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Diritto di sciopero. Il ricorso Usb contro la “Commissione di garanzia”

Diritto di sciopero, USB alla Commissione di garanzia: il 25 marzo nessuna violazione della legge, archiviare il procedimento

L’Unione Sindacale di Base ha inviato ieri mattina alla Commissione di Garanzia una memoria difensiva, preparata con i legali di Usb, contro la delibera con la quale il 26 marzo scorso la Commissione annunciava l’apertura di un procedimento per la presunta violazione della legge 146 del 1990 in seguito allo sciopero generale del 25 marzo, chiedendo l’archiviazione del procedimento stesso.

A seguire il testo della memoria.

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Alla Commissione di Garanzia dell’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali

SCRITTI DIFENSIVI

Per la confederazione sindacale Unione Sindacale di Base – U.S.B.,con sede in Roma, via dell’Aeroporto  129, in persona di Paola Palmieri, nella sua qualità di Legale Rappresentante Nazionale pro-tempore, domiciliata ai fini del presente atto presso lo studio dell’Avv. Arturo Salerni in Roma Via Alberico II 4 (pec arturosalerni@), che la assiste unitamente agli Avvocati Carlo Guglielmi, Andrea Danilo Conte e Maria Rosaria Damizia, e che unitamente sottoscrive,

DI SEGUITO

alla delibera n.20/89 pos. 572/20 adottata dalla Commissione di Garanzia nella seduta del 26 marzo 2020 e notificata in pari data, che qui si intende integralmente trascritta ed impugnata, con la quale si dispone l’apertura del procedimento, ai fini della valutazione del comportamento di cui agli articoli 4, comma 4-quater, e 13, comma 1, lettera i), della legge n. 146 del 1990, e successive modificazioni, nei confronti della scrivente confederazione sindacale in relazione allo sciopero generale di 24 ore in tutte le unità produttive pubbliche e private indetto dalla confederazione Unione Sindacale di Base per il giorno 25 marzo 2020.

Nella suddetta delibera si contesta il mancato rispetto del termine di preavviso, la mancata garanzia delle prestazioni indispensabili, il mancato rispetto delle regole relative all’obbligo di sospendere gli scioperi in casi di avvenimenti eccezionali di particolare gravità o di calamità naturali contenute nelle discipline di settore Pulizie/Multiservizi, Poste, Telecomunicazioni, Settore radiotelevisivo, Carburanti, Scuola, Ministeri, Regioni e Autonomie Locali, Ricerca, Università, Enti Pubblici non Economici, Circolazione e Sicurezza Stradale, Consorzi di bonifica, Funerario, Metalmeccanici.

Si depositano le presenti note con espressa riserva di ulteriormente argomentare, dedurre e richiedere nel termine di giorni trenta a decorrere dalla data del 3 maggio 2020, in relazione alla sospensione dei termini procedimentali disposta in forza delle disposizioni di cui all’art. 37 del decreto legge n. 23/2020 e all’art. 103 del decreto legge 18/2020.

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In data 21 marzo 2020 (con atto prot.n./200321/023) la Confederazione USB comunicava al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro del Lavoro, al Ministro della Funzione Pubblica, all’Osservatorio sugli Scioperi del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti la decisione di proclamare uno sciopero generale per tutte le unità produttive pubbliche e private per il giorno 25 marzo 2020 della durata di 24 ore, richiamando la previsione contenuta nell’art.2 comma 7 della Legge 146/90 e successive modificazioni.

Veniva espressamente indicato che lo sciopero sarebbe stato attuato invece in forma simbolica, ovvero per la durata di un minuto, con riguardo ai lavoratori impiegati nelle prestazioni di soccorso alla popolazione.

