* www.manifestiamo.eu 08 maggio 2013
Sarà il Voyager data recorder (Vdr) a spiegare uno dei peggiori incidenti nella storia portuale italiana. E’ l’equivalente della scatola nera, il Vdr della Jolly Nero, la portacontainer della compagnia Messina che martedì sera si è schiantata contro il molo Giano, nel porto antico di Genova, causando il crollo della torre di controllo e della palazzina connessa e la morte di almeno sette persone (ma altre due sono disperse).
Il Vdr è stato sequestrato dalla magistratura che ora ne farà una copia forense da far analizzare da un esperto. Esperto da nominare nelle prossime ore. Il Vdr dovrebbe spiegare velocità, manovre ed eventuali avarie.
Intanto sono stati interrogati i 22 membri dell’equipaggio mentre il comandante della nave Roberto Paoloni e il pilota a bordo Antonio Anfossi, sono indagati per omicidio colposo plurimo. La procura genovese non esclude che vengano indagati anche per attentato alla sicurezza dei trasporti marittimi. La torre di controllo distrutta era infatti una struttura di importanza regionale, non solo cittadina (qui sotto la vedete in un’immagine prima del distrastro).
Il comandante della Messina Paoloni, accompagnato da legali di punta, nell’interrogatorio si è avvalso della facoltà di non rispondere,ma l’azienda ha diffuso nel giro di qualche ora la voce che sia scosso ed emozionato. Anfossi invece che appartiene alla cooperativa genovese dei piloti del porto ha spiegato diverse cose e la sua versione è stata secretata.
Restano per ora misteriose le dinamiche. La nave Jolly Nero in mare dal 1976 è ora sotto sequestro a Calata sanità e ha riportato pochi graffi, al momento sembra che fosse in regola con le certificazione del Rina.
Dalle prime ricostruzioni martedì notte poco dopo le undici nelle manovre di uscita dal porto la nave Jolly Nero era accompagnata da due rimorchiatori, il Genua e lo Spagna, e aveva il pilota a bordo. Allora qualcuno ipotizza un’avaria ai motori, oppure all’elica o ancora all’inverter, che è una sorta di trasformatore che porta la corrente per passare dalla poppa via (la retromarcia per i profani) alla marcia in avanti, manovra alla quale è costretta la nave quando da molo Ronco, in testa ai moli di Sampierdarena, deve uscire a Levante, davanti alla fiera del mare di Genova. Oppure semplicemente la nave andava troppo veloce: un’ipotesi di cui ha parlato anche il ministro dei trasporti Maurizio Lupi nel pomeriggio di mercoledì alla Camera: ”Non si possono escludere allo stato diverse cause dell’incidente: possibili avarie di propulsione, eventuali problemi ai cavi dei rimorchiatori, problemi di accosto o di velocità”.
Nella serata di mercoledì però l’agenzia Ansa caldeggia l’ipotesi avaria sostenendo che ”secondo fonti investigative”, il comandante del rimorchiatore Spagna avrebbe gridato al pilota via radio: “Non c’é più acqua, che fate?”. Il pilota avrebbe risposto: “Non ho la macchina” frase per dire che non entrava la marcia avanti. Quindi il Jolly nero sarebbe arrivato alla distanza di un centinaio di metri dalla torre e procedeva a 3,5 nodi di velocità, ma all’ultimo momento un’avaria a bordo avrebbe impedito alla nave di immettere la marcia avanti.
La versione spiegherebbe quindi il disastro con un’avaria imprevedibile. Versione sulla quale si sono allineati preveggenti già nel pomeriggio di mercoledì, a tredici ore circa dal fatto, molti parlamentari nella seduta in Parlamento col ministro dei trasporti Lupi che riferisce dopo esser stato in mattinata a Genova. A parte qualche voce come quella dei genovesi Lorenzo Basso del Pd e Stefano Quaranta di Sel che chiedono maggiore sicurezza facendosi portavoce del sentire di tanti portuali, per il resto è un coro in difesa della compagnia Messina. ”Una compagnia serissima” dice ad esempio Sandro Biasotti del Pdl che ha un’azienda storica di autotrasporto e conosce il porto a menadito. E caldeggia l’ipotesi dell’avaria, quando, a tredici ore circa dal disastro, neppure l’autorità giudiziaria ne ha la benchè minima prova e anzi una fonte primaria della procura genovese ha un moto di stizza con i giornalisti perchè ”l’azienda non collabora”.
Così mentre per tutta la giornata di mercoledì Autorità portuale e capo della Procura sono d’accordo su un fatto: la manovra non doveva avvenire in quel luogo, da altre parti si alzano cori di difesa della compagnia Messina. Il presidente dell’Autorità portuale Luigi Merlo che passa 24 ore sul Molo Giano mentre i cadaveri escono sulle barelle dice già all’alba di mercoledì che la nave non doveva essere lì e la manovra è stata posticipata. Così il capo della procura Michele Di Lecce alle 17 d i mercoledì in un breeefing che diventa una conferenza stampa afferma che ”la manovra è usuale, ma è da capire l’ambito spaziale”. Quindi sembra chiaro che doveva avvenire molto prima della torre, nello specchio portuale appena a ponente. Quindi: perchè la nave è arrivata a ridosso del molo?
