E all’Ilva gli operai devono vincere, padroni, Stato, governo e loro complici devono perdere.
Questo è stato affermato dalla Rete con un presidio di compagni provenienti da Torino, Milano, Bergamo, Marghera, Ravenna, Roma, Napoli, Bari, Palermo.
L’Ilva ha fatto trovare sbarrata la sua Direzione protetta da un imponente schieramento di polizia, carabinieri, guardia di finanza, polizia provinciale, temevano l’iniziativa della Rete e si sono messi al sicuro
qualunque fossero i numeri di essa.
I rappresentanti che sono venuti rappresentavano tanti compagni e compagne, organismi che contro le morti sul lavoro e da lavoro la battaglia la stanno facendo realmente e quotidianamente; non si limitano ai comunicati, al chiacchiericcio da internet, ma ci mettono l’impegno in ogni occasione. E la Rete è la realtà che lotta su questo più conosciuta in tutto il nostro paese. La Rete è una rete militante, di combattimento che lavora dall’alto e dal basso per costruire la forza materiale, unitaria e di massa, per far pagare ben oltre le condanne nei tribunali, che noi vogliamo pesanti, ai padroni assassini il costo dei loro crimini, allo Stato e al governo il costo politico, contribuendo così alla battaglia generale per mettere fine all’orrore senza fine della produzione per il profitto del capitale sulla pelle dei lavoratori e delle masse popolari.
Davanti alla Direzione, assediata da striscioni e bandiere – ognuno con la sua faccia e la sua bandiera, perchè chi non mette faccia e bandiera si nasconde dietro i numeri per non fare realmente in prima persona la battaglia, per non costruire realmente organizzazione in fabbrica e sul territorio capace di condurre una guerra lunga, legale e non, su questo fronte – ogni realtà ha portato il suo contributo, sapendo benissimo che
ogni parola detta è una parola data nell’impegno per proseguire in questa lotta. La delegazione era formata da operai, ma anche da precari, disoccupati, studenti dei collettivi universitari provenienti da Napoli e
studenti di Palermo, organizzazioni sindacali, Usi da Roma e da Milano, Slai cobas per il sindacato di classe, FMLU Borsch da Bari – mentre l’USB di Taranto ha partecipato ad uno dei presidi alla fabbrica e all’assemblea ai Tamburi – che hanno portato un contributo anche specifico alla battaglia generale, i compagni ambientalisti di Statte hanno portato con decisione la battaglia in corso anche a Statte, seconda zona inquinata dopo il quartiere tamburi e hanno fatto appello alla lotta operaia e popolare, dopo una
forte denuncia delle connivenze della politica con padron riva.
Al presidio sotto la Direzione ha fatto seguito, dopo un breve corteo, l’incontro con gli operai alla portineria A cuore in tutti questi ultimi tempi della lotta alla fabbrica, dove proprio in materia di sicurezza dopo
la morte dell’operaio del Mof Claudio Marsella si è verificato lo sciopero prolungato dei suoi compagni di lavoro e il presidio per circa 15 giorni, ma anche dove si è sfondata la portineria per entrare in fabbrica in massa il 27 di novembre, dove vi è stato un duro raffronto con la fabbrica militarizzata in occasione della visita di Clini, e anche dove i cassintegrati hanno fatto iniziative e presidi di lotta per dire No alla cassintegrazione.
Qui l’iniziativa della Rete si è fatta partecipata, convulsa, combattiva. Operai della Dalmine e Technimont di Bergamo e studenti dei collettivi di napoli hanno tenuto dei veri e propri comizi ascoltati e applauditi da
consistenti gruppi di operai, così molto importanti è stato l’intervento del rappresentante dell’Istituto Tumori di Milano che ha denunciato come siano molti gli operai e cittadini che vengono a Milano perchè colpiti dalla
malattia e questo li fa molto sensibili alla battaglia all’Ilva di Taranto – non è mancato chi ha contestato a difesa di padroni e sindacati l’iniziativa in corso, restando però isolato. Gli operai dell’Ilva hanno visto
per la prima volta realmente che ci sono realtà organizzate in tutt’Italia che sostengono la loro lotta, e non per sentito dire, per atto dovuto, ma venendo all’Ilva a confrontarsi con loro. Nello stesso tempo i compagni e gli organismi partecipanti hanno potuto toccare con mano la grandezza, durezza, difficoltà della situazione per gli operai dell’Ilva oppressi dal ricatto occupazionale, spesso assediati mediaticamente dall’ambientalismo
che li vede solo come vittime o fantasmi.
Anche a questa portineria polizia e forze dell’ordine sono stati presenti in numero esorbitante, pronti in qualche maniera ad intervenire ove la situazione si scaldasse ulteriormente.
Tutto questo mentre si è entrati anche dentro la portineria con il megafono e si moltiplicavano le discussione delle compagne, degli operai, studenti della Rete con gli operai, aumentando la conoscenza reciproca e
fornendo ad ognuno una visione più esatta e reale della situazione.
