Tra le rarefatte notizie che si possono trovare (cercando bene) sul processo Marlane-Marzotto in corso al tribunale di Paola, oggi ne arriva una che conferma il nesso causa-effetto tra sostanze impiegate nelle lavorazioni, decessi di lavoratori e inquinamento. Finalmente, con forte ritardo rispetto ai tempi previsti, è stata presentata la perizia del pool di esperti incaricati dal tribunale di Paola a verificare cosa è successo nello stabilimento calabrese. Seppur in assenza di uno dei “super periti”, i risultati raggiunti sono stati esposti durante l’udienza di ieri. Ebbene, nella perizia, si evidenzia che almeno alcuni casi di tumore sono stati provocati con certezza all’esposizione dei lavoratori al cromo. A questa conclusione gli esperti sono arrivati non basandosi su stime statistiche, ma grazie all’utilizzo di dati certi e certificati. Secondo la perizia, inoltre, esiste, tra i lavoratori della Marlane, un eccesso di casi di tumore al polmone e alla vescica. Sempre secondo gli esperti, il fatto di lavorare in ambiente unico (più volte è stato denunciato l’abbattimento delle pareti divisorie tra i diversi reparti dello stabilimento calabrese) ha costretto al contatto con le sostanze cancerogene tutti i lavoratori impiegati e non solo quelli che operavano nel reparto tintoria o nella cucina colori. La perizia, inoltre, evidenzia che la dotazione di dispositivi di protezione individuale era insufficiente, che l’insicurezza nello stabilimento era aggravata dall’utilizzo di sistemi di areazione a parziale ricambio d’aria e dal sollevamento di polveri nocive per l’utilizzo, nelle pulizie, di macchinari ad aria compressa. Per quanto riguarda il danno ambientale, gli esperti hanno esaminato precedenti rilevazioni in quanto sono passati troppi anni per poter ottenere risultati apprezzabili da campionamenti effettuati oggi. Secondo le conclusioni dei periti, il danno ambientale sarebbe molto probabile in quanto sono state rilevate, nei terreni dello stabilimento, grandi quantità di trimetril due benzilammina, una sostanza che, pur non essendo qualificata come cancerogena, è estremamente pericolosa, perché tossica e non solubile. La sua pericolosità per la salute dell’uomo, inoltre, aumenta con l’esposizione al calore.
Da queste notizie, che riassumono sinteticamente la perizia voluta dal tribunale di Paola, si evince che quanto affermavano i lavoratori della Marlane, le organizzazioni sindacali (Slai Cobas e Si Cobas) e le associazioni ambientaliste calabresi che li hanno sempre sostenuti erano assolutamente attinenti alla realtà. Alla Marlane l’ambiente di lavoro era pericoloso e, questo, ha contribuito al proliferare di malattie e decessi tra i lavoratori.
È necessario che si arrivi in tempi rapidi alla sentenza di questo processo che sembra non finire mai e che si sta svolgendo nell’indifferenza dei grandi mezzi di informazione e dei partiti che siedono in parlamento e in particolar modo da quelli che sostengono il governo Renzi. Questi ultimi, evidentemente interessati ad approvare leggi (come il ddl n. 34 del 20 marzo 2014 ) che rendono sempre più precario, instabile e, quindi, insicuro il lavoro.
Bisogna arrivare alla sentenza di primo grado per scongiurare qualsiasi ipotesi di prescrizione.
Noi, comunisti italiani di Vicenza, vogliamo fare un ennesimo appello alle forze politiche, ai sindacati, alle associazioni, ai singoli cittadini democratici vicentini di prendere coscienza che nello stabilimento Marlane-Marzotto di Praia a Mare ha avuto luogo una tragedia di enormi proporzioni e che le condizioni di lavoro hanno favorito tale tragedia. Mobilitatevi. Chiedete anche voi che si arrivi in tempi brevi alla sentenza. Pretendetelo. Non abbiate timore anche se gli imputati sono molto conosciuti e portano cognomi illustri.
Sia fatta verità e giustizia per i morti della Marlane.
Partito dei Comunisti Italiani
Federazione di Vicenza
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