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La Polizia di New York e Los Angeles: “boicottate i film di Quentin Tarantino”

Durante il fine settimana, lo scorso sabato, il regista statunitense Quentin Tarantino si era unito ai manifestanti che a centinaia, nelle strade di New York, protestavano contro la violenza della polizia ormai diventata una vera e propria piaga nel paese. “Sono un essere umano con una coscienza” aveva detto ai giornalisti il premio Oscar autore di Pulp Fiction, volato a New York dalla California proprio per partecipare alla protesta. “Se credete che si stiano commettendo degli omicidi ingiusti dovete alzarvi in piedi e denunciarlo. Sono qui per dire che sto dalla parte delle vittime” aveva poi spiegato in riferimento a coloro che sono caduti negli ultimi mesi sotto i colpi degli agenti di vari dipartimenti di polizia degli States, in gran parte afroamericani.
I manifestanti si erano concentrati nel parco Washington del Greenwich Village, a Manhattan, e poi avevano iniziato a marciare lunga la Sixth Avenue, oltrepassando i cordoni di polizia che sbarravano loro la strada. Man mano che il corteo sfilava senza incidenti, dal megafono gli organizzatori – appartenenti al gruppo RiseUpOctober – ricordavano le innumerevoli vittime della brutalità razzista della polizia, mentre i manifestanti esponevano le loro foto corredate dal luogo e dalla data dell’omicidio.
Ovviamente la partecipazione del noto regista al pacifico corteo che ha sfilato nella ‘Grande Mela’ – non molto numeroso ma assai seguito dai media locali e internazionali – ha suscitato non poche polemiche negli ambienti reazionari sempre inclini al sostegno incondizionato alle forze dell’ordine. E soprattutto non è stata digerita dagli uomini in divisa.
Il Sindacato di Polizia di New York ha addirittura chiesto, in un iroso comunicato diffuso ieri, il boicottaggio dei film di Tarantino accusato di essere animato da un sentimento di odio nei confronti delle forze dell’ordine. “Non ci sorprende che qualcuno che si guadagna da vivere glorificando il crimine e la violenza odi la polizia” spiega il comunicato. “I poliziotti ai quali Quentin Tarantino si è riferito come ‘assassini’ (…) stanno rischiando e sacrificando le loro vite per proteggere le comunità dal vero crimine” ha detto Patrick Lynch, direttore della Patrolmen’s Benevolent Association, una associazione di sostegno agli agenti formata per lo più da ex esponenti delle forze dell’ordine e dai familiari degli agenti in servizio. Un gruppo che di fatto svolge le funzioni di un sindacato. “E’ tempo di boicottare i suoi film”, in particolare il suo ultimo lavoro The Hateful Eight, ha detto Lynch, il cui appello è stato subito raccolto da un’altra associazione di poliziotti di Los Angeles, la Los Angeles Police Protective League. Il cui leader, Craig Lally, ha tuonato: “Noi sosteniamo pienamente il dialogo costruttivo su come la polizia interagisce con i cittadini. Ma non c’è posto per la retorica “infiammante” che rende gli ufficiali di polizia obiettivi ancora più facili di quanto già non lo siamo. Il regista Quentin Tarantino ha portato l’irresponsabilità ad un livello nuovo e completamente inaccettabile lo scorso weekend, rivolgendosi alla polizia come a degli assassini durante una marcia anti-polizia a New York”.
Da parte sua Tarantino non sembra aver fatto molto caso alle isteriche dichiarazioni di Lynch e della PBA.
Intanto sempre dagli Stati Uniti è arrivata nei giorni scorsi la notizia che i poliziotti si sentono aggrediti, offesi e sminuiti dalla quantità di video che girano in rete a proposito delle aggressioni, spesso omicide, condotte da uomini in divisa contro cittadini inermi o comunque disarmati. Un vero e proprio ‘effetto YouTube’ frutto dell’indignazione crescente in diversi strati della popolazione statunitense che oltre a scendere in piazza cerca anche metodi pratici per bloccare le aggressioni brutali dei poliziotti o quantomeno impedire che rimangano impunite.
Il problema è però, per le autorità, che l’esposizione mediatica e la presenza di tanti cittadini pronti a riprendere e a sparare in rete le malefatte degli agenti violenti “impediscono loro di fare il loro lavoro come prima, per paura di diventare protagonisti di un video che diventi virale”. Agli inizi di ottobre il Washington Post informava che nel corso di una riunione convocata ad hoc, i sindaci di Chicago, New York, San Luis e Baltimora si erano lamentati del fatto che a causa delle remissività dei rispettivi dipartimenti di polizia i crimini fossero aumentati di numero.
Ma, come scrivevamo ieri, da qualche tempo gli agenti non devono preoccuparsi solo delle telecamere incluse nei telefonini. La Aclu, una antica associazione per la difesa dei diritti civili, ha infatti prodotto una app per i cellulari che non solo permette di riprendere le azioni violente delle forze dell’ordine, ma anche di condividerle istantaneamente con una rete di contatti in tutto il paese. Alcuni di questi filmati potrebbero diventare delle prove in tribunale a carico dei rambo in divisa, e la cosa spaventa non poco i ‘servitori dell’ordine’ abituati all’impunità totale.

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