La recente sentenza del Tar del Lazio che ha respinto il ricorso presentato da USB e da altri sindacati contro la nuova regolamentazione degli scioperi per il trasporto pubblico locale, definita unilateralmente dalla Commissione di Garanzia, dimostra quanto sia in pericolo non soltanto l’esercizio costituzionale del diritto di sciopero ma la Costituzione stessa.
Senza entrare ora nel merito della sentenza e ricordando soltanto che dichiara legittima la regolamentazione emanata dalla Commissione che di fatto riduce la possibilità di sciopero per tutti i lavoratori e le lavoratrici del settore e lo vieta addirittura per specifiche figure professionali, è evidente che complessivamente e ormai da molto tempo il sistema stia tentando di ridurre drasticamente qualsiasi forma di conflitto sociale, spesso giocando mediaticamente e strumentalmente su luoghi comuni e generalizzazioni ormai inculcate in gran parte della popolazione, nel lessico e nel pensiero comune che in questa fase storica del paese sembra aver vinto, anche culturalmente.
Ciò che a noi appare gravissimo è che i tre fondamentali poteri dello Stato, quello esecutivo, quello legislativo e quello giudiziario, sembrano tutti concentrati in un attacco al diritto di sciopero.
Chi adoperandosi in provvedimenti e iniziative sempre più restrittive rispetto al diritto del lavoro e al diritto di sciopero.
Chi legiferando le normative antisciopero e al tempo stesso sottraendosi però dall’obbligo di decidere su una legge democratica sulla rappresentanza.
Chi giudicando troppo spesso in modo approssimativo, riprendendo pedissequamente le decisioni e le posizioni della Commissione di garanzia che di fatto è diventata la detentrice e l’interprete unica di una legge che dalla sua nascita è stata ancor più appesantita e peggiorata.
Questo è ciò che è accaduto ad esempio con la sentenza del Tar di cui stiamo trattando.
D’altra parte l’attacco non è rivolto al solo diritto di sciopero: siamo di fronte, e non solo da oggi, a un depotenziamento continuo e progressivo dei principi e di gran parte della stessa Costituzione.
Il diritto al lavoro, alla salute, all’istruzione e tanti altri principi della nostra carta fondamentale, vengono disattesi, rimangono inapplicati, sono ignorati, sono spesso interpretati in modo errato. Tutto in nome del “sacro principio della supremazia dei mercati” sul lavoro, dell’imprenditoria sui beni comuni e sui diritti sociali, dell’economia e della finanza sull’umanità stessa che dovrebbe essere alla base di ogni società civile.
Noi preferiamo rimanere umani, legati alla gente comune, ai suoi diritti e non alla borsa, alle esigenze della BCE e dell’Unione Europea che un giorno sì e l’altro pure ci “ricorda” che siamo soltanto numeri e che i bilanci sono più importanti della vita dei cittadini di questo continente.
Per questo difendiamo e difenderemo il diritto di sciopero, ovunque venga attaccato, in qualsiasi modo tale attacco si manifesti. E per difendere il diritto di sciopero l’arma principale che abbiamo è proprio il suo esercizio. Quindi sciopereremo di nuovo, tra gli autoferrotranvieri e in tutte le circostanze e tutte le realtà di lavoro dove è e sarà necessario contrapporsi alle aziende, pubbliche o private che siano.
E insieme continueremo a costruire quel sindacato indipendente e conflittuale che è USB, alternativo a Cgil, Cisl e Uil che per prime, nei primi anni ’90, ispirarono e chiesero a gran voce quella legge contro lo sciopero che oggi colpisce anche loro, ma soprattutto che tenta di disarmare i lavoratori.
Difendere il diritto di sciopero significa difendere la Costituzione: su questo obiettivo chiamiamo a raccolta tutte le lavoratrici e i lavoratori, tutti coloro che il 4 dicembre del 2016 dissero NO al Referendum che intendeva stravolgere definitivamente la nostra Carta Fondamentale.
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