Di questi tempi può succedere che una notizia possa apparire più bella di quanto non sia, specie se si parla di portafoglio e di conti in tasca. Ed è altrettanto vero, sempre di questi tempi, che un paio di migliaia di euro (di questo parliamo) che arrivano tutti in una volta sotto Natale e coi primi freddi, fanno tirare più di un sospiro di sollievo a tante famiglie di lavoratori pubblici.
Ma ciò non toglie che a questi lavoratori dobbiamo provare a dire che cosa sta succedendo.
È stata firmata ieri, giovedì 10 novembre 2022, la parte economica del CCNL Istruzione 2019-21, ovvero la parte economica di un contratto scaduto quasi un anno fa.
Valditara, quello della lettera sul muro di Berlino di due giorni fa, esprime soddisfazione. Il popolo della scuola si appresta a farsi i conti in tasca. 3000 euro di arretrati dichiarati e 100 € medi di aumenti mensili in momenti come questi non fanno schifo a nessuno.
Ma andiamo a guardare bene di cosa si tratta. I 3.000 euro di arretrati li riceveranno, se va bene, i lavoratori inseriti nelle ultime due fasce retributive della scuola secondaria di secondo grado, gente con almeno 28 anni di servizio. Gli altri prenderanno tutti meno. E, ricordiamolo, sono soldi che dovevano essere nostri mesi e mesi fa, non certo un generoso regalo dello Stato.
L’aumento netto sarà di 50 euro medi mensili, qualcosa di ridicolo in un contesto di inflazione come quello attuale.
Al di là della narrazione trionfalistica del ministro, e dei comunicati pomposi e soddisfatti di sindacati che rappresentano una funzione sociale che non hanno, la verità è che gli aumenti sono una miseria, che restiamo una delle categorie statali meno pagate in Europa e continueremo ad arrancare nella crisi economica attuale.
La battaglia per il salario deve continuare a essere il punto che unisce tutto il mondo del lavoro. Dobbiamo tenere ben presente quanto perdiamo ormai da decenni in termini di possibilità individuali e collettive, in termini di diritti e servizi. Tutto questo non può essere accettato con rassegnazione ed è per questo che rilanciamo lo sciopero generale del 2 dicembre del sindacalismo conflittuale.
Vogliamo aumenti veri, stipendi dignitosi, contratti che tengano il passo con l’aumento del costo della vita, non firmati con anni di ritardo e poi spacciati come conquista.
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CCNL Istruzione: pochissimi, maledetti e subito. Ma il dato reale è il fallimento di un comparto che non c’è: che fine hanno fatto Ricerca e Università?
Rinnovare la parte economica e rimandare quella normativa. Lo scrivevamo in un comunicato il 21 ottobre per evitare al settore della Ricerca l’ennesimo danno su ordinamento e libertà di ricerca derivante da una politica contrattuale a dir poco penalizzante per ricercatori e relativi staff.
Il teatrino inscenato da Cgilcisluil si risolve con poche lenticchie, peraltro solo per la Scuola, da aggiungere al misero piatto degli aumenti che non consente neanche lontanamente di far recuperare potere d’acquisto ai salari. Per il resto, una serie di impegni, che vedremo se e in quale misura verranno rispettati, hanno “convinto” i sindacati complici a firmare il CCNL con tanto di fanfare e, addirittura, con arretrati entro dicembre attraverso una procedura speciale. Praticamente si poteva firmare ad aprile o erogare direttamente i fondi
In realtà la trattativa rischia di proseguire e il pericolo di un grave peggioramento normativo, attraverso un processo di ministerializzazione della Ricerca, non è affatto scampato e, al di là del fatto che il Governo Meloni incassa un risultato politico rivendibile sul mercato della propaganda disinnescando peraltro, con la complicità dei sindacati, una mina sociale non indifferente, il dato politico più evidente è l’ennesima conferma del fallimento del compartone e l’ormai conclamata inutilità dei sindacati della Ricerca, assoggettati in toto alle esigenze della Scuola.
La chiarezza del quadro nel quale emerge in maniera sempre più evidente il definitivo affossamento della Ricerca Pubblica rende ancora più evidente la necessità dello sciopero generale del 2 dicembre proclamato da USB e dal sindacalismo di base: unico momento di lotta per rivendicare la ricostituzione di un autonomo comparto di contrattazione e un vero rinnovo contrattuale, con aumenti adeguati all’inflazione reale e con una parte normativa nella quale sia concretamente affermata la libertà di Ricerca e valorizzata la professionalità di tecnici e amministrativi.
USB continuerà a lottare per impedire che siano cancellati gli attuali livelli per tecnici/amministrativi e gli articoli 15, 53 e 54be per ottenere contratti europei per tutto il personale. Lo faremo nei posti di lavoro, nelle sedi istituzionali e nelle piazze a partire da quelle che caratterizzeranno lo sciopero del 2 dicembre, nel quale chiederemo a gran voce il rifinanziamento del comma 310, efficace strumento per carriere e stabilizzazioni, e al suo allargamento a tutti gli EPR.
USB PI – Ricerca
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Franco
“…addirittura, con arretrati entro dicembre attraverso una procedura speciale…”
Ma bravi i Sindacati. Erogare gli arretrati di competenza 2022 entro dicembre, significa sottoporli all’aliquota marginale (35%). Liquidare gli stessi arretrati a gennaio 2023 comporterebbe la tassazione separata (25% circa). Un mese di ritardo sì, ma un centinaio di €uro in più nelle tasche dei docenti. La fretta è cattiva consigliera. Eppure i Sindacati sono dotati di CAF, dunque dovrebbero conoscerle le norme fiscali. Che tristezza questa rappresentanza.