I segretari di cgilcisluil sono stati ricevuti da esponenti del governo un paio di ore prima della riunione del consiglio dei ministri che dovrà varare la manovra economica 2018.
Li hanno cioè chiamati per far finta che esistano nel paese delle relazioni industriali e che il Governo ci tiene a mantenerle sui giusti binari. Non stupisce che un governo a guida Gentiloni/Renzi, che della fine dell’intermediazione sociale ha fatto uno dei suoi obbiettivi, tratti così i segretari generali di cgilcisluil, ma potrebbe invece sembrar strano il fatto che questi lo accettino. In verità nessuna novità, solo la riconferma della fine di una qualsiasi funzione progressiva di questi soggetti. Anni e anni di adesione ai diktat dell’Unione Europea, e alle scelte dei governi ad essa sottomessi, li hanno ridotti a poco più che ectoplasmi politici. La loro esistenza in vita non è certificata dalle posizioni che assumono o dalle iniziative, davvero scarse, che ogni tanto mettono in campo raggranellando qualche funzionario e qualche pensionato, ma dal volume di affari di cui sono protagonisti, reso possibile proprio dai buoni rapporti con l’establishment che gli consente di avere una propria presenza, e un proprio tornaconto, in tutti gli “affari” sociali del Paese, fondi pensione, sanità integrativa, assicurazioni, welfare aziendale, enti bilaterali ecc.
E così il governo, che evita accuratamente ogni confronto con le forze sindacali di classe e antagoniste al proprio progetto politico, può tranquillamente procedere nella confezione dell’ennesima Legge di Stabilità con cui favorire le imprese facendo finta di voler invece favorire l’occupazione giovanile, smantellare lo stato sociale, distruggere la sanità, la scuola, la previdenza pubblica.
La gran parte della manovra economica sarà ancora una volta tesa a pagare il debito. Quando si afferma che ben 14,7 miliardi di manovra serviranno ad impedire che scatti l’ennesimo aumento dell’IVA, si afferma che il debito del Paese (leggi delle banche e delle imprese)
viene di nuovo pagato dai cittadini italiani per stare dentro i parametri imposti dall’Unione Europea, dalla banca Centrale Europea e dal Fondo monetario Internazionale. E questo è il pezzo più consistente della manovra 2018, poi ci sono gli sgravi contributivi per tre anni alle imprese che assumeranno giovani, sotto forma di bonus sui contributi previdenziali che, passati i tre anni produrranno un’ondata di licenziamenti e nel frattempo contribuiranno ad aggravare lo stato delle casse dell’INPS ragion per cui ad ogni piè sospinto si chiedono nuove riforme peggiorative delle pensioni. Si prevedono quattro spiccioli per i contratti del pubblico impiego, non si abbassano i ticket sugli esami specialistici e non si danno soldi agli enti locali che così continueranno ad aumentare le tasse locali per sbarcare il lunario.
Intanto ci sono 196 tavoli di confronto – ché chiamarli di trattativa è uno schiaffo all’intelligenza di ciascuno – al Ministero dello “sviluppo” (sic!) economico con la prospettiva di circa 200.000 nuovi licenziamenti, a vanificare ogni vaniloquio sul fatto che saremmo definitivamente fuori dalla crisi!
Di fronte a questo scenario, suscettibile di ulteriore peggioramento se l’Unione Europea come probabile farà rilievi alla manovra e chiederà maggiori rigidità, e in cui dai tavoli di confronto i lavoratori e le lavoratrici usciranno prevedibilmente con le ossa rotte,i sindacati gialli abbaiano alla luna e non indicano neanche stavolta la via della lotta.
Ancora di più assumono grande significato lo sciopero generale proclamato da USB, Confederazione Cobas e Unicobas per il 10 novembre e la manifestazione nazionale dell’11 a Roma.
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