In un paese dove i magistrati sono ormai al centro della polemica politica – esecrati come ‘toghe rosse’ oppure scelti come portavoce di istanze politiche di vario tipo – ci si sarebbe aspettatati che una notizia così apparisse sui media con evidenza. E invece no.
La notizia è che Angela De Milato, la nipote di Giuseppe Uva, l’uomo morto nel 2008 aVaresedopo essere stato fermato dai carabinieri, ha denunciato il pm diVareseAgostino Abate. La denuncia é stata depositata ieri alla Procura di Brescia.
De Milato ricorda che “mio zio Giuseppe Uva, come emerso dalla perizia dibattimentale, é morto la notte tra il 14 e 15 giugno 2008 per quanto è stato costretto a sopportare e subire all’interno della caserma dei Carabinieri diVaresedove era stato portato con la forza e senza un motivo legalmente giustificato o giustificabile”. Secondo la nipote di Uva, “la singolare auotoarchiviazione o cestinazione dell’arresto abusivo/sequestro di persona, omissione di soccorso, lesioni, violenza privata e morte di Giuseppe Uva potrebbe rendere improcedibile la richiesta di avocazione dello stesso e di fatto paralizzerebbe il dovuto esercizio dell’azione penale per un periodo tale da rendere impossibile un’interruzione dei termini di prescrizione previsti dalla legge”. Inoltre “la particolarità, l’eccezionalità e le modalità dei comportamenti degli atti con cui tale risultato verrebbe ad essere conseguito, non possono non lasciare intendere, o quantomeno ipotizzare ad avviso dell’esponente, una precisa volontà o comunque una piena consapevolezza in capo ai due magistrati che li hanno posti in essere con preciso riferimento soprattutto al dottor Agostino Abate”. Angela De Milato spiega quindi di “dover denunciare tali condotte e sottoporle all’autorità giudiziaria, chiedendo che vengano svolte indagini nei confronti del dottor Agostino Abate e di ogni altro che venisse ritenuto responsabile, per le ipotesi di reato che fossero ritenute sussistenti”.
Nella denuncia la nipote segnala le numerose anomalie nelle indagini condotte dalla Procura diVarese. Ed evidenzia ”profili di problematicità emersi sia dagli atti d’indagine che in sede di dibattimento nel processo a carico di Fraticelli – il medico dell’ospedale diVarese assolto in primo grado dall’accusa di omicidio colposo – in ordine alle condotte dei pubblici ufficiali che hanno tenuto in custodia mio zio per ben tre ore”. ”Lo stesso giudice diVareseMuscato, al termine del processo Fraticelli, ha espressamente disposto e ordinato che la Procura della Repubblica diVarese procedesse proprio su questi fatti specifici e sulla notizia di reato – si legge nella denuncia -. I pm sono perfettamente consapevoli che tale notizia di reato, se ritenuta infondata, avrebbe dovuto essere sottoposta al vaglio di un gip che invece ostinatamente hanno fino ad oggi tentato di eludere – prosegue – e hanno così agito perché consapevoli che nessun gip l’avrebbe archiviata ritenendo sussistenti tutti gli elementi per procedere”.
Accuse gravissime quelle rivolte dalla nipote di Giuseppe Uva al pm Abate: «Dovrà processare tutta la nostra famiglia per farci tacere – dice riferendosi al magistrato – sono stanca delle vessazioni che subisce mia mamma di fronte all’indifferenza di tutti coloro che dovrebbero intervenire». A Varese è in corso una vera e propria guerra di querele: di ieri la notizia che i carabinieri hanno sporto denuncia per diffamazione contro gli autori del documentario ‘Nei secoli fedele’ (Adriano Chiarelli e Francesco Menghini), dedicato proprio alla morte di Giuseppe Uva e alle incongruenze dell’inchiesta che ne è seguita. Dei giorni scorsi invece la notizia della denuncia nei confronti di Lucia Uva, sorella della vittima, e di un giornalista de Le Iene, anche in questo caso per diffamazione.
Contro la criminalizzazione delle vittime e di chi indaga su quanto avvenne nella caserma dei Carabinieri, contro la possibilità della prescrizione i familiari di Giuseppe Uva, e per chiedere la riapertura delle indagini alcune associazioni hanno deciso di organizzare il 16 aprile un presidio davanti al Palazzo di giustizia diVarese.
In quella data, infatti, é prevista l’udienza preliminare a carico di due medici dell’ospedale diVareseaccusati di omicidio colposo per presunti errori nelle cure somministrate a Uva, ricoverato con trattamento sanitario obbligatorio dopo che aveva trascorso parte della notte in caserma, fermato per strada insieme ad un amico, Alberto Bigioggero. ”La Procura non ha mai indagato seriamente su quello che é successo in caserma – spiega Lucia Uva – per questo contestiamo il fatto che vengano rivolte accuse ai medici”. Al presidio hanno già dato la propria adesione, oltre ai familiari di Uva, anche Ilaria Cucchi, Patrizia Moretti, Domenica Ferrulli e altri parenti di persone morte in casi di ‘malapolizia’. A sostenere l’iniziativa associazioni come ‘A buon diritto’ e ‘Antigone’.
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