Toccherà scoprirlo al pm di turno quella notte che resta titolare dell’indagine, Walter Cotugno. Lo stesso che si era occupato della lunga indagine contro il past presidente dell’Autorità portuale Giovanni Novi, accusato di turbativa d’asta, concussione e truffa e cacciato ai domiciliari con grande scandalo cittadino nel febbraio 2008, per altro insieme ad altri indagati. Tra l’altro era accusato di aver favorito la compagnia portuale Culmv sul conferimento di fondi per il mancato lavoro. Fu messo ai domiciliari, gli fu impedito di visitare in ospedale la moglie morente e si dimise da presidente. L’inehiesta era partita l’anno prima proprio da denunce dei Messina. Un contrattacco a diverse scelte di Novi tra cui monitorare la redditività dei moli rispetto ai metri quadri concessi dall’Autorità portuale ai terminalisti. Novi fu poi condannato a pochi mesi in primo grado nonostante Cotugno avesse chiesto sei anni e infine fu prosciolto per prescrizione dei reati dalla corte d’appello nel marzo 2012.
I portuali
I porti hanno dei grandi silenzi. Spazi dilatati in cui ti perdi. Strade in cui puoi camminare in perfetta solitudine per decine di minuti. Moli dove il vento batte impietoso.E’ il silenzio dei porti. E’ il silenzio che si respirava mercoledì per tutta la giornata in cima al Molo Giano, a pochi metri dalla palazzina e dalla torre distrutte, mentre sommozatori e vigili del fuoco e unità diverse come i Consubin della Marina erano all’opera alla ricerca di vivi e morti. Tanta gente e un grande silenzio. Ma il porto ha anche voci e rumori che spesso coincidono con la marea umana che ci lavora. E sono sempre i portuali a raccontare che cosa succede davvero. Le prassi di carico e scarico, la fretta delle procedure, le concessioni pluridecennali ai terminalisti manco fossero Bokassa, la violenza di scelte che erodono la sicurezza per aumentare il profitto e quel sentirsi schiacciati tra portare a casa la pagnotta e incazzarsi.
Mercoledì mattina alle nove hanno fatto un corteo da ponte Etiopia a Sampierdarena fino a Caricamente. Un disastro simile deve avere delle cause e loro che conoscono il porto come le loro tasche le cercano. Ad esempio qualcuno spiega che quando il tempo è buono non è inusuale che i rimorchiatori affianchino la nave senza tirare il cavo a bordo. Quindi la prima domanda degli inquirenti dovrebbe essere relativa a come stavano operando i due rimorchiatori in questione Genua e Spagna. E insospettisce il cronista che mercoledì mattina i rimorchiatori riuniti che hanno la sede in un vecchio scagno proprio a Caricamente facessero già muro di gomma: era sceso l’ordine di non spiegare niente a nessuno e quindi tutto un coro di: non si sa bene. Così ai Rimorchiatori riuniti è stato difficile avere la versione dei fatti e resta la domanda: avevano dato la cima lo Spagna e il Genua o no?
Secondo quesito: a che velocità andava la nave? Ce lo dirà la scatola nera.
Ma mentre al porto di Genova ci si pongono solo domande, nella question time in Parlamento e qualche ora dopo a Molo Giano, i parlamentari nutrono solo certezze. La versione nel giro di qualche ora diventa che ”i Messina stavano rispettando tutte le procedure del caso, avevano due rimorchiatori invece di uno, quindi deve essere successa qualche disgrazia, deve esserci stata un’avaria”. Quello che dice Biasotti a Roma rimbalza al molo Giano: poco dopo la partenza del premier Enrico Letta passato a vedere il luogo del disastro e i feriti negli ospedali di Villa Scassi e del Galliera, il parlamentare Pd Marco Tullo dice che: ”stamattina pensavo che potesse esserci stata qualche leggerezza, ma ora so che c’erano due rimorchiatori e tutte le procedure di sicurezza erano rispettate, quindi dev’esserci stata un’avaria”.
Tornando alle voci dei portuali, ce ne sono di quelli dotati di buona memoria che ricordano che si tratta almeno del terzo incidente in porto della compagnia Messina. Ad esempio nel 2002 il Jolly Verde impattò a molo Libia tirandosi giù una gru. D’altra parte proprio la Capitaneria di porto, tanto ferita da questo disastro marittimo, spiega dati alla mano che nel porto di Genova ci sono 14 mila manovre all’anno e 4 mila incidenti, spesso per fortuna di lieve entità. Troppi per allentare i dispositivi di sicurezza. E allora fa specie che proprio la Messina con Confitarma abbia recentemente chiesto di autogestire i servizi portuali. Insomma eliminare i costi di rimorchiatori e piloti e gestirli con personale proprio a bordo.
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Gianluigi Moise
E’ storia vecchia quella delle manutenzioni meccaniche ed elettroniche, carissime in campo navale, ridotte all’osso come pure vecchia quella delle manovre senza cavi con rimorchiatori solamente “nei pressi” della nave. L’avaria al motore, all’invertitore dell’elica o alle pompe idrauliche che controllano il timone diventa così possibile; se è vero che i rimorchiatori c’erano ma non erano agganciati, oppure si erano sganciati in anticipo, è sicuramente grave ed il capitano pilota a bordo (non il comandante) dovrà spiegare il perché di tale procedura. Ricordiamo che la presenza di un “pilota” esperto del porto (per chi non lo sa è un ufficiale che affianca il comandante all’entrata ed all’uscita dal porto) è una garanzia per il comandante della nave, che gli affida la conduzione del mezzo.