Questa volta sono ben sei gli agenti di Polizia finiti in manette nell’ambito di un’operazione dei carabinieri e della Squadra Mobile, coordinata dalla procura di Roma. L’operazione ha portato misure di custodia cautelare per nove persone tra cui una dipendente del tribunale, un pregiudicato e un altro poliziotto. Tra gli arrestati anche il poliziotto Angelo Nalci, addetto alle scorte e in passato assegnato anche all’attuale ministro dell’Interno Matteo Salvini. Insieme a lui è stata arrestata la sua compagna, la funzionaria del tribunale di Roma Simona Amadio che era stata candidata alle comunali del 2016 con la lista “Noi con Salvini”.
Agli indagati vengono contestati i reati di corruzione per atti contrari ai doveri di ufficio ed esercizio della funzione, accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico e rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio.
Le notizie acquisite illecitamente dai poliziotti erano in riferimento all’indagine della Dda di Roma sul traffico di droga e i legami con la Camorra.
Al centro dell’inchiesta emerge la figura di Carlo D’Aguano, un “imprenditore” ma anche noto pregiudicato romano, con relazioni particolarmente inquietanti con appartenenti alla polizia di stato. Il nome di D’Aguano era stato toccato marginalmente nell’operazione ‘Babylonia’ del giugno scorso che portò alla luce due organizzazioni criminali che gestivano il traffico di droga nella Capitale e nell’hinterland, compiendo anche usure ed estorsioni e riciclando i soldi sporchi in decine di locali, ristoranti, sale slot, tabaccherie sequestrati dai magistrati.
Indagando successivamente su D’Aguano, gli inquirenti hanno scoperto tutta la rete di corruzione, tra cui tre agenti del reparto Volanti e due agenti del commissariato Fidene che, in cambio delle informazioni ricevevano denaro, quote societarie del gruppo D’Aguano e l’intermediazione per ottenere auto a prezzi di favore.
Gli agenti hanno, infatti, messo a disposizione la loro funzione informando D’Aguano sull’indagine in corso su di lui, ma anche su altre inchieste.
Dei poliziotti coinvolti due fanno parte del commissariato di Fidene, altri due sono in servizio nel reparto volanti mentre il sesto opera nelle scorte. La funzionaria della procura coinvolta prestava invece servizio nell’ufficio di un procuratore aggiunto. Le tangenti erano in larga parte denaro, intestazioni di automobili, bar e sale da gioco.
Secondo i magistrati, a fare da collante tra i poliziotti corrotti e D’Aguano erano due persone: la cancelliera della procura di Roma, Simona Amadio, e il suo compagno un poliziotto impiegato nel servizio scorte.
L’operazione Babylonia nel giugno di un anno, portò al sequestro di 46 tra locali, tra bar, ristoranti, pizzerie e sale slot, a dimostrazione di quanto le due organizzazioni si fossero infiltrate nel tessuto economico della città, stravolgendolo. Il sequestro di beni ammonta a 280 milioni di euro: oltre ai locali sotto indagine risultano anche 262 immobili, 222 rapporti finanziari e bancari, 32 auto e moto, 54 società, 24 quote societarie in Roma, Milano, Salerno, Pescara, L’Aquila e Potenza.
Tra gli altri locali sequestrati ci sono 39 esercizi commerciali, di cui 17 bar, ristoranti, pizzerie, 9 tabacchi, 13 sale slot e videolottery, sale Bingo che si trovano tutte a Roma, tranne una che è ubicata a Milano.
Molti dei locali sequestrati per sospetta connessione con la Camorra, sono ubicati proprio in quella via Tiburtina diventata negli ultimi quindici anni il paradiso delle sale slot e di attività commerciali connesse. Risultano infatti bar pasticceria tavola calda di via Tiburtina 1071, con il relativo tabacchi. Altro tabacchi, questa volta in via dei Glicini 103 (Centocelle). E poi la sala Bingo Dubai Palace ubicata in via Tiburtina 1139, la sala Bingo Dubai Café di via Tiburtina 1137, e il Dubai Café di via Tiburtina 1431, gestiti da diverse proprietà. Il bar Montecarlo Café di via Nomentana 657-659. Il bar sala slot Manhattan Caffé di via Tiburtina 665/a e 667/ab. Ancora un bar sala slot, questa con annessa pizzeria, il Dallas, sempre in via Tiburtina 279/279b. Tra i locali più noti anche “Mizzica” un paradiso delle golosità siciliane nei pressi di Piazza Bologna.
Nell’inchiesta denominata Operazione Babylonia. Il primo gruppo criminale è riconducibile a Gaetano Vitagliano , personaggio di spicco nel settore del narcotraffico internazionale con “fatturati” da capogiro, contiguo al clan camorrista degli Amato-Pagano, denominato degli “Scissionisti”, operante a Nord di Napoli.
Il secondo gruppo criminale è invece capeggiato da Giuseppe Cellamare , legato al gruppo Vitagliano attraverso “l’imprenditore romano” finito in manette lunedi e che faceva appunto da cerniera. Questo gruppo risultava particolarmente attiva nella zona di Monterotondo, con estorsioni ed usura realizzate con il metodo mafioso, e nel successivo impiego dei proventi illeciti in bar e sale giochi, fraudolentemente intestati a prestanome.
Ma Giuseppe Cellamare, che negli anni ’90 era elemento di spicco della Sacra Corona Unita (la malavita pugliese), è poi divenuto collaboratore di giustizia (un pentito tramite la vantaggiosa legge sui pentiti) ed era stato trasferito sotto protezione dello Stato nel Comune di Monterotondo, dove però negli ultimi anni ha ricostituito una sua rete criminale, mutuando le modalità tipicamente mafiose utilizzate in Puglia ed adattandole al contesto territoriale dell’hinterland romano.
Agenti di polizia, candidati con Noi con Salvini, criminali pentiti ma riattivattisi come boss criminali protetti. Ancora un caso liquidabile come “poche mele marce” oppure occorre cominciare a guardare all’albero, anzi alla foresta?
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