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Oltre 800 morti di lavoro nel 2022: introdurre il reato di “omicidio sul lavoro”

Nelle ultime ore le morti di lavoro hanno superato la tragica soglia degli ottocento decessi: 802 al 18 settembre, di cui 567 sul lavoro, 231 in itinere e 4 di Covid. Come Unione Sindacale di Base e Rete Iside Onlus, da anni impegnate sul fronte salute e sicurezza sul lavoro, ribadiamo che quanto succede nel nostro Paese non è una serie di tragici e sfortunati incidenti, ma il frutto di un sistema capitalistico tutto orientato al profitto e allo sfruttamento.

Un sistema che uccide anche durante i percorsi di formazione scolastica, come dimostra la morte del diciottenne Giuliano De Seta, lo studente dell’Itis Da Vinci di Portogruaro ucciso venerdì dalla caduta di una barra pesante due tonnnellate.

La parte datoriale continua a vedere nelle norme e nelle misure a tutela della sicurezza di chi lavora un costo inutile, da evitare perché intacca i profitti. Siamo convinti che soltanto l’introduzione nel Codice penale del reato di omicidio sul lavoro possa essere un deterrente reale contro gli omicidi – perché di questo si tratta – sul lavoro.

Quest’anno abbiamo presentato con le deputate di ManifestA, che ringraziamo per il prezioso supporto e appoggio, una proposta di legge alla Camera: ci auguriamo che anche nella prossima legislatura ci sia chi voglia raccogliere e portare avanti questa importante battaglia, per approvare una legge che introduca il reato di omicidio e lesioni gravi sul lavoro.

I morti in itinere, in particolare, rappresentano un fenomeno di cui quasi nessuno parla, ma solo nelle ultime ore sono stati due i lavoratori deceduti nel tragitto da o verso il proprio lavoro: un venticinquenne travolto mentre si recava al lavoro in monopattino alle prime luci dell’alba nel Torinese, e un quarantacinquenne deceduto nello schianto del motorino su cui tornava dal lavoro nei pressi di Imola.

A loro si aggiungono una guardia giurata travolta dal suo stesso mezzo a Brescia, e un rider argentino rimasto ucciso in uno scontro nel Trevigiano: sono solo alcune delle morti che si consumano ogni giorno anche sulle strade.

Sono decessi che avvengono a causa di ritmi ed orari di lavoro insostenibili, come quelli dei riders che, pagati a cottimo, sono costretti a fare più consegne nel minor tempo per guadagnare somme che rimangono irrisorie. 

Esistono cause ricorrenti nelle morti sui posti di lavoro: lo schiacciamento, soprattutto a causa del ribaltamento di mezzi agricoli e della caduta dall’alto di materiali pesanti in fabbriche e magazzini; la caduta degli stessi lavoratori da altezze pericolose; gli urti e i trascinamenti da parte di macchinari con misure di sicurezza insufficienti; il caldo dei mesi estivi…

La lista è lunga ma in moltissimi casi le vite di lavoratrici e lavoratori potevano essere salvate se si fossero rispettate le misure a tutela della salute e della sicurezza.

Sono le regioni del Nord, quelle considerate più produttive, ad essere maggiormente colpite, come abbiamo già denunciato in passato: la Lombardia, seguita dal Veneto, detiene l’orrendo primato per il sangue dei lavoratori versato. Vale la pena che l’Italia si interroghi se il prezzo delle vite di lavoratrici e lavoratori valga migliori performance nella produttività e nel profitto. Noi la risposta l’abbiamo già data: NO.

Segue la lista aggiornata per regione

MORTI DI LAVORO 

NELL’ANNO: 802 (sul lavoro 567; in itinere 231; Covid 4)

Lombardia 118; 

Veneto 93; 

Campania 67;

Piemonte 62;

Emilia Romagna 56; 

Lazio, Puglia 51;

Sicilia 49; 

Toscana 44; 

Marche 37;

Calabria 35; 

Sardegna 23;

Abruzzo 20;

Trentino 16;

Umbria 14;

Liguria 13;

Basilicata 11;

Estero 10;

Molise 9;

Alto Adige, Friuli Venezia Giulia 8; 

Valle d’Aosta 7

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