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L’accordo Embraco è fallito perché è un bidone

Ieri i lavoratori Embraco di Torino sono giustamente scesi in sciopero e hanno manifestato perché rischiano di finire tutti disoccupati, molti di loro lo sono già. Ai lavoratori e alla loro lotta va tutta la nostra solidarietà, non solo perché hanno tutte le ragioni, ma perché sono vittime di un accordo bidone, che non poteva che dare i frutti marci che ha dato.

Ricordate il ministro Carlo Calenda durissimo con i dirigenti della multinazionale che chiudeva la fabbrica? Poi alla vigilia del voto del 4 marzo 2018, guarda caso, venne l’accordo, con il quale la multinazionale si disfava della fabbrica con il beneplacito del governo e la complicità dei sindacati confederali.

Io ero ai cancelli dell’Embraco a Chieri il 2 marzo, sotto una nevicata che rendeva difficile ai lavoratori fermarsi per discutere. Tuttavia molti discussero con i compagni di Potere al Popolo e con me, alcuni fiduciosi nell’accordo annunciato, altri già scettici. Noi dicemmo chiaramente che quell’accordo era un bidone perché prometteva la reindustrializzazione, ma intanto chiudeva tutto, delocalizzava produzione ed impianti e lasciava tutti a casa. Poi nelle assemblee prevalse inevitabilmente il sospiro di sollievo per i licenziamenti sostituiti dalla cassa integrazione.

Finché c’é vita c’è speranza e le organizzazioni sindacali giocarono su questo sentimento comprensibilissimo per far passare un accordo che era aria fritta. Infatti si susseguirono programmi produttivi favolistici, che spaziavano dalle energie alternative ai giocattoli.

Il risultato è che la maggioranza del lavoratori sono fuori dalla fabbrica e quelli che sono stati assunti dalla nuova attività imprenditoriale non hanno fatto un solo giorno di lavoro. Il ministro di Di Maio, che aveva sostituito Calenda, ha continuato a sostenere l’accordo anche dopo che esso aveva cominciato a rivelarsi per quello che era. Il governo attuale per ora tace.

Tutto questo ha una sola causa: la scelta sbagliata e colpevole di accettare la chiusura della fabbrica e di inventare programmi di reindustrializzazione, che non hanno MAI funzionato, da nessuna parte. Il lavoratori ex FIAT ora BlueTech, a casa senza neanche la cassa integrazione, ne sanno qualcosa. E con essi tanti altri.

Il solo modo per costringere le multinazionali a finirla con delocalizzazioni e licenziamenti è colpirle nei soldi e nella produzione. O andate avanti voi, o nazionalizziamo la fabbrica e andiamo avanti noi a spese vostre. Questo dovrebbero chiedere le organizzazioni sindacali e questo dovrebbe essere il comportamento di un governo che volesse davvero cambiare rispetto al passato.

Se invece governo e sindacati confederali continueranno a sperare nell’arrivo dell’imprenditore buono che salvi tutti, continueranno ad illudere ed imbrogliare i lavoratori. Fino alla loro definitiva disoccupazione.

La vicenda Embraco è importante perché insegna cosa non si deve fare, come non ci si deve comportare. Per questo i lavoratori Whirlpool fanno bene o a rifiutare qualsiasi accordo che non preveda la continuità della produzione e del lavoro per tutti. E i lavoratori Embraco faranno bene ad unirsi a quella lotta con gli stessi obiettivi. Solidarietà totale a chi lotta, ma adesso basta farsi imbrogliare.

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