Si affermava espressamente: “L’articolazione dello sciopero generale avrà una diversa forma di attuazione unicamente per i lavoratori impiegati direttamente nelle prestazioni di soccorso alla popolazione, che attueranno lo sciopero in forma simbolica per la durata di 1 (uno) minuto da svolgersi: – personale a qualsiasi titolo operante nel settore Sanità (Medici, Infermieri, OSS, personale ausiliario o operaio a qualsiasi titolo e con qualsiasi contratto di lavoro) 1 minuto tra le ore 13,30 e le ore 14,30 del 25 marzo 2020;  – personale addetto alla distribuzione dei medicinali e alle farmacie 1 minuto a fine di ogni turno di lavoro; – personale della Polizia Municipale o locale impegnato nei controlli COVID 19 1 minuto alla fine di ogni turno di lavoro; – personale impiegato al contrasto della pandemia nell’ ISS – Istituto Superiore di Sanità 1 minuto a fine di ogni turno; – personale in forza al Corpo Nazionale Vigili del Fuoco, 1 minuto a fine di ogni turno; – personale addetto ai Trasporti 1 minuto ad inizio ogni turno di lavoro; – personale delle aziende erogatrici di Energia, gas, acqua 1 minuto all’inizio di ogni turno di lavoro; – personale delle aziende che forniscono servizi di Igiene Ambientale 1 ora di sciopero ad inizio di ogni turno; -personale delle cooperative sociali o dipendente da imprese addetti alla assistenza e cura delle persone 1 ora a fine turno.

In data 24 marzo 2020 (con atto protocollo 0003958) la Commissione di Garanzia inviava alla Confederazione USB e ai destinatari della proclamazione, oltre che al Presidente del Senato e al Presidente della Camera, una nota con la quale “richiamando la propria delibera del 24 Febbraio 2020 (non proclamare scioperi e sospendere quelli già proclamati fino al 31 Marzo 2020), invita Usb a rinviare lo sciopero proclamato riservandosi di accogliere manifestazioni dimostrative della durata meramente simbolica”.

In data 24 Marzo 2020 la Confederazione USB (con atto prot. n/200324/027) trasmetteva una nota alla Commissione di Garanzia e agli altri destinatari sopra indicati con la quale comunicava l’impossibilità di rinviare lo sciopero generale del 25 marzo 2020, poiché non erano venute meno le motivazioni alla base della proclamazione del 21 marzo 2020; nella medesima nota USB ampliava l’elenco dei settori in cui lo sciopero sarebbe stato attuato nella forma simbolica dell’astensione dal lavoro per un minuto, ovvero nei settori dell’igiene urbana, delle cooperative sociali e dei dipendenti da imprese addette all’assistenza e cura delle persone.

In data 26 marzo 2020 veniva notificato alla scrivente confederazione (con protocollo 0004087) l’atto indicato in epigrafe.

Va sottolineato che U.S.B., a partire dal 24 Marzo 2020, ha inviato ai Prefetti atti di formale diffida con riguardo alle possibili decisioni di aprire attività produttive senza il rispetto delle prescrizioni necessarie per la tutela della salute dei lavoratori, ovvero riguardanti la riapertura di attività non ricomprese tra quelle essenziali.

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Le ragioni dello sciopero indetto da USB non lasciano spazio a dubbi.

Esse sono indicate a chiare lettere nella proclamazione dello sciopero datata 21 marzo 2020 che già nell’intestazione recita: “Proclamazione dello sciopero generale ai sensi dell’art. 2 comma 7”.

Nell’atto di proclamazione USB richiama esplicitamente la circostanza per cui “nei luoghi di lavoro non sono state assunte tutte le tutele necessarie ancorché previste dalle leggi in vigore in materia di prevenzione e sicurezza” e “l’aggravarsi del contagio e la sua diffusione in tutto il territorio nazionale”, nonché il “livello di gravità che ha assunto la pandemia, così facendo mettendo in una situazione di enorme rischio l’incolumità e la sicurezza dei lavoratori”.

Alla luce di queste premesse nell’atto di proclamazione si ritiene “senza alcun dubbio la Pandemia Coronavirus ricadente sotto la fattispecie di grave evento lesivo dell’incolumità e della sicurezza dei lavoratori” e pertanto lo sciopero viene proclamato ai sensi “dell’articolo 2 comma 7 della Legge 146/90 e seguenti in cui si afferma che le disposizioni della stessa legge… “in tema di preavviso minimo e di indicazione della durata non si applicano nei casi di astensione dal lavoro in difesa dell’ordine costituzionale, o di protesta per gravi eventi lesivi dell’incolumità e della sicurezza dei lavoratori”.

