“Aqui estamos” in questa minimalistica definizione può essere riassunto il senso di una giornata complessa come quella del 22 aprile che ha visto sfilare a Roma migliaia di lavoratori della catena del valore organizzati in USB – e non solo – assieme a migliaia di studenti di OSA e Cambiare Rotta.
“Aqui estamos” è la sintesi poetica e geniale utilizzata dal subcomandante Marcos l’11 marzo del 2001 quando, accompagnato da una marea umana dopo una marcia attraverso 12 stati messicani, giunse nella piazza dello Zocalo, in Città del Messico, per portare al cuore del potere statale le ragioni delle comunità indigene del Chapas.
AQUI ESTAMOS, cioè ESISTIAMO.
E’ un’ovvietà sottolineare le differenze dei due momenti in termini di tempi, contesti, numeri, storie e culture, ma c’è un legame che li salda processualmente ed è rappresentato da queste parole pronunciate in quella piazza da Marcos: “Siamo qui. E uno specchio siamo. Non la realtà, ma appena un riflesso, non la luce, ma appena un lampo, non un cammino, ma solo pochi passi, non la via, ma solo alcuni dei tanti passaggi che al domani conducono.”
E allora possiamo dire che in questo ultimo round dello scontro di classe – del quale però non conosciamo la fine temporale – sebbene il capitale le abbia suonate in abbondanza, la classe caduta al tappeto non ci sta a gettare la spugna, si sta anzi rialzando ed anche con qualche applauso del pubblico.
Roma 22 aprile è un inizio nel quale si sono messi assieme soggetti differenti accomunati da una condizione di classe, prima di tutto, ma che in questi decenni sono stati divisi e culturalmente convinti di essere diversi: il montatore o il laminatore metalmeccanici che non riconoscono come collega il carrellista che li rifornisce dei pezzi necessari al loro lavoro solo perché ha un contratto diverso ed è dipendente di una coop in appalto (una sorta di “divorzio all’italiana” in termini di classe) per quanto lavorino entrambi sotto il tetto dello stesso capannone.
Nel corteo romano si sono inoltre ritrovati assieme quelli della catena del valore e i loro figli e i figli di quanti vivono delle merci da loro prodotte e movimentate: gli studenti.
Questa ripresa di protagonismo operaio e studentesco propone alcune riflessioni sia in chiave esterna che interna a questo movimento.
Per riprendere la metafora zapatista si tratta di uno “specchio” nel quale ci si vede e ci si fa guardare guardandosi al contempo; la conflittualità espressa da alcuni segmenti è indice di vitalità, è un’indicazione, un appello, un esempio concreto di quello che si può e si deve fare.
Guardando un altro allo specchio si vedono due immagini: quella dell’altro, ma anche la propria e questo riflesso tende ad unificare due diversità che si trovano su un medesimo piano.
La seconda considerazione attiene ai contenuti: salario minimo a 10€, aumento di salari e pensioni, blocco dei licenziamenti, riduzione dell’orario a parità di salario, introduzione del reato di omicidio sul lavoro, no alle spese militari, si all’aumento della spesa sociale, soluzione negoziale della guerra in corso, nazionalizzazione dei settori strategici dell’economia.
Ebbene, tutte queste rivendicazioni non si qualificano come una piattaforma categoriale/parziale, non sono solo le richieste degli operai per se stessi, ma sono un’idea strategica di resistenza e fuoriuscita dalle molteplici crisi che risponde ai bisogni trasversali di tutta la parte bassa della società.
Sono la declinazione di classe di una proposta “patriottica”, in altri tempi si sarebbe detto che sono le idee di una classe che aspira al governo del paese.
In questa trasversalità programmatica si gioca la capacità di dettare l’agenda politica, di fare egemonia, di unire quanto il neoliberismo ha sino ad oggi diviso.
Sciopero e manifestazione operaia hanno pertanto rispecchiato due condizioni essenziali ed originali per questi tempi:
1) che alla visione per cui solo banchieri, imprenditori e supertecnici possano condurci fuori dal tunnel dando centralità al mercato e all’economia secondo i dettami di Europa, USA, NATO e multinazionali è possibile contrapporre la priorità del sostegno ai bisogni sociali e che i veri eroi sono coloro che hanno permesso al paese di resistere nella pandemia continuando a produrre beni di primaria utilità e necessità e che pertanto meritano di riprendersi in termini di abbondanza la ricchezza che hanno prodotto;
2) che se si vuol vincere bisogna fare il contrario di quanto dicono e fanno i traditori dei sindacati collaborazionisti, bisogna osare lottare.
Proposta antagonista di società e conflitto sono i fondamentali sui quali basare la ripartenza e che consentono di esercitare un appeal verso gli studenti. così come verso gli strati sociali subalterni.
Un appeal peraltro “corroborato” dal fatto che il capitale riserva ai giovani una condizione di “sovrappopolazione relativa”, per usare una categoria marxista, rendendoli di fatto esercito industriale di riserva addirittura durante il percorso formativo con l’artificio dell’alternanza scuola-lavoro.
Questo 22 aprile è però anche uno spartiacque che segna non l’apertura di un nuovo corso, ma un necessario approfondimento di questa fase epifanica.
Uno specchio siamo, non la realtà, ma appena un riflesso. E infatti quello che si è manifestato è il riflesso delle avanguardie, di coloro che hanno cominciato e che fanno intravvedere tutto il lavoro politico che ancora va fatto.
Come dicevamo, segmenti differenti di classe hanno iniziato a frequentare gli stessi cortei ed hanno manifestato con gli studenti nel nome di una comune rabbia.
Il salto di qualità che va prodotto è quello di rendere più generale il significato del conflitto portandolo a contenere il mondo che sta fuori e oltre la fabbrica e il magazzino. Il che non significa negare il livello aziendale, la lotta per il buono pasto, per un giusto livello di inquadramento, per carichi di lavoro sopportabili, non si tratta di togliere o sostituire, bensì di aggiungere e saper evocare un senso complessivo.
Abbassare le spese militari e alzare tutti i salari, pagare i periodi di malattia che i soci di cooperative o chi è costretto alla quarantena per contatto con soggetto Covid invece non vedono remunerati sono rivendicazioni che vanno in questo senso.
I prossimi mesi sono quelli in cui dovremo saper tracciare i legami che trasformano la scaglia nel frammento di ologramma che contiene tutta l’immagine.
Ancora una volta torna utile l’esempio Zapatista che nella propria dichiarazione provocatoria e simbolica di “guerra al neoliberismo per la gioia e l’umanità” inserisce – tra le altre – la rivendicazione al diritto ad un pollaio per ogni famiglia. Una richiesta che avrebbe potuto passare per eccessivamente minimale, ma che per il popolo chapaneco significava invece il riconoscimento all’autonomia, alla sovranità alimentare, alla dignità.
Il 22 aprile il dado è stato tratto, la partita ora va giocata, aqui estamos.
* Usb logistica
Foto di Patrizia Cortellessa
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