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Puglia. Continua il blocco agli stabilimenti Natuzzi contro i licenziamenti

Dal 17 febbraio, presso lo stabilimento Natuzzi di Laterza – Jesce 2 e da ieri, presso lo stabilimento di Santeramo – Jesce 1 i Lavoratori della USB hanno bloccato gli stabilimenti del colosso del divano. Il blocco costringe l’azienda a mettere in libertà i Lavoratori e i “sindacati” complici a dissociarsi dalla protesta. In mattinata, i Lavoratori della USB hanno incontrato il Prefetto di Bari, al quale hanno consegnato una lettera aperta oltre che richiedere la convocazione di un incontro presso la Prefettura con la partecipazione della Regione e della Natuzzi. Il blocco dello stabilimento (anche per le merci) continua. Nel primo pomeriggio di ieri si è tenuta l’assemblea dei Lavoratori per decidere il prosieguo delle azioni di lotta.

Alla fine del Secolo scorso la Natuzzi Spa contava in Italia circa 3500 lavoratori e lavoratrici, scelte commerciali e di delocalizzazione produttiva errate hanno fatto sì che l’azienda stimi per l’immediato futuro di ridurre l’organico a meno di 2000 unità. Ad ogni crisi annunciata dall’azienda la conclusione è sempre stata dichiarazione di esuberi e finanziamenti pubblici su progetti che la Natuzzi non sempre ha messo in campo.

La vertenza che vede oggi 365 lavoratori espulsi dal processo produttivo (Cassaintegrazione a zero ore) ha del grottesco e assomiglia molto ad una beffa ai danni della casse pubbliche, oltre che agli stessi lavoratori, tutto questo con la benevolenza dei sindacati confederali Cgil, Cisl e Uil. I fatti…

Nell’ultimo accordo del settembre 2015, viene stabilito di erogare al gruppo Natuzzi 37,2 milioni di euro di contributi pubblici ripartiti tra regione Puglia e Basilicata e Mise per la salvaguardia della occupazione. Poi, con gli accordi del 14 ottobre 2015 vengono concessi alla Natuzzi i contratti di solidarietà per 1918 lavoratori e la cassaintegrazione a zero ore per altri 365, come al solito si annunciano iniziative per il reimpiego nelle cosiddette NEW CO., aziende che dovrebbero insediarsi nel territorio murgiano, corsi di riqualificazione, ammodernamenti delle linee produttive, sulla carta sembrerebbe un ottima iniziativa, ma nei fatti siamo alle prese con l’ennesima modalità natuzziana di accaparrarsi denaro pubblico e ridurre la forza lavoro.

 

I fatti ci dicono che le New Co non esistono e le proposte arrivate al tavolo regionale e alla Cabina di regia sono ridicole, i sindacati per conto dell’azienda fanno assemblee in fabbrica, non per proporre il doveroso rientro in produzione dei lavoratori che hanno condannato all’esilio forzato nello stabilimento già chiuso di Ginosa, ma per parlare di aria fritta, mentre l’azienda porta l’orario giornaliere di lavoro da 5 ore (contratto di solidarietà) a 5 ore e 30 minuti, nonostante la presenza di lavoratori in cassaintegrazione. Tuttavia, la cosa più scandalosa è il sopra citato trasferimento d’ufficio di tutti i lavoratori in Cigs allo stabilimento chiuso da anni di Ginosa. Il che vuol dire che alla fine della Cassaintegrazione per cessazione attività ad ottobre 2016, con ogni probabilità saranno licenziati.

 

Inoltre, solo questi lavoratori sono stati convocati dalla agenzia Bp/Sofit per la creazione del proprio curriculum lavorativo per un’eventuale assunzione nelle inesistenti New Co..

 

A nostro parere se due più due fa 4, siamo in presenza di un preavviso di licenziamento ed ulteriori finanziamenti al gruppo Natuzzi.

 

Vi sottoponiamo queste riflessioni al fine di evitare l’ennesima perdita di occupazione in un’area della Puglia e della Basilicata già fortemente critica e che al contrario andrebbe rilanciata, anziché sperperare danaro pubblico.

 

Vi chiediamo quindi di attivarvi nelle sedi opportune affinché questo non avvenga e non gettare al macero 360 famiglie.

 

Per parte nostra come organizzazione sindacale USB, che non è firmataria di tali accordi, siamo impegnati a sostenere tutte le iniziative di lotta dei lavoratori in questione e attiveremo tutte le possibili iniziative legali a difesa dei lavoratori e delle lavoratrici.

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