Intervista a Fabrizio Nigro e a Paolo Petrosino
Le recenti elezioni per le Rappresentanze Sindacali Unitarie in Amiu – azienda municipalizzata che gestisce a Genova la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti – hanno visto l’Unione Sindacale di Base partecipare per la prima volta con una propria lista, ottenendo l’elezione di 4 rsu e di un rappresentante dei lavoratori alla sicurezza.
L’USB su un totale di poco superiore ai 1150 votanti ha ottenuto più di 200 voti, 250 se si considera l’elezione degli rls.
Un risultato importante all’interno di una geografia sindacale mutata, con la CGIL che non è più il sindacato maggioritario.
Il voto ha premiato chi si è opposto all’ipotesi di privatizzazione voluta da Marco Doria ed ha visto aumentata l’affluenza alle urne.
Questo incremento è un probabile segno che i lavoratori non hanno vissuto le elezioni come una operazione “rituale”.
Dai lavoratori di una azienda di poco più di 1500 dipendenti che la precedente amministrazione di centro-sinistra voleva privatizzare a fine mandato e che ha incontrato una efficace resistenza operaia, è un ottimo segnale di radicamento del sindacalismo conflittuale che pone le basi per affrontare la sfida della “rappresentanza” anche in altri comparti delle municipalizzate.
È sembrato opportuno intervistare Fabrizio Nigro – dipendente di Amiu Bonifiche e militante di USB – insieme a Paolo Petrosino che è risultato il lavoratore più votato nella lista dell’USB, per fare un quadro sulle elezioni, evidenziare i passaggi che l’hanno preceduta, ed in generale delineare la situazione attuale di Amiu e le prospettive per il futuro.
Volevo chiedervi prima di tutto di fornire un quadro generale di Amiu e di come nel corso degli ultimi anni sia cambiata la sensibilità dei lavoratori a causa della pervicace volontà della giunta Doria di privatizzare le aziende partecipate, ipotesi che ha incontrato prima la tenace resistenza dei lavoratori del trasporto pubblico di AMT nel novembre del 2013 e poi quella di AMIU nella primavera di quest’anno?
F.N. Le cinque giornate di Genova hanno probabilmente rappresentato una rottura definitiva tra i lavoratori delle partecipate genovesi e le rappresentanze politiche locali. Lo storico rapporto tra la sinistra che dal secondo dopo-guerra in poi ha sempre governato la città e i lavoratori delle aziende partecipate (ma non solo), è stato messo in crisi dalle politiche neo-liberiste che la classe dirigente locale e nazionale di provenienza PCI hanno assunto e sviluppato quale unico orizzonte politico praticabile.
Non è un caso se già alle scorse amministrative ci fu una forte affermazione del candidato del Movimento 5 Stelle, e solamente un ampio e contraddittorio cartello elettorale permise l’elezione a sindaco di Marco Doria.
Un operazione che, nonostante la mobilitazione di tutte le forze sociali (Arci, Comunità di San Benedetto, etc.) e sindacali cittadine (CGIL in testa) che fanno riferimento al PD e al centro-sinistra, non è riuscita nell’ultima tornata elettorale, portando alla vittoria Marco Bucci, il primo sindaco di centro-destra a governare Genova.
A tal proposito ricordo che mentre in Consiglio Comunale si discuteva la delibera per svendere Amiu a Iren con i lavoratori davanti al Comune blindato dalle forze di polizia e carabinieri, la CGIL si sedeva proprio ai tavoli elettorali del centro-sinistra, lasciando di fatto i lavoratori al proprio destino.
Questi due momenti (le cinque giornate e il tentativo di privatizzazione), credo che siano stati almeno per i lavoratori di Amiu, i più significativi per il formarsi di una nuova coscienza sindacale.
Un passaggio chiave è stata la massiccia bocciatura dell’ipotesi di accordo del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro proposto da CGIL, CISL e UIL, nell’ottobre del 2016 (più di 958 no contro 275 si) puoi ripercorre quella esperienza che ha messo in seria difficoltà, tra l’altro, la dirigenza della CGIL che era allora il sindacato maggiormente rappresentativo ed ha aperto una crepa che si è poi allargata tra questo sindacato e i lavoratori?