E’ stata un’iniziativa senza precedenti per l’Ilva di Taranto, i cui segnali e indicazioni dovranno essere misurati nelle prossime settimane.
Di qui l’iniziativa si è spostata al quartiere Tamburi e prima di tutto al cuore nero di esso, il cimitero, dove non solo chiaramente si è consumata in questi anni la tragedia dei morti operai e dei morti da tumore da
inquinamento dei cittadini, ma dove sta il luogo di maggiore inquinamento della città, con i lavoratori cimiteriali che pagano essi stessi un duro costo di questo lavoro all’aperto, a cento metri dai parchi minerali che ha visto due loro compagni di lavoro morire di tumore, mentre tutti sono sotto la costante minaccia di malattie.
Qui in un silenzio rotto solo dall’intervento del rappresentante della Rete si sono uniti ai manifestanti tutti i lavoratori del cimitero e alcuni familiari di operai morti all’Ilva guidati dal Comitato vittime del lavoro
12 Giugno. Poi una delegazione nazionale con il Comitato 12 giugno ha raggiunto all’interno del Cimitero la stele che ricorda le vittime del lavoro, imposta alle istituzioni locali dalla lotta e pressioni del Comitato, dei familiari; qui il presidente del Comitato ha raccontato la storia della loro mobilitazione e l’impegno costante a mantenere viva la memoria dei lavoratori morti in una situazione difficile, in cui spesso dopo i primi periodi si è lasciati soli in questa battaglia; una rappresentante nazionale e locale della Rete ha ricordato i tre operai morti all’Ilva negli ultimi 4 mesi, le cui foto avevano campeggiato davanti alla Direzione e a tutte le portinerie durante tutta l’iniziativa.
Odioso e vergognoso è stato l’attitudine dello Stato e delle forze dell’ordine in questa situazione, anche il cimitero è stato assediato dai blindati dei carabinieri, ma non solo questo, sin dal mattino gli uomini della Digos avevano cercato di intimidire i lavoratori del Cimitero, detto loro che non avrebbero dovuto far entrare le persone partecipanti alla manifestazionedella Rete, e anche nel momento in cui la delegazione è entrata hanno cercato arrogantemente ma inutilmente di impedirlo.
Infine ci si è ritrovati in circa 120 persone nell’assemblea ai Tamburi. All’assemblea si sono aggiunti diversi cittadini e lavoratori del quartiere, massicciamente presenti i lavoratori cimiteriali, i disoccupati e precari
organizzati nello slai cobas per il sindacato di classe e quella parte delle forze ambientaliste, sindacali e politiche che rompendo il silenzio e il tentativo di isolare la manifestazione hanno aderito e portato il proprio
contributo.
L’assemblea ha visto decine e decine di interventi, in cui rappresentanti nazionali della Rete e di altre realtà nazionali, operai, cittadini e realtà locali si sono alternate in un sostegno e dialogo che mirava a rendere
forte questo legame di lotta. Un’assemblea niente affatto rituale e niente affatto ripiegata sul locale.
Essa infatti si è aperta con l’intervento dell’avvocato Bonetto del foro di Torino, appena giunto dall’ultima udienza del processo di appello della Eternit, dopo la recente sciagurata conclusione del processo di appello
Thyssen – dove però nel primo grado si era raggiunto un grande risultato – processi che la Rete sostiene e a acui partecipa da sempre. L’Avv. Bonetto ha fornito il quadro di quello che è successo e sta succedendo nei
processi Thyssen ed Eternit e di come operai e familiari stanno affrontando, partecipando in prima persona a questi processi. E qui ha lanciato il suo allarme: padron Riva non è come la Thyssen ed Eternit che erano
fabbriche in chiusura o già chiuse; qui la fabbrica è aperta, il padrone è potente e ha dietro l’insieme del sistema dei padroni, ben deciso a contrastare in tutti i modi l’inchiesta, il processo e pronto a mettere forza economica, politica e istituzionale per non dare giustizia e risarcimenti a operai e familiari e per salvaguardare proprietà e profitti. Ma questa battaglia pur essendo più dura deve essere combattuta anche nei processi, e l’arma principale è la partecipazione di massa a sostegno di un esito di giustizia vera. L’avvocato ha messo a disposizione la sua esperienza in questa lotta e il suo impegno legale nel processo contro l’Ilva di Taranto, ed è stato molto apprezzato dai lavoratori e cittadini presenti.
Sono stati il rappresentante degli operai del Mof e un operaio dell’Ilva che è anche abitante attivo del quartiere Tamburi ad aprire poi la parte più pienamente assembleare dell’iniziativa.
Si è tratta di quella parte degli operai che considera centrale la lotta in fabbrica e si unisce in prima fila alla lotta del quartiere e dei cittadini, contro chi invece attivamente usa in questa città ragioni giuste di lotta
per la salute per negare la lotta in fabbrica e l’unità operai-masse popolari, che poi è unità tra lavoro e salute. Gli operai hanno duramente attaccato i sindacati confederali complici di padron Riva, che firmano accordi come quello del MOF che sono concausa della morte in fabbrica dell’operaio Claudio Marsella e riaffermato che bisogna organizzare la lotta e il sindacato di classe in fabbrica come strumenti indispensabili per vincere.
