Lunedì 10 e martedì 11 aprile si svolgerà a Lucca il summit tra i ministri degli esteri delle 7 potenze economiche e militari del mondo (G7). Per l’occasione, in cui si discuterà di “politica estera e sicurezza internazionale” – che tradotto vuol dire guerra, frontiere blindate e repressione – la città di Lucca, in perfetta continuità con il clima repressivo e securitario alimentato e foraggiato dal ministro della sicurezza e della paura Marco Minniti, si sta preparando ad accogliere non solo i ministri degli esteri, ma anche chi tutti i giorni si oppone a sfruttamento, guerre e repressione e che necessariamente sarà in piazza lunedì 10 per contestare questo summit di guerrafondai.
Non tarda, infatti, la questura di Lucca nell’imporre una zona rossa sul centro storico, impedendo l’accesso in città alla manifestazione e regolamentando l’accesso degli stessi residenti, costretti a dotarsi di un pass e ad essere sottoposti a identificazione obbligatoria. Queste sono le misure frutto della politica dell’emergenza e della paura che, in nome della sicurezza, rappresentano la principale dimensione in cui si vagliano nuove normative restrittive di controllo e repressione, come l’ultimo decreto Minniti.
Riteniamo che la realtà ci restituisca un quadro di guerra ormai chiaro e lampante; siamo sempre più asserviti a uno stato belligerante e a una società che si esprime nella gestione poliziesca delle contraddizioni sociali. Sul fronte esterno i militari, con le armi in pugno, difendono gli interessi delle potenze occidentali, mentre sul fronte interno le forze dell’ordine e collaboratori vari concorrono nel preservare un regime dominato dal crescente impegno bellico. I ministri degli esteri che saranno presenti a Lucca sono i diretti artefici della strage quotidiana che si consuma tra chi cerca di attraversare i confini europei, scappando dalle guerre che sono proprio loro a provocare; sono i colpevoli delle condizioni di sfruttamento, ricattabilità e marginalità sociale in cui i migranti si trovano costretti a vivere e lavorare, così come degli affari che si consumano sulla loro pelle all’interno di un meccanismo di controllo delle loro vite, la cosiddetta “accoglienza”, che porta benefici solo agli avvoltoi che ci lucrano sopra.
Crediamo che in questa fase di duro attacco alle condizioni di vita dei lavoratori, al perenne ricatto di cui sono investiti gli immigrati, alla guerra imperialista in corso e alla morsa repressiva che investe ogni ambito delle nostre vite – dai posti di lavoro, alle scuole, all’università, fino alle piazze e alle strade – sia necessaria una risposta che sia in grado contestare il ruolo storico e presente che NATO, USA e Unione Europea svolgono nella determinazione di queste politiche di guerra, repressione e sfruttamento.
Saremo in piazza per ribadire ancora una volta che vostre sono le guerre e nostri sono i morti, da San Pietroburgo a Damasco, da Londra sino alle coste del Mediterraneo. Che il nostro nemico è chi affama, bombarda e opprime i popoli, non chi fugge ed emigra da terre insanguinate e depredate, che i nostri compagni e le nostre compagne sono chi lotta e combatte per un mondo senza più guerre, frontiere e sopraffazione, da una parte e dall’altra del Mediterraneo.
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