco ed una rinnovata disponibilità alla lotta.
La storia recente di Finmeccanica e non solo ha abbondantemente dimostrato che la difesa stabilimento per stabilimento e territorio per territorio è un pericoloso piano inclinato che non è in grado di difendere efficacemente l’occupazione e i diritti operai.
C’è bisogno di una Vertenza unitaria e generalizzata di tutto il gruppo. L’azienda, il governo i sindacati complici sono costantemente all’opera per dividere i lavoratori, rinfocolare le contrapposizioni e minacciare chi intende lottare. Nei giorni scorsi a Trieste l’azienda ha minacciato un gruppo di operai che si è iscritto al sindacato a dimostrazione dell’autentico dispotismo che vige nel gruppo.
Inoltre la stessa dimensione internazionale di Finmeccanica – impegnata nel gorgo della competizione globale tra capitali – favorisce le tendenze alla frantumazione dell’unità politica e materiale dei lavoratori.
Si tratta, quindi, di iniziare a lanciare segnali di mobilitazione dai vari stabilimenti del gruppo senza aspettare, necessariamente, che le sigle sindacali indicano le forme di lotta.
Abbiamo già visto come la stessa FIOM, che a parole dichiara di volersi opporre al Piano Moretti, non riesce a dare continuità e consequenzialità politica e sindacale alle proprie dichiarazioni.
Tocca, allora, ai delegati onesti e combattivi farsi carico fin da subito, dentro e fuori dal perimetro aziendale, di costruire la mobilitazione, la lotta e la necessaria organizzazione autonoma ed indipendente per porre un deciso stop all’arroganza di Finmeccanica e ai contenuti antioperai del Piano Moretti.
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