La Procura di Milano ha aperto una indagine sulla condizione dei riders, i ciclofattorini che consegnano il cibo a domicilio. L’inchiesta è, al momento, a modello 45, cioè non costituenti notizie di reato, ma presto dovrebbero essere formalizzati i titoli di reato.
Oltre alla violazione delle norme antinfortunistiche e di sicurezza stradale, l’indagine dovrebbe far luce anche sull’aspetto di sfruttamento dei lavoratori e tra i lavoratori, come il caporalato, e sulla presenza di immigrati non regolari tra coloro che effettuano le consegne. Ad agosto, dai controlli effettuati dalla polizia locale su 30 rider, sono stati trovati solo 3 lavoratori clandestini, senza documenti in regola. Tra i trenta rider fermati dalla Polizia locale risultano esserci pochissimi italiani. Saranno tutti convocati dai pm nelle prossime settimane per essere sottoposti a colloqui più approfonditi, attraverso domande uguali per tutti, come il tipo di rapporto di lavoro che hanno contratto, il salario e le indicazioni che ricevono, anche quelle di carattere igienico – sanitario, per valutare se il cibo venga conservato in condizioni adeguate prima di essere consegnato.
I magistrati intendono valutare se persista anche l’ipotesi del cosiddetto caporalato telematico, cioè la cessione degli strumenti di lavoro, in particolare gli smartphone con le app per le consegne, a immigrati irregolari.
La Procura di Milano ha aperto un’indagine conoscitiva sul fenomeno dei rider anche relativamente all’aspetto della sicurezza pubblica sulle strade a causa di numerosi incidenti stradali spesso mortali.
Qui di seguito un commento all’indagine della magistratura milanese da parte della Riders Union di Bologna
BASTA CAPORALATO E SFRUTTAMENTO: SUBITO UNA LEGGE PER ESTENDERE I DIRITTI!
La procura di Milano ha aperto un’indagine conoscitiva sullo sfruttamento dei riders, con riferimento particolare alle piattaforme Glovo e Deliveroo. Secondo alcune inchieste giornalistiche, infatti, soprattutto a Milano si sarebbero verificati gravissimi casi di caporalato ai danni di lavoratori migranti cui veniva decurtata buona parte del già povero stipendio come contributo per l’affitto dell’applicazione.
Per noi è l’ennesima conferma di quanto sosteniamo da tempo: nel nostro settore regna la deregolamentazione più selvaggia, che può aprire la strada anche a quei fenomeni che sono finiti sotto la lente d’ingrandimento dei giornali e della procura milanese. Esiste, infatti, una zona grigia del diritto del lavoro, dove prospera la sete di profitto delle piattaforme e ogni negazione dei diritti dei riders è consentita.
Aspettando di conoscere gli esiti delle indagini, ci teniamo a sottolineare con forza alcuni aspetti. La fuga dalle regole e dall’applicazione dei diritti dei lavoratori è costitutiva del modello di business delle piattaforme: esse non possono in alcun caso lavarsi né le mani né la coscienza. Questo comporta situazioni di estrema ricattabilità, che nel caso dei migranti senza permesso di soggiorno diventano condizioni infernali di sfruttamento. Riteniamo necessario ribadire che la nostra pazienza è finita. Serve al più presto una legge seria che estenda i diritti del lavoro subordinato ai riders: su questo il nuovo governo non può né prendere tempo né far finta di nulla contravvenendo al suo dovere. In questo modo si garantirebbero maggiori tutele ai lavoratori e si permetterebbe una severa stretta contro i contratti falsamente autonomi, che non permettono ai migranti di maturare i requisiti per ottenere il permesso di soggiorno.
Per noi non c’è alternativa: bisogna fare in fretta, affinché nessuno sia lasciato senza le tutele che gli spettano. La battaglia per il permesso di soggiorno per tutti coloro che lavorano nel food delivery è per noi un passo centrale: sono sempre i diritti il miglior antidoto ai ricatti del caporalato e della clandestinità.
Quando abbiamo urlato “non per noi ma per tutti” intendevamo esattamente questo: nessun rider deve consegnare senza diritti, nessun lavoratore deve essere privato dei documenti. Noi, come sempre, non rimarremo con le mani in tasca ma, con il cubo in spalla e la rabbia di chi non vuole più accettare soprusi di ogni tipo, saremo in strada a combattere lo sfruttamento metro per metro.
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