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Contratti nazionali 2016-18. L’Inps conferma: l’elemento perequativo è una miseria

Con il messaggio n. 3224/2018 pubblicato il 30 agosto, l’INPS conferma quello che USB P.I sostiene da tempo sull’elemento perequativo, introdotto nei nuovi contratti 2016/2018 del pubblico impiego.

Nella nota viene specificato che lo stesso, dopo l’uniformazione delle basi contributive e fiscali (Dlgs 314/1997), non è esentato dal prelievo previdenziale e/o fiscale, e pertanto subirà gli ordinari prelievi, compresi i contributi al Fondo Credito gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali ed all’Assicurazione sociale vita (ex ENPDEP).

Dall’imponibilità contributiva deriva la sua valutabilità ai fini della determinazione della retribuzione media pensionabile per il calcolo della quota B di pensione, e per l’accumulo del montante contributivo utile per la definizione della quota C (contributiva).

Al contrario l’elemento perequativo non è valutabile ai fini della determinazione della quota A di pensione, né della cosiddetta “retribuzione virtuale”, cioè quella per cui l’Inps è chiamato ad integrare la retribuzione persa per effetto di istituti di assenza (congedo parentale e similari), così come per la retribuzione virtuale a carico dei datori di lavoro, nei casi di assenza per malattia.

Inoltre tale emolumento, come chiaramente specificato nei contratti, non può essere considerato utile ai fini dell’indennità di buonuscita o di anzianità, del trattamento di fine rapporto, dell’indennità sostitutiva del preavviso.

Si conferma chiaramente quindi che non solo siamo di fronte ad una miseria dal punto di vista economico, che non risolve affatto il problema della differenza stipendiale elevatissima tra qualifiche più basse e qualifiche più alte, ma ad un vero e proprio imbroglio, anche perché limitato nel tempo e senza alcuna certezza per il futuro.

Un vero e proprio “FUORI BUSTA”… nella busta, una sorta di retribuzione “GRIGIA” per dieci mesi, che rappresenta, oltre ad un’inaccettabile presa in giro, la più clamorosa negazione della certezza del salario e del valore dello stesso CCNL, sul cui smantellamento CGIL, CISL, UIL, hanno alacremente lavorato in accordo con i vari governi nei nove lunghi anni di blocco contrattuale e delle retribuzioni.

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