Occorre ricordare in questa sede che lo sciopero è stato indetto in un contesto in cui la violazione delle normative in materia di sicurezza trovava puntuale segnalazione non solo in specifiche denunce formulate dai lavoratori, i quali segnalavano numero situazioni e contesti nei quali le più elementari norme di sicurezza erano del tutto assenti o sistematicamente violate, ma erano rilevabili anche in numerose notizie diffuse dagli organi di informazione e sui social network.

Più precisamente erano numerosi i casi, segnalati dai lavoratori e dai media, nei quali diverse aziende (spesso collocate nelle zone in cui si avevano i maggiori focolai dell’epidemia) non rispettavano né la normativa in materia di dispositivi di sicurezza né quella relativa alla prevenzione in materia di distanza sui luoghi di lavoro.

In questa situazione USB ha ripetutamente tentato, negli ambiti in cui è presente, di chiedere il rispetto della normativa vigente, supportando i lavoratori, segnalando le situazioni di palese violazione, chiedendo alle aziende il rispetto degli obblighi di fornitura delle dotazioni e delle procedure. Ma tali inviti e tentativi nella maggior parte delle ipotesi sono risultati vani e senza esito.

Occorre altresì ricordare, per meglio dettagliare il contesto in cui è avvenuta l’indizione dello sciopero, che tutte le fonti ufficiali di contrasto all’emergenza in corso e tutti i dati ufficiali evidenziavano come i luoghi principali di diffusione del contagio dovessero essere ritenuti proprio i luoghi di lavoro, contesti nei quali il contatto fisico è più facile e quindi, in assenza dei dispositivi previsti e senza il rispetto delle prescrizioni in materia, più facile il contagio.

Il mancato rispetto delle norme preventive imposte dalla normativa ha quindi costituito, come confermato dai dati ufficiali, la causa principale di diffusione dell’epidemia.

È a questa condotta che va attribuita la responsabilità per la perdita di tante vite umane; chi si è macchiato della prosecuzione dell’attività senza approntare le necessarie norme preventive, deve essere ritenuto responsabile dei “danni al Paese, dei danni alle imprese e alle istituzioni”. Peraltro, il fatto che si stessero “sottovalutando”, se non palesemente violando, le norme preventive ordinarie e straordinarie è stato evidenziato da Codesta Commissione, che nella nota del Presidente 12 marzo 2020 prot. n. 3678/GEN – preso atto che notizie di stampa riportavano sempre più frequenti notizie della mancata attuazione da parte delle aziende delle misure di sicurezza contenute nei provvedimenti governativi – rivolgeva “un fermo invito alle aziende e alle amministrazioni erogatrici di servizi pubblici ad osservare scrupolosamente quanto previsto dai richiamati provvedimenti governativi”.

Non vi è dubbio dunque che il quadro generale legittimava l’USB all’indizione di uno sciopero ai sensi dell’art. 2 comma 7 l. 146/1990, non solo in relazione al fatto che la valutazione in ordine alla esistenza di una situazione di pericolo per l’incolumità dei lavoratori ed alla conseguente proclamazione dello sciopero spetta unicamente all’organizzazione sindacale, e che la situazione generale fosse quella sopra descritta, ma anche con riguardo agli eventi successivamente determinatisi.

Va rammentato peraltro, al fine di una valutazione della specificità e drammaticità della situazione e del comportamento responsabile della scrivente Confederazione, determinata comunque allo svolgimento delle opportune azioni sindacali intese alla tutela della incolumità dei lavoratori, che qualche settimana prima la stessa Usb aveva proclamato per la data dell’8 Marzo 2020 uno sciopero generale facendo propria la richiesta del movimento “Non una di Meno” peraltro rivolta a tutte le organizzazioni sindacali, e che in quella occasione, recependo le decisioni della Commissione di Garanzia – come formalizzate nella Delibera del 24 Febbraio 2020 -, la scrivente Confederazione aveva revocato lo sciopero.

