I salari netti sono diminuiti del 10% in 13 anni. Dall’inizio della crisi del 2007/2008 all’anno della pandemia (2020), non solo i salari sono diminuiti ma i lavoratori hanno pagato per intero tasse e contributi mentre le imprese hanno visto diminuire la loro quota di contributi sociali versati per i lavoratori.
A certificare quello che è diventato evidente ma ignorato, è stato l’Istat, secondo il quale “Confrontando le variazioni a prezzi costanti nelle componenti del costo del lavoro tra il 2007 (anno che precede la crisi economica) e il 2020 risulta che “i contributi sociali dei datori di lavoro sono diminuiti del 4%, anche per l’introduzione di misure di decontribuzioni mentre i contributi dei lavoratori sono rimasti sostanzialmente invariati, le imposte sul lavoro dipendente sono aumentate in media del 2%, la retribuzione netta a disposizione dei lavoratori si è ridotta del 10%”.
I contributi sociali dei datori di lavoro costituiscono la componente più elevata (24,9%), il restante 20,6% risulta a carico dei lavoratori: il 13,9%, sotto forma di imposte dirette e il 6,7% di contributi sociali”
Confrontando le variazioni a prezzi costanti intervenute nelle componenti del costo del lavoro tra il 2007 (anno che precede la prima crisi economica del terzo millennio) e il 2020 risulta che “i contributi sociali dei datori di lavoro sono diminuiti del 4%, anche per l’introduzione di misure di decontribuzioni mentre i contributi dei lavoratori sono rimasti sostanzialmente invariati, le imposte sul lavoro dipendente sono aumentate in media del 2%, mentre la retribuzione netta a disposizione dei lavoratori si è ridotta del 10%”.
In questo paese ormai è drammaticamente nitida l’esistenza di una “questione retributiva” sui salari: fermi o diminuiti da troppi anni, bassi e troppo bassi per milioni di lavoratrici e lavoratori. Quello sui salari è un tavolo che va rovesciato.
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