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Detenuta ai domiciliari accusa: “Violentata dai poliziotti”

 

All’attenzione dei pm di Roma sono finiti due agenti del commissariato San Basilio, denunciati da una donna ai domiciliari che ha raccontato una storia agghiacciante: la notte tra il 2 e il 3 giugno, i due agenti avrebbero abusato di lei, proprio nelle ore in cui una “squadretta punitiva” della Mobile, composta da quattro agenti, veniva portata a Regina Coeli con l’accusa di aver taglieggiato i commercianti stranieri della Capitale.

E ora Sandro Contrado e Alessandro Stronati, rispettivamente assistente capo e collaboratore tecnico della polizia di stato, sono indagati con l’accusa di violenza sessuale di gruppo ai danni di una ragazza ventiseienne cubana difesa dall’avvocato Stefano Giorgio. Agli atti dell’inchiesta, condotta dal pm Francesca Passaniti, ci sono le registrazioni ambientali delle violenze realizzate dalla vittima. Anche se sulla veridicità delle registrazioni gli inquirenti sono molto cauti. 

La vittima era finita in manette in marzo, insieme al marito, con l’accusa di sfruttamento della prostituzione. I due gestivano un locale, La Mimosa, rivelatosi una sorta di «casa chiusa», con ragazze che offrivano sesso a pagamento. Il club era stato chiuso nel corso di un’operazione degli agenti del commissariato San Basilio: in quell’occasione, avrebbe visto per la prima volta i due uomini in divisa che accusa della violenza. 
La donna era stata messa agli arresti domiciliari e lo scorso 2 giugno, alle nove di sera, a casa sua avrebbero bussato i due agenti, avvisando che sarebbero tornati dopo la mezzanotte per effettuare una persuisizione. Più tardi si sarebbero quindi ripresentati in abiti civili e avrebbero abusato della ragazza, lasciando tra l’altro una gran quantità di tracce ora all’esame della polizia scientifica. «Acqua in bocca, se no diciamo che sei evasa e ti spediamo a Rebibbia», avrebbero detto alla vittima minacciandola prima di andarsene. Ma la ragazza avrebber registrato quanto avvenuto attraverso un registratore nascosta, per poi denunciare l’abuso agli inquirenti. 
I due agenti, tramite i loro avvocati si difendono parlando invece di una trappola messa in atto dalla donna: prima li avrebbe invitati a condividere un rapporto sessuale, e poi avrebbe deciso di denunciarli e quindi di incastrarli.

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