P.P. Quella del 2016 non è stata la prima bocciatura di un’ipotesi di accordo del CCNL da parte dei dipendenti di Amiu: anche il rinnovo precedente, avvenuto nel 2011, unico caso in Italia, era stato respinto nel corso di una movimentata Assemblea Generale. La scollatura tra i lavoratori e le OO.SS. manifestatasi in quell’occasione è diventata sempre più profonda. Nel 2016 le cose si sono replicate. Nuovamente è stato presentato un rinnovo contrattuale a perdere che, dapprima rifiutato dalla Cgil locale, veniva presentato come una vittoria accogliendo le direttive sindacali nazionali. Che il clima però non fosse favorevole, anche grazie alla mobilitazione dei lavoratori di ULA, era talmente evidente che un segretario nazionale distaccato proprio da Amiu non ha trovato il modo di liberarsi dagli impegni per presenziare personalmente all’assemblea in cui è stata presentata l’ipotesi di accordo. In quella Assemblea i lavoratori hanno manifestato con forza la loro posizione contraria subendo anche attacchi da parte di esponenti sindacali sulla stampa cittadina.
A fine mandato la Giunta Doria, con precisi Diktat ed una azione di vero e proprio terrorismo psicologico nei confronti di una parte dei consiglieri critici che componevano la propria maggioranza, l’appoggio della dirigenza della CGIL ed il sostegno unanime dei mass-media cittadini, ha cercato a più riprese – capitolando più volte – di far passare la privatizzazione di Amiu cedendola alla Multi-utility Iren. Potete fare una sintesi di quelle settimane di lotta?
F.N. E’ una lotta che come Usb portammo all’attenzione dei lavoratori di Amiu in tre momenti precisi: nel novembre 2013, dopo la c.d. ‘delibera privatizza-tutto’, con alcuni compagni di Amiu Bonifiche e senza nessun permesso sindacale, ci presentammo con volantino e striscione all’assemblea dei lavoratori di Amiu indetta dai sindacati confederali. Qui trovammo l’appoggio dei compagni di ULA, ed insieme riuscimmo a cacciare i confederali dal palco e a promuovere un grande corteo fino a palazzo Tursi, sede del Comune di Genova.
Il secondo momento è stata la chiusura della discarica e gli arresti di alcuni dirigenti che gestivano la discarica stessa e gli appalti e che, tra le altre cose, ha portato al fallimento della cooperativa che si occupava della raccolta dei rifiuti ingombranti, il licenziamento dei suoi lavoratori e la sospensione per due anni del servizio.
Nel novembre 2014, sempre insieme a pochi compagni iscritti e non a Usb, intervenimmo pesantemente in una manifestazione dei confederali denunciando che sotto la patina della ‘economia circolare’ presentata nel nuovo piano industriale, il tentativo di privatizzare l’azienda non era affatto scongiurato, tutt’altro, e che dopo la chiusura della discarica e la necessità di trasportare i rifiuti urbani fuori regione, questa da lì a poco avrebbe trovato nuove e ancora più cogenti motivazioni in seno sia all’amministrazione comunale e sia nel suo più determinato alfiere: il Partito Democratico.
Se dunque nel 2013 si voleva privatizzare attraverso la ricerca di una ‘partner economico’ e che questo rispondeva all’assunzione da parte della giunta Doria di un paradigma di politica economica neo-liberista, a partire dal 2014 è la necessità finanziaria il grimaldello alla privatizzazione; il tutto utilizzando il classico corredo retorico del ‘ce lo chiede l’Europa’ piuttosto che ricorrendo alle minacce di fallimenti e licenziamenti nel caso non si fosse realizzata la fusione con Iren.
L’ultimo momento che voglio ricordare sono le giornate a sostegno dei lavoratori di Amiu portati in piazza dall’Ula, alla cui lotta la Federazione provinciale di Usb ha dato immediato sostegno e, in ultimo, copertura sindacale, proclamando il primo sciopero di tutti i lavoratori del gruppo, con la presenza quindi anche dei lavoratori di Amiu Bonifiche.
Un aspetto importante successivo a quella lotta è stato il passaggio di un numero consistente dei lavoratori di ULA (Unione dei Lavoratori Amiu) – che è stata la protagonista e l’anima della lotta contro la privatizzazione – a USB a luglio di quest’anno. Potete descrivere questo aspetto, e cosa ha significato per l’USB in Amiu?
