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Il triste bilancio di Frosinone

Frosinone muore progressivamente. La comunità sta vivendo momenti drammatici sia sociali che economici, nella indifferenza totale della politica, degli amministratori, impegnati a servire altri interessi. La vicenda delle terme romane è illuminante.

Il 31 luglio il Consiglio comunale di Frosinone (vedi il video) ha rinviato l’approvazione del bilancio preventivo 2015. (in questo indirizzo la Relazione Previsionale e Programmatica 2015-2017) .In esso vi è  l’importante novità della delibera di Consiglio Comunale n. 30 del 29/06/2015 che ha autorizzato la ripartizione in trenta anni del “buco” di 27 milioni di euro emerso dal bilancio consuntivo relativo all’anno 2014, con l’accertamento di crediti, tecnicamente “residui attivi”, inesigibili. Proprio perché inesigibili “il Comune si trova nella necessità di onorare l’assorbimento del disavanzo di amministrazione e i debiti fuori bilancio, avendo già aumentato le imposte locali al massimo, non residuando ulteriori spazi se non quello d ella riduzione dei servizi istituzionali”, quindi pesanti tagli ai servizi pubblici e possibili mancati interventi sulle strutture di proprietà comunale (uffici, scuole, ecc.) a cominciare dalla sicurezza.

Dopo la procedura di riequilibrio economico finanziario c’è stato un ulteriore peggioramento. Il Comune ebbe nel 2013 l’accesso, quando si evitò il dissesto economico, ad implementare tutte le misure restrittive per le spese correnti e le spese in conto capitale che sono tipiche del dissesto.

Il bilancio del Comune di Frosinone, oltre a tutti i vincoli ai quali sottostanno i comuni in situazione ordinaria di gestione, deve sottostare a vincoli suoi propri per rispettare il piano di riequilibrio, con l’obbligo di ridurre in tre anni, dal 2014, le spese correnti del 10% e l’obbligo di restituire 530.000 euro all’anno per il rimborso del prestito decennale senza interessi fino al 2022, ottenuto grazie all’ammissione alla procedura di riequilibrio. A ciò si deve aggiungere il divieto di contrarre nuovi mutui per cui le opere pubbliche debbono essere finanziate o con rinegoziazione di vecchi mutui o con capitale di privati.

Mentre, quindi, le tasse per la casa, l’immondizia, e le tariffe per i servizi alla persona sono stati messi al massimo, con il cittadino ad ingaggiare una vera e propria guerra alla bolletta, ora tutti gli sforzi fatti risultano vani. Bisogna recuperare altri 27 milioni di euro. Da dove vengono questi debiti/crediti? Cosa significa inesigibili e perché lo sono? A chi imputare l’attribuzione  della responsabilità giuridica, civile, penale, amministrativa e contabile, di questo buco che è la metà del bilancio comunale?

Nel mentre i cittadini sono in attesa da anni delle motivazioni per che cosa stanno pagando i debiti, rimangono chiare le responsabilità politiche di una classe “dirigente” che almeno nel corso delle ultime quattro consigliature si sono passate il testimone di una situazione all’orlo del fallimento senza operare alcuna proposta di contrasto e in aiuto alla cittadinanza. I servizi sono oggetto di un selvaggio spezzatino di cui si avvalgono i privati a cominciare dalle cooperative sociali di tipo B, nel tentativo di estendere la privatizzazione e monetizzazione a tutti i settori sensibili dei servizi pubblici essenziali, quelli tra l’altro che connotano la civiltà di una città.

L’Amministrazione lamenta scarsi incassi nella copertura dei servizi da giustificare la privatizzazione. Ma i soldi delle tasse dei cittadini se non si redistribuiscono a favorire i bambini, studenti, famiglie, disabili, coloro in difficoltà temporanea, coloro che hanno bisogno, a cosa saranno indirizzati? Nella costruzione di cattedrali nel deserto? Nel ripianare i debiti dell’utilizzo delle strutture pubbliche di privati che mai hanno coperto il costo dei servizi?

In verità il problema della riscossione non è nei servizi pubblici essenziali a cui i cittadini si rivolgono più per necessità che per scelta, ma per tutte quelle attività anche “ludico-ricreative” delle famiglie importanti del capoluogo che mentre si sollazzano dimenticano di pagare l’utilizzo di servizi e strutture alla città. Ma tant’è, l’arroganza del potere, di chi è abbiente e non rinuncia ad alcunché, è pressante e chiede ed ottiene il continuo impoverimento della città e dei cittadini. Questa è la politica di questa amministrazione.

Tali politiche hanno drammaticamente conseguito: la gestione di Acea con bollette fuori controllo per le tasche dei cittadini è un esempio da manuale, ma è anche un caso limite, oltre il quale c’è solo la disperazione. La sanità è in preda ad un pesante ed indiscriminato sfascio, con l’ospedale del Capoluogo ridotto a poco più di un ospedale da campo; i privati, invece fanno affari, offrendo servizi a costi altissimi, per pochi. La distruzione del territorio e del suo ambiente continua indiscriminato e senza che alcuno abbia la lungimiranza di frenare quell’imprenditoria locale che ha basato tutto sul mattone e vorrebbe al di là di ogni buon senso continuare a depredare suolo e aria.  Nemmeno il Volsco silente per migliaia di anni, che vorrebbe riemergere è lasciato in pace; deve necessariamente rimanere seppellito nel cemento insieme a quella identità culturale più volte invocata e cercata dai singoli e dai comitati.

Un territorio depauperato, inquinato, aggredito, asservito ai palazzinari e al riciclo di denaro che non riesce a coprire le esigenze primarie degli abitanti nemmeno per far fronte alla necessità di cibo: per alcuni strati della popolazione, imbandire una tavola è una chimera raggiungibile solamente attraverso l’elemosina, le file per i pacchi alimentari, nel rimuginare nei cassonetti dell’immondizia.

Un bilancio di un Comune quindi tecnicamente fallito, che per far sopravvivere quella politica degli interessi di pochi, fa precipitare la popolazione nella indigenza distruggendo i beni comuni.

Ass. Oltre l’Occidente, Oss. Peppino Impastato, Comitato Lotta per il Lavoro, Confederazione Cobas Frosinone

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