Il tribunale di Taranto ha condannato 28 ex dirigenti dell’Ilva per le morti causate dall’amianto ed altri cancerogeni provenienti dallo stabilimento siderurgico. Le pene più alte sono state inflitte agli ex manager della vecchia Italsider pubblica alla quale subentrò il gruppo Riva. Tra questi,Giovanbattista Spallanzani, condannato a 9 anni.
Sono 31 i casi esaminati di morti per mesotelioma e cancro polmonare di lavoratori che hanno svolto varie mansioni nello stabilimento siderurgico di Taranto sia nel periodo gestito dall’Italsider che dall’Ilva, ma non per tutte le ipotesi di omicidio colposo è stata riconosciuta la condanna, nell’ambito del processo che si è concluso oggi a Taranto.
Intanto, dal dispositivo della sentenza distribuito dalla cancelleria del tribunale è emerso che sono 27, e non 28 come si era appreso in un primo momento, gli imputati condannati dal giudice monocratico Simone Orazio nel processo a carico di ex dirigenti dell’Ilva. È stato assolto infatti il giapponese Hayao Nakamura, per il quale era stata chiesta la condanna a due anni e mezzo. Il manager in un primo momento fu chiamato come consulente e per un periodo è stato anche amministratore delegato con la gestione pubblica.
Il massimo della pena, 9 anni e mezzo, è stato inflitto all’ex direttore dell’Italsider Sergio Noce. A seguire 9 anni e due mesi ad Attilio Angelini, 9 anni a Giambattista Spallanzani e Girolamo Morsillo, 8 anni e sei mesi a Giovanni Gambardella, Giovanni Gillerio, Massimo Consolini, Aldo Bolognini e Piero Nardi, 8 anni a Giorgio Zappa, Giorgio Benevento e Francesco Chindemi, 7 anni e 10 mesi a Mario Lupo, 7 anni a Renato Cassano, 6 anni a Fabio Riva, Luigi Capogrosso, Nicola Muni e Franco Simeoni, 5 anni a Costantino Savoia, Mario Masini, Lamberto Gabrielli, Tommaso Milanese e Augusto Rocchi, 4 anni a Bruno Fossa, Riccardo Roncan, Alberto Moriconi ed Ettore Salvatore. Sono state riconosciute inoltre provvisionali nei confronti delle parti civili: l’Inail, la Fiom Cgil, la Uil e i familiari di alcune vittime.
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