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L’Ungheria torna allo schiavismo: 400 ore di straordinario obbligatorio

A leggere certi articoli sale una rabbia incontenibile. Capita che in Ungheria il governo Orbàn – di estrema destra, razzista, solidale con Salvini quando si parla di immigrati ma pronto a dargli addosso quando c’è in ballo lo sforamento del “patto di stabilità – approvi una “riforma del lavoro” criminale. Ma non troppo diversa dal Jobs Act o da quella di Macron. Anzi, sembra fatta con lo stampino stampato a Bruxelles.

C’è comunque un punto “innovativo”, completamente ungherese: 400 ore l’anno di straordinario obbligatorio, in effetti, non si vedono da molte parti… Anche con la legge precedente erano “solo” 250. Come se non bastasse la legge prevede che le aziende possano pagarle dopo tre anni da quando sono state fatte.

Meglio non farlo sapere a Confindustria, che magari potrebbe volere un legge uguale in tempi rapidi, minacciando delocalizzazioni a pioggia in Ungheria. Del resto, questa legge è proprio figlia del  tipo di Europa che l’Unione Europea va costruendo. Un insieme dove ogni nazione è disposta a calpestare qualsiasi diritto pur di attrarre aziende sul proprio territorio a discapito dei paesi soci. Sotto questo profilo, si tratta di una legge “virtuosissima”, perché permette di aumentare il Pil dell’Ungheria e di abbattere conseguentemente il famoso parametro Debito/Pil.

Bene, cioè male. Ma Repubblica riesce a infilare il biscotto della “finta contrapposizione” anche in una notizia che al suo editore – Debenedetti – non può che far piacere. E così parte il solito aggettivo – “sovranista” – che dovrebbe far concentrare l’astio dei lettori sull’ungherese “amico di Salvini”, sorvolando sui contenuti di una legge “schiavistica” molto simile a quella vigente in Italia “grazie” a Renzi e al Pd.

E pensare che Orbàn ha usato persino gli stessi argomenti renziani (e montiani, e salviniani) per difendere il suo provvedimento: sarebbe infatti una legge a favore dei lavoratori “perché chi vuole lavorare di più per avere più soldi adesso può farlo”.

Di fatto, con questa legge in Ungheria torna il sesto giorno di lavoro settimanale obbligatorio, cancellando l’epoca della “settimana corta”.

Tornando all’Ungheria, la mossa di Orbàn ha avuto se non altro il merito di rivitalizzare il pacioso sindacato magiaro, fin qui silente, che ha immediatamente indetto scioperi e manifestazioni.

Ma, come si dice dalle nostre parti, una volta fatto 30, meglio chiedere carta per provare a fare 31. E così, sempre nella giornata di mercoledì, c’è stata un’altra riforma che ha fatto scatenare il caos di fronte al parlamento ungherese.

Si tratta della creazione di una sorta di “seconda Corte di giustizia”, cosiddetta “amministrativa”, che avrà il compito di sorvegliare sui casi di pubblica amministrazione giudicati più sensibili: si legga, elezioni, appalti pubblici, ecc. Questa nuova Corte risponderà direttamente a Laszlo Trocsanyi, ministro della giustizia e fedele alleato di Orbàn.

Come se non bastasse, l’opposizione ha considerato il voto come inficiato da numerose irregolarità tecniche, accusa cui Laszlo Kover, altro fedele di Orbàn, ha risposto dichiarando che il tentativo di ostruzione portato avanti «non ha  precedenti nei 28 anni di democrazia ungherese».

Un classico: A smantella i diritti di B, e se B protesta, B vìola la democrazia.

 

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