Il 18 gennaio 2018 si è svolto il primo incontro ufficiale dell’anno tra azienda e sindacati con il roboante titolo di “Contesto di business, lineamenti strategici TIM 2018-2020 e relativo piano di gestione delle risorse umane”.
Al netto delle pompose introduzioni sul mercato concorrenziale, sull’innovazione, sul presidio e sull’ottimizzazione di processo, già sentite in occasione di ogni taglio di costi, si è finalmente passati al vero argomento del giorno: i “SACRIFICI”.
Con il taglio del 15% dei dipendenti e la riduzione a regime dei costi per stipendi pari a 400 milioni di euro, il piano infatti prevede:
• 6.500 fuoriuscite volontarie nel 2018 suddivise in:
o 4.000 con articolo 4 per coloro che maturino i requisiti minimi per il pensionamento nei 7 anni successivi alla risoluzione del rapporto di lavoro con effetti entro il 31.12.2018;
o 2.500 esodi nel triennio 2018-2020 destinati a tutto il personale, incentivati con un massimo di 28 mensilità (per chi ha più di 20 anni di servizio saranno 24 mesi di NASPI e solo 4 mensilità a carico dell’azienda?).
Il numero dei beneficiari dell’articolo 4 da 4.000 unità può arrivare a 5.000 se nel 2018 si raggiungesse l’obiettivo dei 4.000 prepensionamenti dell’articolo 4 e se dovesse crescere l’adesione agli esodi incentivati;
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Solidarietà espansiva con la riduzione dell’orario di lavoro giornaliero di 20 minuti di tutto il personale TIM per i prossimi 24 mesi;
• 2000 assunzioni, finanziate con la solidarietà espansiva. Il contratto tipo per i neoassunti sarebbe quello di apprendistato;
• Formazione per reinternalizzazione di attività e riconversione professionale.
Per poter raggiungere gli obiettivi prefissati, l’Azienda ha bisogno di raggiungere un accordo sindacale entro febbraio, in modo da avviare la solidarietà espansiva dal 1° marzo e iniziare il piano di assunzioni dal 1° luglio.
Il neo nominato responsabile delle risorse umane ha dichiarato che, in mancanza di accordo sindacale, l’Azienda procederà unilateralmente secondo un piano non ben precisato.
Siamo di fronte ad un ricatto fatto da una dirigenza strapagata di una multinazionale in utile ma che vuole fare cassa sulle spalle dei lavoratori e, a nostro avviso, a scapito del servizio pubblico.
A finanziare la ristrutturazione di TIM saranno i “dipendenti in essere” che, con la solidarietà espansiva, avranno una decurtazione di diverse centinaia di euro l’anno, ma dovranno mantenere alte le prestazioni individuali, lavorando di più e guadagnando di meno. Il piano ideato dall’AD Amos Genish lo pagheranno anche i nuovi lavoratori che saranno assunti, in regime di Jobs Act, con la formula dell’apprendistato che li renderà ancora più ricattabili e licenziabili.
Questa pesante ristrutturazione aziendale deve trovare sulla sua strada la risposta forte e decisa dei lavoratori TIM, tecnici, Caring e impiegati.
Vogliamo una riduzione d’orario a parità di salario, incentivi veri per chi vuole andare in pensione e assunzioni con pieni diritti e senza jobs act per i neo assunti!
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