E’ difficile riassumere in un resoconto tutti gli interventi. Nelle prossime settimane nessuna delle cose dette in questa assemblea saranno trascurate perchè da ognuno di questi interventi sono venuti contributi e
indicazioni.
Segnaliamo, in particolare, gli operai di Marghera che hanno raccontato che quando a Marghera vi è stata una situazione simile a quella di Taranto e hanno chiuso la fabbrica, sono stati gli operai a pagare e basta e che chi vuole chiudere le fabbriche non vuole salvaguardare nessuna salute ma solo colpire la classe operaia. Gli studenti di Napoli del collettivo policlinico che hanno raccontato del loro studio per dimostrare come anche del non lavoro ci si ammala e si muore, e che hanno demistificato l’uso tendenzioso dei dati; a questo si è aggiunto l’intervento del compagno di Clash City Workers che ha parlato dell’esperienza di Bagnoli dove alla chiusura della fabbrica ha corrisposto un ulteriore disastro ambientale, disoccupazione, speculazione e camorra e che ha portato la necessità di unire le lotte come arma dei proletari per rafforzarsi e vincere.
Ogni realtà della Rete, dalla Sicilia a Bergamo, da Ravenna a Milano, ha raccontato le battaglie in corso nelle loro realtà sugli stessi temi; è stato letto i messaggi dei familiari dell’Eureco, di Paderno Dugnano ed è
stato raccontato ciò che avviene a Gela o al porto di Ravenna o nella altre fabbriche siderurgiche.
La Lega ambiente di Taranto ha analizzato le ultima fasi della vicenda dell’Aia denunciando con dovizia di particolari che pur essendo essa insufficiente i padroni dell’Ilva non la stanno applicando, stanno cercando
ancora una volta di fare i furbi e di ingannare operai e cittadini. Per Taranto Futura ha parlato il magistrato Nicola Russo, promotore del referendum del 14 aprile, spiegandone il suo carattere consultivo, il suo
non voler porre come obiettivo la chiusura dell’Ilva ma essere uno strumento in mano ad operai e cittadini per fare pressione su proprietà, Stato e governo per cercare le soluzioni necessari alla tutela del lavoro e
della salute.
Un ex operaio, quadro storico dell’Ilva di Sinistra critica ha fatto un vibrante intervento, dicendo basta alle false soluzioni, perchè questa battaglia anche con l’utilizzo massimo delle nuove tecnologie si può vincere, ma ci vuole una lotta, una grande e vera lotta, che nonostante le grosse mobilitazioni che si sono tenute fatica a realizzarsi.
Operai e cittadini hanno ascoltato, applaudendo, con estrema attenzione tutti gli interventi per prenderne il massimo che possa servire all’organizzazione e alla lotta, cogliendo il senso dell’azione della Rete che è quella di dare più strumenti agli operai e cittadini autorganizzati per fare la battaglia, e di metterli in relazione con tante altre realtà simili di fabbriche dove si muore, di siti inquinanti, per fare questa battaglia a livello nazionale, perchè massiccia in questa lotta è l’azione che nazionalmente gli avversari stanno facendo, con il decreto salva-Ilva del governo, con la militarizzazione della fabbrica, con i vertici associati di Roma di Confindustria, Federacciaio, ministri e sindacati confederali, il cui unico scopo non è di dare lavoro sicuro, sicurezza e salute agli operai e ai cittadini, non è di mettere fine alla Taranto in emergenza ambientale e
sanitaria, ma quella di studiare palliativi per salvaguardare il sistema del profitto.
La Rete con il suo documento finale, approvato dall’assemblea, ha tradotto la sfida lanciata in una piattaforma semplice e lineare che possa essere di sostegno, di unità e riferimento a chi sulla questione Ilva, dalla fabbrica alla città, a livello nazionale si sta impegnando, legando questa piattaforma alle battaglie storiche che la Rete sta facendo sin da quando è nata e che ha portato nelle fabbriche, sul territorio con iniziative, manifestazioni verso tribunali, istituzioni per armare di obiettivi precisi la lotta per la sicurezza sul lavoro, chiave della stessa lotta per la salute in fabbrica e sul territorio.
Ed è stato il rappresentante del Comitato per le vittime del lavoro 12 giugno che ha concluso l’assemblea gridando indignazione e rabbia per gli operai uccisi due volte in fabbrica e nei tribunali, dalle istituzioni, una
rabbia ed indignazione condivisa da tutta l’assemblea che ha raccolto il messaggio di impegno militante che deve divenire di massa contro i padroni assassini per difendere realmente salute e lavoro degli operai in fabbrica come delle donne e dei bambini dei quartieri.
* Rete nazionale per la sicurezza e salute in fabbrica e sul territorio
http://bastamortesullavoro.blogspot.com
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