Intervenendo al paludato meeting di CL, l’ex presidente della BCE Mario Draghi ha dettato la linea al governo Conte, prendendosi gli applausi di Confindustria e di tutte le forze politiche ed ipotecando per il prossimo futuro la guida di un possibile nuovo governo, con basi parlamentari più ampie di quelle che sostengono l’attuale esecutivo.
Il cuore del suo ragionamento è che i fondi a disposizione del governo non devono essere “sprecati” in sussidi ma dirottati sulla “formazione e sui giovani”, che è solo una formula elegante per ribadire che vanno spesi a sostegno delle imprese.
A Draghi non va giù che lo Stato continui a spendere per il reddito di cittadinanza o per gli ammortizzatori sociali come la CIG (o per quota 100), ma vorrebbe che tutto andasse a sostenere le imprese, secondo l’insana logica che finanziando le imprese private si rilancia il mercato, l’economia, il benessere e quindi il futuro delle nuove generazioni.
L’interruzione dell’erogazione degli ammortizzatori sociali porterebbe però all’immediata sospensione del divieto di licenziare e la conseguenza, inevitabile, sarebbe un aumento spropositato della disoccupazione, che è fortemente lievitata in questi mesi.
Già con il decreto Agosto il governo Conte ha allargato le maglie del divieto, dando per esempio la possibilità alle aziende di licenziare in caso di fallimento, espediente assai diffuso che le aziende utilizzano per disfarsi di manodopera eccedente, ricomparendo il giorno dopo sotto una nuova veste giuridica nella gestione della medesima attività.
Ma per Draghi questo è troppo poco, anzi non sarebbe etico, perché invece di preoccuparsi delle nuove generazioni, così facendo, Conte starebbe sprecando soldi che poi comunque dovremo ridare.
E così dicendo Draghi innanzitutto chiarisce che “i soldi dell’UE” sono tutto meno che a fondo perduto e che graveranno pesantemente sul debito pubblico per i prossimi decenni.
In secondo luogo, finge di non capire che per preoccuparsi delle nuove generazioni serve innanzitutto che le attuali sopravvivano, e che milioni di padri e madri disoccupati non si capisce come potrebbero badare ai propri figli.
E infine dimentica che il debito pubblico, se non viene finanziarizzato (come spesso le imprese fanno con gli sgravi e le diverse forme di aiuti economici che ricevono dallo Stato) ma speso in consumi o utilizzato in investimenti, è sempre debito buono, perché ha un effetto positivo sull’economia interna.
Per essere veramente utile al rilancio delle condizioni di vita di questo Paese, il debito andrebbe utilizzato per investimenti pubblici gestiti dal pubblico e finalizzati ad una politica industriale che l’Italia non ha più, al rilancio della Pubblica Amministrazione e dell’economia pubblica, alla salvaguardia dell’ambiente.
La linea di Draghi non ha nulla di nuovo, è la ricetta di sempre che domina le politiche UE, improntate alla scuola economica ordoliberista. La ricetta che anche il governo Conte sta ingoiando e gestendo, ma ancora a piccole dosi.
Una buona fetta di esponenti PD ha dato segnali di approvazione per la proposta di Draghi, così come hanno fatto in molti dell’opposizione di centro-destra. Se Conte dovesse andare in crisi, magari per le fibrillazioni post elezioni regionali, sappiamo già cosa ci aspetta.
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