La terza sezione della Corte di appello di Genova ha confermato questo pomeriggio la condanna a 2 anni con la condizionale per Luca Cinti, vicequestore di polizia e dirigente del Reparto mobile di Bologna nei giorni del G8 del 2001.
A noi sembra importante sia la conferma in appello che il reato contestato. Stiamo infatti parlando di un vicequestore (grado superiore a quello di commissario), non di un poliziotto qualsiasi che magari si sente preso in mezzo tra superiori e magistratura. E stiamo parlando di “falsa testimonianza”, ovvero di dichiarazioni menzognere rese a un giudice sui fatti di cui si è stati testimoni o protagonisti. Reato importante, dunque, perché comprova che anche a livelli alti di responsabilità la “manomissione” dei rapporti è considerata cosa “normale”. Pensiamo ai mille episodi assai meno “importanti” – agli occhi di un comune poliziotto – del massacro premeditato contro i manifestanti di Genova 2001. Pensiamo a tutti i Cucchi, Aldrovandi, Uva, Magherini, ecc che hanno riempito in seguito le cronache nere dell’Italia “minore”.
Il 20 luglio 2001, secondo l’accusa, intorno alle 15 il reparto mobile di Bologna (quello comndato allora dal vice questore sotto processo) caricò i manifestanti che erano pacificamente concentrati in piazza Manin; nel corso delle cariche vennero arrestati due ragazzi spagnoli, in seguito imputati di di “resistenza a pubblico ufficiale”.
Una serie di “prove” posticce fu quindi fabbricato per sostenere quell’accusa: i due – nel rapporto – venivano indicati come possessori di spranghe e molotov. Peccato che una delle tante riprese video già allora “girate” indicasse una dinamica del tutto opposta.
Nel rovesciamento processuale I quattro poliziotti rotagonisti dell’arresto (Antonio Cecere, Luciano Berretti, Marco Neri e Simone Volpini) furono dunque condannati a 4 anni di reclusione e 5 anni di interdizione dai pubblici uffici per “falso e calunnia”. La condanna è poi passata in giudicato e quindi i quattro sono attualmente sospesi dal servizio.
In primo grado il “capo” – Cinti, appunto – testimoniò di aver assistito all’arresto, addirittura indicando uno dei due ragazzi come “armato di spranga”. Testimonianza poi divenuta “dubitativa” dopo la presentazione in aula del filmato che scagionava i ragazzi.
Inutile dire che – almeno questa volta – i giudici non hanno creduto a questa “correzione di linea”. In primo grado Cinti era stato dunque condannato a due anni con la condizionale. Gli stessi che ora hanno confermato anche i giudici della Corte di appello.
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