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Giuseppe Uva: è guerra di perizie


Processo Uva: Un’ombra pesantissima sull’operato del Pm

fonte: Varese News

Il 19 marzo si terrà l’interrogatorio in aula dei tre periti che, su incarico del tribunale, hanno scritto la perizia sul corpo riesumato di Giuseppe Uva. Il processo a carico di un medico, nel 2008 in servizio all’ospedale di Varese, Carlo Fraticelli, entra nella sua fase decisiva. La perizia chiesta dal giudice Orazio Muscato afferma che le dosi di sedativi somministrate non sono compatibili con la morte.
Il medico si avvia a essere scagionato? Il pubblico ministero Agostino Abate non è tenuto ad accogliere come definitive le conclusioni dei periti. La pubblica accusa inoltre ha chiesto la ricusazione del collegio peritale formato da Angelo Demori, Santo Davide Ferrara e Gaetano Thiene perché quest’ultimo ha realizzato una consulenza di parte per Fabio Anselmo al processo Aldrovandi di Ferarra, e dunque non sarebbe super partes.
La difesa dello psichiatra imputato, ovviamente, ha accolto la perizia con grande soddisfazione; l’avvocato Renato Piccinelli ritiene provata l’innocenza del suo assistito.
La parte civile delle sorelle Uva, invece, sostiene che la perizia non abbia fugato tutte le ombre perché i medici dicono, tra le altre cose, che non sono in grado di spiegare che cosa accade in caserma quella notte (tra l’ora del fermo alle 3 e l’ora del ricovero alle 5 e 48). «E’ un’ombra pesantissima sull’operato del pm» attacca l’avvocato Fabio Anselmo.
Saranno gli stessi periti a spiegare in aula che cosa intendessero scrivere davvero nella loro relazione. Le prove si formano nel dibattimento con il contraddittorio tra le parti. La perizia afferma che Uva è morto per una tempesta emotiva causata da un mix di fattori: l’alcol che aveva ingerito in grande quantità, ma anche la contenzione e le lesioni.
Perché non si può dire che fu picchiato a morte? Nella relazione si afferma che la contenzione non fu violenta poiché non ci sono tracce di legature o forte pressione (è contenzione anche solo l’essere stato costretto a soggiornare in una stanza). Inoltre, le lesioni per i periti sono di lieve entità e oltretutto è impossibile stabilire se siano state prodotte da gesti di autolesionismo oppure prodotte da colpi inferti da terze persone.
Un’ipotesi che da un lato esclude che morì per un pestaggio, ma dall’altro non esclude in astratto un intervento con qualche errore di gestione da parte delle forze dell’ordine. Sono tutti i dubbi che si stanno ponendo in queste ore gli avvocati. L’interrogatorio dei periti potrà chiarire senza ambiguità cosa intendessero dire con quelle formule così sofisticate come «tempesta emotiva».
Del processo resta certamente un fatto politico. Negli ultimi giorni sono comparse in alcune città della provincia scritte contro l’omicidio di stato: a Varese, ma anche a Gallarate, dove Giusepe Uva è divenuto, per alcuni, il simbolo di una presunta repressione in stile anni settanta.

 

Morte di Giuseppe Uva, le perizie che riaprono il caso

Mario Di Vito – Eilmensile

Ancora ombre sul caso di Giuseppe Uva, l’operaio morto nel 2008 a 43 anni dopo essere ‘sparito’ per tre ore all’interno della caserma dei carabinieri di Varese.  Era la notte tra il 14 e il giugno del 2008, quando Uva, insieme con un suo amico, Alberto Biggiogero, veniva fermato dai carabinieri. I due avevano bevuto e avevano messo delle transenne in mezzo alla strada, una bravata, poco più. I carabineri li portano in caserma e li mettono in due stanze diverse. Biggiogero sente le grida del suo amico e chiama il 118 per chiedere aiuto. Poi saranno gli stessi carabinieri a chiamare il prontosoccorso per richiedere un Tso nei confronti di Uva. L’uomo sarebbe morto in ospedale. “Era pieno di lividi – sostiene una sorella di Giuseppe -. Aveva bruciature di sigaretta dietro il collo e i testicoli tumefatt. Mi hanno spiegato che Pino ha dato in escandescenze, che è andato a sbattere contro i muri, ma quelle ferite non si spiegano così”.

Lunedì  andrà in scena l’interrogatorio in aula dei tre periti che hanno scritto la perizia sul corpo riesumato dell’uomo.Nell’analisi, chiesta dal giudice Orazio Muscato, si afferma che Uva non è morto per le dosi di sedative che gli erano state somministrate in ospedale. Così, Carlo Fraticelli, medico nel 2008 in servizio all’ospedale di Varese, potrebbe andare incontro ad un’assoluzione, dopo essere stato accusato di aver ucciso Giuseppe Uva con la somministrazione di un ansiolitico la mattina del 14 giugno 2008. Nella perizia si legge che la morte dell’uomo sarebbe arrivata per “stress emotivo” dovuto all’alcool insieme alle “misure di contenzione fisica” e alle “lesioni traumatiche auto ed eteroprodotte “. Su ciò che ha causato l’infarto, invece, “non è possibile fare ulteriori osservazioni” a causa della “assoluta mancanza di documentazione inerente il periodo tra il fermo delle 3 e la relazione medica che prescrive il Tso”. Tra le altre cose, i periti hanno trovato “escoriazioni prodotte dall’urto contro un corpo contundente, espressione di una forza di lieve entità, con l’eccezione dei tessuti molli pericranici, ove l’intensità appare fotograficamente di maggiore rilevanza”.Sul fronte delle reazioni, l’avvocato della famiglia Uva, Fabio Anselmo ha osservato come la perizia sia “un macigno sul pm che dopo oltre tre anni non ha aperto un fascicolo su quanto successo in caserma”.

Insomma, la perizia redatta da Angelo Demori, Santo Davide Ferrara e Gaetano Thiene, da un lato afferma che la morte per pestaggio è da escludere, mentre dall’altro non esclude un qualche “errore di gestione” del caso da parte delle forze dell’ordine. Giuseppe Uva, in sostanza, sarebbe morto a causa di una tempesta emotiva causata da diversi fattori: l’alcol che aveva ingerito in grande quantità, ma anche la contenzione e le lesioni. Il caso è apertissimo e la verità su quanto accaduto in quei tragici giorni del giugno 2008 sembra ancora lontanissima.

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