Li chiamano periti. Dovrebbero essere tecnici specializzati indipendenti. Ma quelli incaricati dalla III Corte d’Assise di Roma sul caso di Stefano Cucchi, nel loro maxirapporto giungono alla incredibile conclusione che la morte del giovane romano nel repartino dell’ospedale Sandro Pertini dove era stato ricoverato dopo l’arresto, fu dovuta “a una grave carenza di cibo e liquidi”.
Una versione assurda, fantasiosa, ridicola, priva di fondamento scientifico. Il cui unico scopo è incolpare i medici distratti – che non si resero conto di essere davanti a un caso di malnutrizione grave – e di scagionare i carabinieri che lo arrestarono e le guardie carcerarie che lo ebbero in custodia per alcuni giorni. Che Cucchi sia morto di fame e di sete è una versione che non sta in piedi, e che dovrebbe far ridere se non facesse piangere. Così come piangeva ieri la sorella della vittima, Ilaria Cucchi, intervistata da qualche radio o televisione (la maggior parte hanno riportato la marchetta dei periti come se si trattasse di una notizia).
Non si può morire di fame e di sete in tre giorni. Soprattutto non in un ospedale. E le fratture? E le botte i cui segni sul corpo martoriato del geometra romano hanno fatto il giro del mondo, grazie al coraggio e alla determinazione della famiglia che ne diffuse le foto per impedire che l’omicidio cadesse nell’oblio? Niente, i periti del tribunale non sanno dare una spiegazione. Con un ‘tutto può essere’ rimuovono il problema. Cucchi è morto di fame.
D’altronde, anche l’anarchico Pinelli, buttato giù il 15 dicembre da una finestra della questura di Milano fu vittima, secondo le indagini che si conclusero nel 1975 con una sentenza, di ‘un malore attivo’. Un malore attivo?
Se non si ha una spiegazione che scagioni gli uomini in divisa, basta inventarla. E se a inventarla sono i periti, i tecnici, gli scienziati, allora il cerchio si chiude. E l’incredibile diventa, ufficialmente, credibile.
E’ un modello standard, una procedura ben oliata. I rapporti di polizia e le perizie dei tribunali su tantissime delle vittime di ‘malapolizia’ degli ultimi anni sono zeppe di “morti per arresto cardiocircolatorio” e simili. Sorvolando sulle vere cause. Ad esempio sul fatto che qualche energumeno in divisa si sieda sulla tua schiena, e ti schiacci il torace fino a farti scoppiare il cuore. Oppure che uno o più tutori della legge ti riempiano di botte fino a ridurti gli organi interni in poltiglia. Arresto cardiaco. Come dire che se ti accoltellano la responsabilità della tua morte va addebitata all’emorragia e non all’accoltellatore.
Nel caso di Stefano Cucchi, dicono i periti dell’Istituto Labanof di Milano, al massimo si potrebbero incolpare i medici del reparto di medicina protetta dell’ospedale Pertini di “condotta colposa, a titolo sia di imperizia, sia di negligenza, quando non dimancata osservanza di disposizioni comportamentali codificate”.
Appurato che Cucchi è morto di fame e Cristo di freddo, resta da scoprire di cosa è morta la verità…
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morlia
Un anatomopatologo degno di questo nome sa riconoscere la differenza fra traumi da percosse e traumi da caduta, può darsi che la perizia l’abbiano fatta i poliziotti!!!