Ai giudici della Corte d’appello di Perugia, il pg Giuliano Mignini ha chiesto ieri di confermare la condanna di un anno e mezzo di carcere già finlitta dal tribunale a Gianluca Cantoro, l’agente penitenziario ritenuto colpevole di omissione di soccorso e di atti d’ufficio durante la notte del 14 ottobre del 2007 quando Aldo Bianzino, un falegname di 44 anni arrestato poco prima perché coltivava poche piantine di marijuana, morì in una cella del carcere umbro di Capanne senza alcuna assistenza.
Nell’udienza di ieri il sostituto procuratore generale ha richiamato quanto emerso nel corso delle indagini e dichiarato da alcuni detenuti che si trovavano nello stesso corridoio del detenuto morto. I testimoni sentirono Bianzino chiamare aiuto più volte, senza che l’agente di guardia intervenisse in alcun modo. Bianzino continuò a suonare il campanello, e quando finalmente il secondino si degnò di affacciarsi, gli disse che stava male, ma Cantoro rispose che non era niente e che sarebbe ripassato la mattina successiva. Il detenuto poco più tardi riprese a chiedere aiuto e per tutta risposta, hanno testimoniato gli altri reclusi, Cantoro gli avrebbe urlato di “non rompere”.
Durante il processo ieri sono intervenuti anche gli avvocati di parte civile dei famigliari di Bianzino, Fabio Anselmo, Massimo Zaganelli e Cinzia Corbelli, che naturalmente hanno sostenuto la richiesta della pubblica accusa. Per l’arringa della difesa, le eventuali repliche e la sentenza occorrerà aspettare il prossimo 16 aprile.
Inizialmente le indagini avevano ipotizzato un omicidio volontario contro ignoti ma il fascicolo fu archiviato dal gip Massimo Ricciarelli due anni dopo. Nella sentenza di condanna contro Cantoro, 42enne di Atri, il giudice spiega che nessun detenuto della sezione «2B» ha «fornito elementi per ipotizzare un litigio o un pestaggio (…)». «La lesione al fegato è compatibile con le manovre repiratorie», «l’emorragia all’interno del cranio non è effetto di percosse ma è l’emersione dell’emorragia sub aracnoidea, per sua natura imprevedibile, che è la vera causa del decesso», è scritto ancora.
Nel 2009 i consulenti medico-legali della procura stabilirono che a provocare l’emorragia cerebrale fu la rottura di un aneurisma, circostanza indipendente quindi dall’arresto e da un eventuale pestaggio. Una spiegazione che non convince l’avvocato Cinzia Corbelli. Secondo un altro perito, il professor Vittorio Fineschi, che pure conferma la presenza di una emorragia subaracnoidea che ha provocato la morte di Aldo Bainzino e la presenza della lesione al fegato, l’insorgenza dell’emorragia, che inizialmente fu di modesta entità perché non avrebbe inondato di sangue le parti più profonde del cervello, potrebbe anche essere stata provocata da un trauma: una torsione della testa, uno scuotimento, qualcosa che abbia causato una lacerazione e un’uscita di sangue. Inoltre per Fineschi anche la lesione al fegato, su un soggetto morto, con un versamento di sangue come quello di Bianzino solleva più di una perplessità.
L’agente penitenziario, ieri presente in aula assieme ai suoi legali Daniela Paccoi e Silvia Egidi, finora è l’unico condannato per la tragica morte del falegname di Pietralunga, sulla quale comunque permangono numerosi aspetti oscuri. La difesa chiede che i due reati – omissione di soccorso e omissione di atti d’ufficio – vengano accorpati e la pena ridotta. Ma le responsabilità di Gianluca Cantoro sono più che evidenti, e il capo di imputazione nei suoi confronti appare sottodimensionato rispetto alla gravità del suo comportamento ‘omissivo’.
Come ha spiegato ieri uno degli avvocati di parte civile, Massimo Zaganelli: «Il detenuto in carcere che ha bisogno di aiuto non ha altri mezzi o persone a cui rivolgersi. Il fatto è gravissimo. Immaginiamo di trovarci un attimo in quelle condizioni, la vita ti scappa, chiedi aiuto e nessuno te lo offre».
Ieri, mentre all’interno del palazzo di giustizia intervenivano i legali, all’estero, in piazza Matteotti un gruppo di manifestanti ha chiesto che sulla vicenda venga fatta giustizia. I dimostranti, controllati a vista da un nutrito drappello di Digos e Carabinieri, hanno esposto striscioni che recitavano «Verità per Aldo, no alla violenza» e «Bianzino assassinato?!».
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