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In data 24 marzo 2020 il Presidente del Consiglio dei Ministri comunicava l’intenzione del governo di dettare disposizioni limitative dell’attività produttiva in relazione all’esigenza di tutelare la sicurezza dei lavoratori; il giorno successivo veniva emesso specifico decreto, e con un successivo accordo si addiveniva ad una nuova definizione (più restrittiva rispetto al decreto ministeriale) dei limiti da porre alle attività produttive e lavorative.

Lo sciopero generale (di tutte le categorie di lavoratori a sostegno e per la tutela dei segmenti del mondo del lavoro più drammaticamente esposti al contagio ed alle drammatiche conseguenze del COVID 19) proclamato dalla scrivente organizzazione sindacale, nella situazione descritta e nell’ambito normativamente inquadrato dall’art. 2 comma 7 della legge 146 del 1990, non solo poggiava su un quadro fattuale evidentemente e dolorosamente esistente, ma si è inserito – con esiti positivi grazie alla mobilitazione trasversale e solidale del mondo del lavoro – nella dinamica che ha condotto a prescrizioni e restrizioni che, sia pure ritenute ancora oggi non sufficienti dalla USB, probabilmente hanno contribuito ad evitare un ulteriore e più doloroso aggravamento delle conseguenze, anche in termini di sacrificio di vite umane, della pandemia nei luoghi di lavoro ed in tanti ambiti della vita sociale del nostro Paese.

Preme in questa sede ricordare che la deroga contenuta nella suddetta fattispecie normativa di cui all’art. 2 della legge 146 non lascia dubbi interpretativi e non consente divagazioni ermeneutiche: in presenza di gravi eventi lesivi per la sicurezza dei lavoratori, ricorrono gli estremi per l’invocazione della deroga prevista, una deroga che deve ritenersi prevalente rispetto agli altri interessi alla cui tutela è finalizzata l’applicazione della normativa ordinaria.

La norma è finalizzata infatti a tutelare interessi ritenuti prevalenti, come ricorda autorevolmente la Corte Costituzionale nella sentenza 276/1993. In tale sentenza la Corte, se da un lato rigetta la tesi che lo sciopero politico possa rientrare nelle ipotesi di cui al settimo comma, dall’altro invece ribadisce la prevalenza della tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori in ipotesi di grave pericolo della sicurezza degli stessi affermando che “di tutt’altra natura sono gli interessi difesi dai lavoratori nei casi previsti dall’ultimo comma dell’art. 2: poiché ineriscono alla persona e a interessi fondamentali della collettività” e che in tale fattispecie “il bilanciamento con i diritti degli utenti di cui all’art. 1, comma 1, della legge deve avere un esito diverso e meno incisivo sull’esercizio del diritto di sciopero”.

Di talché – anche sotto tale profilo – si chiede di addivenire alla archiviazione della procedura sanzionatoria avviata dalla Commissione.

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Con la delibera indicata in epigrafe la scrivente confederazione è stata invitata a prendere posizione in ordine alle seguenti prospettate violazioni in relazione allo sciopero generale del 25 marzo 2020:

  1. mancato rispetto del termine di preavviso di cui all’art. 2, commi 1 e 4, della Legge 146 del 1990 e successive modificazioni;

  2. mancata garanzia delle prestazioni indispensabili di cui all’art. 2 della Legge n.146/1990;

  3. mancato rispetto delle regole relative all’obbligo di sospendere gli scioperi in casi di avvenimenti eccezionali di particolare gravità o di calamità naturali contenute in svariate discipline di settore.

Pur trattandosi di contestazioni intrinsecamente connesse tra loro – come proveremo ad illustrare – ci pare opportuno affrontarle disgiuntamente seguendo il medesimo ordine da voi prescelto.

