Sul lavoro muoiono anche i ragazzi. Non solo quelli impegnati nella alternanza scuola-lavoro o nei tirocini concordati tra scuole aziende, ma anche i ragazzi – tanti – che vanno a lavorare in età scolastica.
A rivelarlo però non sono stati l’Inail o l’Istat ma addirittura l’Unicef, il dipartimento delle Nazioni Unite che si occupa dell’infanzia e dei giovani. In Italia in cinque anni, tra il 2017 e il 2021 sono stati 74 i ragazzi morti in incidenti sul lavoro. 67 di loro 67, aveva un’età compresa tra 15 e 19 anni, gli altri 7 meno di 14 anni.
Nei cinque anni presi in esame, le denunce di infortunio di minorenni sotto i 19 anni presentate all’Inail a livello nazionale sono state 352.140.
I dati emergono dal 1° rapporto statistico sul lavoro minorile elaborato da Unicef Italia ed è il Veneto è la regione con più morti sul lavoro tra i ragazzi. Se invece guardiamo alle denunce di infortunio, passa al primo posto la Lombardia.
Le regioni con le percentuali più elevate di denunce totali di incidenti dei lavoratori sotto i 19 anni sono infatti Lombardia (76.942), Emilia Romagna (40.000), Veneto (39.810) e Piemonte (31.997).
Il rapporto dell’Unicef rileva la crescita del numero dei ragazzi lavoratori. Nel 2022 sono saliti 69.601 i lavoratori minorenni tra i 15 e i 17 anni, in aumento rispetto ai 51.845 del 2021 e ai 35.505 del 2020. La posizione rilevata è quella di lavoratori, seguita da “operai agricoli” e retribuiti con i “voucher”. Tutti lavoratori dipendenti.
Se si allarga la fascia di età entro i 19 anni, nel 2021 i ragazzi-lavoratori sono stati 310.258, in salita rispetto ai 243.856 del 2020. Le cinque regioni con il maggior numero di ragazzi fino a 19 anni occupati complessivamente nell’arco dei cinque anni sono Lombardia (240.252), Veneto (155.987), Emilia Romagna (134.694), Lazio (119.256) e Puglia (108.867).
La maggior parte dei ragazzi-lavoratori sono maschi. Il maggiore impiego di lavoratori di sesso maschile entro i 19 anni rispetto a lavoratrici di sesso femminile, mostra la tendenza delle donne a essere più istruite degli uomini; il 65,3% delle donne ha almeno un diploma (rispetto al 60,1% degli uomini).
Ma per le ragazze che decidono di abbandonare gli studi, ottenendo al più un titolo secondario inferiore, le possibilità di occupazione rispetto ai loro coetanei maschi sono di gran lunga minori (20,8% rispetto a 41,9%).
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