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La procura di Piacenza insiste nel criminalizzare il sindacalismo di classe

Il ciclo di scioperi che hanno prodotto legalità, diritti e migliori condizioni per i lavoratori della logistica piacentina, continuano a rimanere nel mirino dei magistrati piacentini.

Il PM Matteo Centini concludendo l’iter delle indagini, che portarono due anni fa un consistente numero di sindacalisti agli arresti domiciliari per poi essere successivamente prosciolti, ripropone il teorema farlocco che gli scioperi sarebbero espressione di una “associazione a delinquere” finalizzata alla “estorsione” nei confronti delle multinazionali del settore.

Una tesi confutata dal tribunale di Bologna che, smentendo quello di Piacenza, rimise in libertà coloro che erano stati oggetto di misure cautelari riconoscendo che facevano semplicemente il loro mestiere: ossia il sindacato che sciopera e difende, anche con asprezza, i lavoratori dai padroni.

Con un accanimento giuridico e personale il PM piacentino insiste nel qualificare la richiesta di forti aumenti a fronte di un forte impoverimento dei salari, il contrasto ai carichi ed ai volumi di lavoro inumano che ci procurano il triste primato europeo di incidenti e morti sul lavoro, nonché gli scioperi veri (non la capitolazione e la collusa passività dei sindacati collaborazionisti) come una “rapina” nei confronti delle grandi imprese logistiche.

Eppure queste ultime, anche sul nostro territorio, sono esattamente le stesse che la Procura della Repubblica di Milano sta inquisendo per evasione contributiva, retributiva, fiscale e caporalato. Proprio le stesse ragioni per cui hanno duramente scioperato i facchini e i sindacalisti piacentini perseguiti dal PM Matteo Centini.

Grazie a questa reiterata inchiesta, con capi d’accusa venuti meno dopo la sentenza del tribunale della libertà che riconosce il pieno diritto alla lotta sindacale, la condotta anti operaia del padronato piacentino prova a riprendersi quell’ impunità che le lotte gli hanno tolto. In questo senso l’azione della procura piacentina si schiera di fatto con il sistema di sfruttamento.

Un atto giudiziario che sta dentro i tempi in cui un governo filo padronale emette a ripetizione ordinanze di limitazione del diritto di sciopero e balbetta invece nei confronti di chi evade le tasse usufruendo, magari, non di un misero “reddito di cittadinanza”, ma di milioni di euro di esenzioni, di contributi e quant’altro.

USB continuerà ad insistere nella rivendicazione di migliori condizioni di vita e lavoro, sfidando la repressione e l’arroganza padronale: lo farà non per rappresentare chissà quale virile attitudine, ma perché è forte e convinta delle ragioni della Costituzione Repubblicana di questo paese.

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