Sul punto del mancato rispetto del termine di preavviso la trattazione potrebbe essere davvero sintetica, ed infatti unitamente alle considerazioni in fatto ed in diritto già svolte, si fa presente che

  • il comma 7 dell’art. 2 della L. 146/1990 prevede che “le disposizioni …in tema di preavviso minimo e di indicazione della durata non si applicano nei casi di astensione dal lavoro …di protesta per gravi eventi lesivi dell’incolumità e della sicurezza dei lavoratori”;

  • e che assai “gravi” fossero gli “eventi lesivi” contro  cui abbiamo indetto lo sciopero del 25 marzo u.s. è confermato oltre ogni dubbio dalla stessa delibera 20/89 ove da un lato (pag. 4) si è imperniato l’intero terzo capo di accusa sul fatto che ci troviamo “in un contesto di conclamata emergenza sanitaria di natura epidemiologica” e dall’altro (pag. 2) in quanto Codesta Commissione ha dato atto di avere essa stessa rilevato come molti datori di lavori fossero inadempimenti rispetto alle prescritte misure di contenimento del virus,  giungendo con nota del 17 marzo ad “invitare le società ……..ad attuare tutte le misure di tutela e sicurezza della salute dei lavoratori (bene primario e irrinunciabile)”.

Ma che infine questa fosse la situazione sui posti lavoro, non per convinzione soggettiva ma per analisi condivisa anche dalla Commissione e dal Governo, va fatto presente che l’art. 13 della L.146/90 al comma  1 lett. d) onera la Commissione, ogni qualvolta riceva una proclamazione di sciopero e prima della sua celebrazione,  di “indicareimmediatamente ai soggetti interessati eventuali violazioni delle disposizioni relative al preavviso……….e ad ogni altra prescrizione”.

Ebbene tanto premesso è agevole rilevare come pur avendo provveduto Codesta Commissione ai sensi del predetto art. 13 ad indicare preventivamente con comunicazione del 24 marzo alla scrivente confederazione sindacale le ravvisate violazioni, in nessun modo è stata indicata tra le violazioni il mancato preavviso (anzi la Commissione ha indicato modalità di attuazione dello sciopero che lo avrebbero reso legittimo anche se celebrato il 25 marzo 2020), e ciò evidenzia la indiscutibilità nella fattispecie in esame dell’operatività della disposizione contenutanel comma 7 dell’art. 2 della L.146/90, laddove dispone la non applicazione della normativa “in tema di preavviso minimo.

E ancora, a ulteriore attestazione di quanto fossero oggettive le esigenze poste a base della “protesta per gravi eventi lesivi dell’incolumità e della sicurezza dei lavoratori”, il Governo – che è la controparte naturale di ogni sciopero generale – la sera di quello stesso 25 marzo, ha emesso un decreto con cui ha allargato l’ambito delle attività sospese in quanto non essenziali. In particolare con decreto del 25 marzo 2020, il Ministro dello Sviluppo Economico ha apportato alcune modifiche al DPCM del 22 marzo 2020, con effetto a partire dal 26 marzo 2020.

Insomma per l’oggettiva condizione del paese, così anche come riconosciuta dagli stessi atti della Commissione di Garanzia e del Governo, non è possibile addebitare alla Confederazione USB la violazione delle disposizioni in tema di mancato preavviso, questione definitivamente risolta dalla mancata indicazione con il vostro invito del 24 marzo.

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Nel Vostro invito del 24 marzo u.s., come si è detto, non è stata mossa alcuna contestazione sul termine di preavviso, ma si è affermata la possibile liceità dello sciopero del 25 marzo purché “della durata meramente simbolica”. E tale affermazione è stata poi da voi rafforzata con la delibera 20/89 a cui si replica laddove affermate che “gli scioperi proclamati ai sensi dell’art. 2 comma 7 della L.146 del 1990 …devono in ogni caso avere durata simbolica” (pag.4).

Va osservato che tale previsione non è contenuta nella legge che, ai sensi dell’art. 40 della Costituzione, è l’unica fonte che può introdurre nuovi vincoli generali al diritto di sciopero.