P.P. Amiu è sempre stata un’azienda fortemente sindacalizzata. In questi ultimi anni però si è verificata una profonda frattura tra le OO.SS. ed i lavoratori. Posizioni troppo lontane hanno fatto sì che molti non si sentissero più rappresentati dai sindacati. ULA è nata proprio dalla necessità di riportare in primo piano la nostra dignità di lavoratori. Le vicende che ci hanno visti protagonisti hanno sempre avuto questo scopo. Il rinnovo della RSU ha reso per noi necessario partecipare alle elezioni. Non potendo farlo come collettivo per via di vincoli contrattuali, conseguenza logica è stata confluire in USB che durante la lotta è sempre stata al nostro fianco.
Potete dare un quadro di come è stata costruita la lista di USB, come si è svolta la “campagna elettorale”, le differenze con la precedente tornata, e l’aria che si sta respirando dopo i risultati, tenuto conto che il lavoro che avete svolto è stato fatto interamente senza avere quell’agibilità sindacale di cui godevano solo coloro che erano stati precedentemente eletti?
P.P. La lista è nata praticamente da sola. È parso naturale che venissero candidati i componenti più attivi di ULA. In questi anni ognuno di essi ha usato il proprio tempo libero e le proprie risorse (anche economiche) per portare avanti il lavoro intrapreso. Lo stesso impegno è stato riversato nella campagna elettorale.
Quali sono le questioni più rilevanti ora, scongiurata per il momento l’ipotesi di “privatizzazione” (vista l’attuale politica della Giunta di centro-destra Bucci riguardo alle partecipate) su cui lavorare come rsu e rls, e come USB in genere all’interno dell’azienda?
F.N. Indubbiamente, almeno fino a questo momento, la nuova amministrazione guidata da Marco Bucci sembrerebbe avere un orientamento politico opposto rispetto alla precedente.
Dopo pochi giorni dal suo insediamento, grazie a una delibera che riconosceva il credito che Amiu vantava nei confronti del Comune di Genova, ha di fatto salvato Amiu dal possibile fallimento e le ha restituito solidità economica e finanziaria. Ed è di pochi giorni fa la notizia dell’assunzione degli ultimi trenta precari ancora presenti nella graduatoria seppur con contratto part-time, assunzioni che la precedente giunta di centro-sinistra (col beneplacito della CGIL) aveva vincolato alla fusione con Iren. Ma è bene ricordare ai lavoratori che non esistono ‘governi nazionali o locali amici’ e le cose da fare sono molte a cominciare dalla richiesta di un piano industriale capace di far fare ad Amiu ciò che deve fare: costruzione degli impianti necessari alla chiusura del ciclo dei rifiuti, unicità dell’azienda, nuove assunzioni, re-internalizzazione dei servizi dati in appalto, controllo tariffario. In poche parole: Servizio Pubblico.
P.P. In verità l’ipotesi privatizzazione non è ancora del tutto scongiurata e, allo stato attuale, rischiamo che ciò che è uscito dalla porta rientri dalla finestra. Senza un piano industriale efficiente, che è la condizione obbligata per rendere questa azienda forte anche in prospettiva futura, e senza una riorganizzazione dell’azienda e del lavoro, si rischia di concedere ai privati la possibilità di costruire gli impianti necessari per la chiusura del ciclo dei rifiuti. Inoltre, non mettere in tariffa gli extra-costi (tra cui il costo per il trasporto fuori regione dei rifiuti e quelli per la messa in sicurezza della discarica), così come sembrerebbe essere l’orientamento della giunta, significherebbe scaricarli ancora una volta sui lavoratori, che già in passato hanno pagato sulla propria pelle la disastrosa gestione dell’azienda.
Usb, infine, grazie alla coerenza che da sempre la contraddistingue, ha un compito fondamentale: ricreare un dialogo e una rinnovata fiducia coi lavoratori, elementi che sono venuti a mancare a causa di comportamenti sindacali che troppo spesso anteponevano interessi particolari a quelli dei lavoratori e degli stessi cittadini genovesi, comportamenti che i lavoratori non sono più disposti a tollerare.
Il risultato elettorale, con l’ottima affermazione della nostra lista, credo che ne sia la più efficace testimonianza.
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