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La guerra in casa

Esprimiamo massima vicinanza e solidarietà alla città di Genova colpita in queste ore dal crollo del ponte autostradale dell’A10. Sono già più di 20 le vittime accertate.

Siamo stanchi di piangere i nostri morti, ogni giorno apprendiamo di morti sul lavoro, morti per la mancanza di manutenzione sul territorio, morti che lottavano per i diritti e la dignità di tutti e tutte.

Non si tratta di calamità naturali, dobbiamo fare nomi e cognomi dei responsabili di questo massacro. Dobbiamo accusa un sistema politico che parte dai suoi organi sovranazionali e giunge fino alla sua più piccola articolazione locale.

Da anni viviamo in un regime di austerità impostaci dall’Unione Europea che impedisce di spendere soldi per la messa in sicurezza delle infrastrutture, per dei salari dignitosi, per i diritti elementari e universali come quello alla salute e all’abitare.

Chi difende questa infernale macchina che fagocita esseri umani dentro e fuori i propri confini è complice di ogni suoi assassinio.

Non vogliamo parlare di fatalità, non vogliamo più piangere per i morti, vogliamo organizzarci per lottare e conquistare diritti e dignità qui e ora!

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1 Commento


  • federico

    Si è sentito dire che la costruzione di nuove infrastrutture avrebbe prevenuto queste morti. È fin troppo evidente che se questo viadotto, ed altri, non fossero mai stati costruiti non sarebbero neanche mai crollati. È il concetto di progresso, così come lo concepisce il mercantilismo, che implica necessariamente più morti. Sappiamo che nella costruzione di grandi opere pubbliche o di un grattacielo o di una nave, moriranno direttamente, o indirettamente, per invalidità croniche a seguito di infortunio o malattie professionali, circa 5 lavoratori. Ma senza ferrovia, autostrada, porti, le merci non potrebbero viaggiare ne il progresso realizzarsi. La stessa idea che esportare la produzione di un paese sia un mezzo di arricchimento collettivo e non individuale è tanto errata quanto accettata dall’opinione comune. Comunque, qui si trattava, al massimo, di fare una buona manutenzione. Ma questi risultati sono i regali delle politiche economiche di austerità e delle privatizzazioni, e di chi le ha imposte.

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