Il 17 giugno scorso ll gip Andrea Romito aveva respinto le opposizioni all’archiviazione del fascicolo che ipotizzava “l’omicidio colposo e morte o lesioni come conseguenza di altro delitto relativo al decesso di otto detenuti morti a seguito della rivolta avvenuta nel carcere di Sant’Anna l’8 marzo del 2020” presentate dall’associazione Antigone, dal Garante nazionale dei diritti delle persone detenute e private della libertà personale e dai parenti di una delle vittime.
Il gip aveva dichiarato inammissibili le loro istanze, senza esaminarle nel merito (!) ed aveva respinto anche quella della famiglia di una delle vittime, Hafedh Chouchane, anche lui tunisino.
«È chiaro che con un’archiviazione nella fase delle indagini noi non abbiamo avuto la possibilità di controesaminare tutte le persone che sono state invece interrogate dalla procura», aveva dichiarato, subito sopo l’archiviazione, l’avvocato della famiglia di Hafedh Chouchane, Luca Sebastiani.
Insieme al presidente emerito della Corte costituzionale Valerio Onida, l’avvocato Sebastiani sta preparando un ricorso da presentare a Strasburgo, alla Corte europea dei diritti dell’uomo.
Tra le motivazioni il gip aveva sottolineato come la «causa unica ed esclusiva» del decesso dei nove carcerati (la nona vittima è Salvatore Piscitelli morto dopo il trasferimento ad Ascoli, dove sono ancora in corso indagini) sia stata l’asportazione violenta e l’assunzione di «estesi quantitativi di medicinali correttamente custoditi all’interno del locale a ciò preposto» (!).
L’inchiesta di “Spotlight” trasmessa, due giorni fa, da Rainews24, sulle vittime della sommossa del carcere di Modena del marzo 2020, realizzata dalle giornaliste Rai Giulia Bondi e Maria Elena Scandaliato, contiene nuove importanti rivelazioni sulla rivolta tra le quali la notizia che il procuratore del Tribunale di Tunisi, il 1° dicembre scorso, ha aperto una nuova indagine. Ad affermarlo è Najet, la moglie di Lotfi ben Mesmia, uno dei 9 detenuti morti nella rivolta.
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