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Sanità. Una piattaforma per le lavoratrici e i lavoratori in prima linea

Sulla situazione di chi lavora nella sanità, l’Usb ha elaborato una piattaforma sulla quale creare tutti i presupposti affinchè le cose cambino, da subito dentro l’emergenza coronavirus e per l’immediato futuro.

Mettere in sicurezza le lavoratrici e i lavoratori della sanità Restituire dignità alla funzione sociale della cura Garantire il diritto alla salute

Dall’inizio dell’emergenza sanitaria determinata dal Covid19 sono oltre diecimila gli operatori sanitari contagiati e più di 100 i morti. Un bilancio tristemente destinato a crescere e, in gran parte, determinato dalla criminale improvvisazione con la quale si è risposto ad una emergenza di sanità pubblica che, per sua natura, si contiene e contrasta sul territorio  – sotto una rigida regia centrale  – e non negli ospedali.

Ma la medicina territoriale, gli osservatori epidemiologici e i piani pandemici regionali e, più in generale, il sistema di prevenzione, in questo Paese non esistono più, cancellati da tagli, privatizzazioni e piani di rientro.

Lasciati alla mercé di una regionalizzazione della sanità pubblica che mai come ora ha dimostrato la sua sciagura. A partire da quella regione, la Lombardia, che aveva la presunzione di assurgere al ruolo di modello nazionale di riferimento.

Cancellata la prevenzione e completamente privatizzata la riabilitazione, rimane solo la cura – il sistema ospedaliero – e anche questo non se la passa molto bene, vista la rapidità con la quale gli ospedali si sono trasformati in veri e propri focolai di trasmissione, interno ed esterno, del contagio. Non a caso siamo da anni tra i primi paesi europei per numero di infezioni ospedaliere.

La chiusura di decine di ospedali, il taglio dei posti letto, la carenza di personale e l’assenza di formazione/aggiornamento, le strutture obsolete e spesso non rispondenti alle norme di sicurezza, le tecnologie non al passo coi tempi sono il risultato di 20 anni di costante demolizione del sistema sanitario pubblico in ossequio alla logica del profitto e per favorire la sanità privata. La stessa che oggi ha dimostrato tutta la sua inutilità e dannosità, come evidenzia la drammatica situazione delle RSA, e che andrebbe requisita senza alcun indennizzo.

In questo contesto, le cui responsabilità politiche sono sotto gli occhi di tutti e per le quali non faremo sconti a nessuno, il prezzo più alto lo stanno pagando i lavoratori e le lavoratrici – in primis quelli della sanità – e i cittadini, a partire dai più fragili.

Passata l’emergenza, e siamo ben lontani, chi restituirà il diritto alla salute a quelle migliaia di cittadini che per mesi non hanno avuto e non avranno garantite le cure perché tutto il sistema è stato trasformato in risposta al Covid 19?

Ma proprio perché l’emergenza durerà a lungo crediamo sia necessario ribadire alcuni punti irrinunciabili per la salute, la sicurezza e la dignità delle lavoratrici e lavoratori della sanità.

DPI. Il personale sanitario, e non solo, deve essere dotato di tutti i dispositivi di protezione individuale di sicurezza adeguati al contesto in cui opera, alle manovre che deve effettuare e nelle quantità necessarie. Il personale deve essere formato all’uso dei DPI e deve essere garantito il tempo necessario di vestizione e svestizione.

TAMPONI. I tamponi devono essere effettuati a tutto il personale sanitario che si trova a fronteggiare l’emergenza. Le disposizioni che prevedono l’effettuazione del test solo sui sintomatici hanno fatto sì che gli stessi operatori sanitari siano divenuti vettore di contagio.

ISOLAMENTO. Le Regioni devono garantire e farsi carico,anche economicamente,dell’isolamento o della quarantena degli Operatori Sanitari fuori dagli ambienti domestici, a salvaguardia della salute dei conviventi.

ASSUNZIONI.  Si avvicina alle 100 mila unità la carenza di Infermieri in questo Paese, a cui si aggiunge quella delle altre figure sanitarie, in particolare gli OSS. Siamo fanalino di coda in Europa per rapporto tra personale di assistenza e popolazione. Il decreto Cura Italia prevede assunzioni precarie di Infermieri; si richiamano i pensionati in corsia e si ricorre ai medici militari. È, invece, necessaria la reinternalizzazione dei servizi e dei lavoratori e un Piano straordinario di assunzioni stabili nella sanità pubblica. L’enorme carenza di personale di assistenza è infatti tra le cause primarie, insieme all’assenza o inadeguatezza dei DPI, della mancata sicurezza degli Operatori. Così come pure risulta necessaria l’abolizione del numero chiuso alla facoltà di Medicina ed una seria programmazione delle specializzazioni.

INFORTUNIO SUL LAVORO. Il fatto che il COVID 19 sia riconosciuta come causa di infortunio non garantisce di per sé che ciò avvenga. È necessario quindi intervenire sul datore di lavoro perché non occulti le responsabilità delle condizioni di lavoro.

INDENNITÀ/INCENTIVI. Rimaniamo fermamente contrari alla monetizzazione del rischio ma riteniamo che vadano riconosciute le condizioni eccezionali di lavoro destinate, peraltro, a protrarsi nel tempo. È necessario, quindi,pretendere che le Regioni stanzino risorse straordinarie per tutti gli operatori sanitari impegnati nel contrasto all’emergenza in atto, oltre alla garanzia dell’estensione dell’indennità di malattie infettive. L’erogazione degli incentivi non può essere una tantum ma fissa e ricorrente per tutto il periodo dell’emergenza, in attesa dell’apertura della nuova stagione contrattuale.

POTENZIAMENTO DELLA RETE TERRITORIALE. Per contrastare i contagi, ridurre la pressione sugli ospedali, e fare così in modo che possano ritornare a rispondere alle necessità dei cittadini, mettere in sicurezza il personale è necessario il potenziamento della rete territoriale delle cure. Test sulla popolazione, tracciamento epidemiologico dei contatti, sorveglianza sanitaria dei soggetti in isolamento sono solo alcune delle risposte necessarie alla messa in sicurezza del personale sanitario e di tutti i cittadini.

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