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Migranti in agricoltura: regolarizzarli per sfruttarli meglio!

A maggio con o senza pandemia l’agricoltura entra nel pieno della sua stagione produttiva. E come ogni anno, da quando l’agricoltura si basa sulla produzione intensiva a servizio della GDO, questa è la stagione in cui i migranti, quelli brutti sporchi e cattivi, tornano utili nei campi.

Con l’attuale sistema dei prezzi dei beni agricoli, la fase della produzione e raccolta deve necessariamente costare poco o niente, per permettere il profitto degli intermediari della filiera alimentare, e per questo i migranti diventano molto utili da sfruttare, perché il ricattabili sfruttabili su tutti i fronti. Gente che vive o sopravvive in condizioni disumane per tutto l’anno, e che in questa stagione viene precettata per la raccolta della frutta e della verdura, da servire per lo più nella grande distribuzione.

E’ su questo retropensiero che la Germania già da qualche settimana ha iniziato ad organizzare voli transnazionali dall’Est Europa, per precettare lavoratori da impiegare nelle campagne per la raccolta degli asparagi bianchi (leggi qui).

Ma è lo stesso pensiero probabilmente della nostra ministra alle Politiche Agricole Bellanova, che da qualche settimana ha iniziato con la sua retorica da “ex-bracciante” a parlare di regolarizzazione dei migranti, iniziando una battaglia che l’ha portata anche a “pensare di minacciare le sue dimissioni”.

Se fino a ieri la questione della regolarizzazione dei migranti era relegata ad una battaglia “marginale” per le istituzioni, che rimanevano inflessibili di fronte alle numerosissime testimonianze di sfruttamento indegne portate alla luce da più fonti, di fronte alla morte di braccianti e sindacalisti come Soumayla Sacko o alle tantissime testimonianze di condizioni di vita ben oltre la schiavitù (e anzi, si procedeva a velocità diverse tra gialloverdi e giallorossi, ma galoppando verso politiche di chiusura dei porti e delle frontiere), oggi si riscopre l’improvvisa necessità e importanza di regolarizzare i migranti, facendo appello alla retorica umanitaria, all’emersione del lavoro nero e addirittura al diritto di voto! “Per me questa non è una battaglia strumentale perché queste persone non votano. Tanti guardano al consenso, noi facciamo una battaglia per persone che non votano” avrebbe detto la Bellanova ieri a Radio 1 prima di annunciare che sta pensando di mettere sul piatto le sue dimissioni se non si arriverà ad un accordo nel Governo.

Ma a scanso di equivoci, la necessità della ministra, è quella di fornire manodopera agli imprenditori agricoli, con un minimo di condizioni di sicurezza e “lasciapassare” necessari in questo periodo. “Tra le persone – ha spiegato Bellanova – c’è diffidenza perché per anni si è fatta passare l’idea che i diversi sono i nemici e che gli immigrati vengono qui a toglierci il lavoro. Sono invece fondamentali per portare avanti alcune attività, non solo in agricoltura dove rischiamo sperperi enormi per la mancata raccolta, ma anche le badanti che assistono tante persone anziane”. D’altronde cosa direbbero le forze dell’ordine se dovessero trovare un migrante recarsi a lavoro senza permesso di soggiorno e senza contratto, quando il DPCM vieta ancora spostamenti non necessari?

Insomma ci si accorge ora che davvero, senza lo sfruttamento nei campi, tutto il settore agroalimentare andrebbe al collasso alla velocità della luce, e quindi serve regolarizzazione, un permesso temporaneo di 6+6 mesi (giusto il tempo della raccolta e – eventualmente- della semina successiva).

Si parla di almeno 600mila persone che potrebbero essere coinvolte in questo piano di regolarizzazione, a fronte di un sussidio elargito ovviamente non ai diretti interessati, ma a chi li assume! Come se bastasse questa misura per combattere il caporalato o aberranti situazione di schiavizzazioni che già stanno emergendo (non ultima la vicenda di qualche giorno fa, nella ricca campagna trevigiana dove sono stati indagate 4 persone per intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro in concorso, incendio aggravato e violenza privata tentata, ai danni di una decina di cittadini pakistani impiegati nella filiera del vino).

Contrario alla proposta il capo politico 5 stelle Vito Crimi, che rilancia con altrettanta retorica sul lavoro nero ricordando che “il tema è questo, non la regolarizzazione degli immigrati irregolari” e chiosa “Sulla lotta al caporalato ed emersione del lavoro nero noi ci siamo, se c’è anche l’intenzione di fare una sanatoria modello Maroni noi non ci siamo”. D’altronde, una parte dei suoi colleghi di partito sono scettici o più accomodanti, come ovviamente anche larga parte del PD.

Contrario neanche a dirlo Salvini, che però pare mettere in secondo piano la questione della necessità di reclutare migranti per farli lavorare, ma prende l’occasione per commentare l’annuncio delle possibili dimissioni della ministra “E’ allarmante che un ministro di un settore strategico come l’agricoltura minacci le dimissioni perché al governo stanno litigando sulla regolarizzazione di 600 mila lavoratori irregolari”. Al suo fianco nell’attacco alla ministra, anche FdI, mentre Forza Italia, per non saper né leggere né scrivere, rilancia con la ricetta dei voucer agli imprenditori per far lavorare i migranti, merci o persone che siano.

In questi giorni insomma Conte dovrà decidersi anche su questa faccenda, che più che una battaglia per la dignità umana, sta diventando, come al solito, una questione utile a tutti per campagne elettorali ed esercizi di retorica.

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