Peraltro Codesta Commissione, con il Verbale n. 1106 del 25.01.2016, ha ritenuto conforme alle previsioni di legge uno “pacchetto di scioperi” proclamati “senza il rispetto del termine di preavviso, ma nell’immediatezza di uno scontro tra due metropolitane di superficie con feriti ……..il primo dei quali, della durata di 24 ore, per il giorno 22 gennaio 2016.”[1]

Né riteniamo sia possibile affermare come tale principio non valga per le proteste su scala nazionale, ed infatti ci permettiamo di ricordare come solo lo scorso 5 marzo l’ente rappresentativo degli avvocati, e cioè l’Organismo Congressuale Forense, denunciando gli stessi “gravi eventi” da noi posti a fondamento dello sciopero, ha indetto a partire dal 6 marzo (e cioè con meno di 24 ore di preavviso) e sino al 20 marzo (e cioè per 2 settimane) lo sciopero totale delle udienze bloccando completamente così per 14 giorni tutti i Tribunale civili e penali.  È noto che al ricevimento di tale comunicazione si sia da parte della Commissione, correttamente, proceduto ad inserire l’informativa nell’elenco telematico degli scioperi in corso senza in alcun modo inviare qualsivoglia invito a revocare o sospendere o posporre l’astensione. Ed è proprio tale reazione di Codesta Commissione che è stata espressamente richiamata dai Capi di molti uffici giudiziari, come è successo a Venezia o Ancona, nell’emettere provvedimenti con cui si dava indicazione ai magistrati di non trattare le udienze.

Insomma non solo nella legge non vi è nessun riferimento alla “durata simbolica” ma neppure ve ne è uniforme traccia nelle decisioni della Commissione sia più risalenti che recentissime, che hanno ritenuto leciti scioperi con un durata variabile da 24 ore a 14 giorni.

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In ordine alla mancata garanzia delle prestazioni indispensabili si vuole sin da ora evidenziare come la scrivente ha avuto ogni cura, nelle forme di circolazione scritte e verbali della proclamazione sui posti di lavoro, ad invitare tutti i proprio quadri, iscritti e simpatizzati al rigoroso rispetto di tutti gli accordi e le delibere relative alle prestazioni indispensabili da assicurare. Ed infatti nessuna prestazione indispensabile è stata interrotta e, a riprova di ciò, nessuna specifica violazione viene contestata.

Quanto invece  al mancato rispetto delle regole relative all’obbligo di sospendere gli scioperi in casi di avvenimenti eccezionali di particolare gravità contenute in svariate discipline di settore, ci pare opportuno premettere sin da ora come nel presente caso gli “avvenimenti eccezionali di particolare gravità” per cui le parti sociali hanno convenuto di non scioperare coincidono con quei “gravi eventi lesivi dell’incolumità e della sicurezza dei lavoratori” che la legge mette sullo stesso piano della “difesa dell’ordine costituzionale” (parimenti richiamata nel predetto comma 7 dell’art. 2) e che consentono sempre e comunque di scioperare senza preavviso e limiti di durata. Ed al riguardo rammentiamo come quando vi è un contrasto tra una norma che vieta ed una che autorizza il criterio per la sua risoluzione non può che essere quello della gerarchia delle fonti e del rispetto delle previsioni di legge.

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Tanto premesso la scrivente Confederazione, riservando di integrare le proprie deduzioni e richieste nel termine di cui all’art. 103 del decreto legge 18/2020, chiede disporsi l’archiviazione del procedimento.

Roma, lunedì 27 aprile 2020

Paola Palmieri nella qualità

Avv. Arturo Salerni (anche per delega degli avvocati Carlo Guglielmi, Andrea Danilo Conte e Maria Rosaria Damizia)

[1]Ma si veda anche la delibera n. 05/183 del 20.04.2005, per altro resa nei confronti di una delle Organizzazioni che fondendosi ha poi dato vita alla scrivente confederazione, ove si pone quale unico limite al ricorso alla previsione derogatoria sul preavviso che i “gravi eventi lesivi” ricorrano e che vi sia “immediatezza dell’effettuazione in prossimità dell’evento lesivo” e ne consegue “una astensione unica e limitata alla protesta per l’evento dannoso dal quale trae origine”, principi a cui la scrivente si è rigorosamente a attenuta.

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